La Cassazione ha affrontato (sentenza n. 18038/’20, inedita) un ricorrente problema condominiale. “La nozione di pari uso della cosa comune, cui fa riferimento l’art. 1102 cod. civ., non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri. Ne consegue che qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non faranno un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa dal condòmino deve ritenersi legittima, atteso che, in una materia in cui è prevista la massima espansione dell’uso, il limite al godimento di ciascuno dei condòmini è dato dagli interessi altrui, i quali, pertanto, costituiscono impedimento alla modifica, solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto”.
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