SOMMARIO: a) Allagamento di locali; b) Assicurazione del fabbricato; c) Azione risarcitoria; d) Caduta di neve dal tetto; e) Caduta di oggetti; f) Cattivo funzionamento di impianto comune; g) Cose in custodia; h) Denuncia di nuova opera; i) Furto; l) Getto di acqua piovana da terrazza; m) Getto pericoloso di cose; n) Indennità; o) Infiltrazioni d’acqua; p) Libretto casa; q) Precarietà fondale dell’edificio; r) Responsabilità concorrente del condominio; s) Responsabilità dell’amministratore; t) Responsabilità del locatore; u) Responsabilità solidale; v) Scarsa illuminazione; z) Violenza privata.
a) Allagamento di locali
Nel caso in cui l’attore richieda il risarcimento del danno per l’allagamento dell’abitazione da parte di acque piovane, a seguito del loro mancato deflusso nei canali e nell’impianto fognario, imputandolo non ad una inosservanza delle comuni norme di diligenza, bensì a scelte e operazioni di manutenzioni riguardanti i canali collettori di acque piovane ed alluvionali, la controversia, a norma dell’art. 150, lettera e), R.D.L. 11 dicembre 1933, n. 1775, è devoluta alla competenza del Tribunale regionale delle acque, comportando l’esame e la definizione di questioni attinenti ad atti materiali od a provvedimenti dell’amministrazione nell’esercizio dei poteri di governo delle acque pubbliche.
* Cass. civ., sez. I, 23 marzo 1994, n. 2784, Consorzio di bonifica di P. c. B.L.F.
b) Assicurazione del fabbricato
Con riguardo a contratto di assicurazione della responsabilità civile del proprietario di un fabbricato, la clausola di polizza, la quale delimiti l’obbligazione dell’assicuratore in relazione al valore dell’immobile, implicando una riduzione proporzionale dell’obbligazione medesima in caso di inferiorità di tale valore rispetto a quello effettivo alla data dell’evento, configura legittima espressione dell’autonomia negoziale e non abbisogna di specifica approvazione scritta, vertendosi in tema di patto inerente all’individuazione e quantificazione del rischio assicurato.
* Cass. civ., sez. I, 8 giugno 1994, n. 5535, Condominio «P.» di Parma – Viale (omissis) c. L. Compagnia di Assicurazioni e Riassicurazioni Spa.
La stipulazione di contratti di assicurazione del fabbricato, in quanto atto volto a conservare la cosa comune, rientra fra i compiti propri dell’amministratore e non necessita di preventiva autorizzazione dell’assemblea.
* Trib. civ. Roma,11 agosto 1988, M. c. Condominio via N., Roma, in Arch. loc. cond. e imm. 1989, 532.
In tema di delibere assembleari di un condominio, non sono da considerarsi atti eccedenti l’ordinaria amministrazione quelli relativi alla riparazione dell’impianto idrico dell’edificio, all’autorizzazione a resistere ad un atto di citazione proposto contro il condominio ed all’aggiornamento dell’assicurazione dell’immobile, con la conseguenza che per la validità della delibera in ordine agli atti suddetti è sufficiente che, in seconda convocazione, sia rappresentato un terzo del valore dell’immobile.
* Cass. civ., sez. II, 8 novembre 1989, n. 4691, R. c. Cond. Via D.
La spesa per l’assicurazione del fabbricato va posta a carico del locatore e del conduttore in parti uguali, così come quelle postali e di cancelleria.
* Trib. civ. Napoli, sez. V, 13 gennaio 1984, n. 160, C. Spa c. M. e altro, in Arch. loc. cond. e imm. 1984, 474.
Nel caso in cui un condominio stipuli un contratto di assicurazione per la responsabilità civile verso terzi, il condomino che abbia sofferto danni per infiltrazioni da tubature condominiali non è legittimato ad agire in proprio nei confronti della compagnia assicuratrice.
* Cass. civ., sez. I, 26 marzo 1996, n. 2678, F. c. Coop. C. Ass. Srl.
c) Azione risarcitoria
La giurisdizione sulla domanda promossa da un condominio per i danni strutturali subìti dall’esecuzione di un’opera pubblica (nella specie la realizzazione di un parcheggio) spetta al giudice ordinario non solo nei confronti dei soggetti privati cui sia stata affidata l’esecuzione dell’opera, ma anche della stessa Pubblica Amministrazione che se ne faccia esecutrice.
* Cass. civ., sez. un., 25 maggio 2010, n. 12792, in Arch. loc. cond. e imm. 2010, 485.
Con riguardo al danno subito da cosa oggetto di comproprietà, l’azione risarcitoria è esperibile da ciascun partecipante nei limiti della propria quota verso il responsabile, senza che insorga necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini.
* Cass. civ., sez. un.,14 gennaio 1987, n. 186, Com. D. c. I.
Con riguardo ai danni che siano derivati ad un condominio di edificio dall’imperfetta esecuzione di un appalto, conferito con deliberazione maggioritaria dell’assemblea, il singolo condominio assente o dissenziente, oltre che agire direttamente contro l’appaltatore, può impugnare detta deliberazione, ai sensi e nei casi di cui all’art. 1137 cod. civ., ma non anche esperire azione risarcitoria nei confronti del condominio o degli altri condomini, non essendo configurabile una loro responsabilità aquiliana per il solo fatto della partecipazione alla maggioranza attraverso la quale si esprime la volontà dell’ente condominiale.
* Cass. civ., sez. II, 7 maggio 1988, n. 3395, B. c. Con. R.
Ciascun condomino può agire a tutela del suo diritto sulla cosa comune contro il condomino che, con l’uso pregiudizievole delle cose di sua esclusiva pertinenza, abbia determinato il deterioramento o la distruzione della cosa stessa, senza essere tenuto a ricercare se il danno sia stato prodotto dal condomino personalmente o da persona a lui legata da un qualsiasi rapporto, cui il condomino che agisce sia estraneo, e ferma restando la possibilità per quest’ultimo di agire contro il terzo responsabile con l’azione ordinaria di risarcimento per fatto illecito di cui all’art. 2043 c.c. e per il condomino giudizialmente chiamato a ripristinare la cosa danneggiata o distrutta a seguito di lavori eseguiti nella parte dell’immobile di sua esclusiva proprietà, di rivalersi nei confronti dell’autore o degli autori materiali del danneggiamento.
* Cass. civ., 13 aprile 1991, n. 3942.
Il singolo condomino risponde verso gli altri condomini dei danni causati da guasti verificatisi nella sua proprietà esclusiva, e deve, perciò, sostenere la relativa spesa, ove abbia riconosciuto la propria responsabilità o essa sia stata accertata in sede giudiziale. Tuttavia, fino a quando l’obbligo risarcitorio del condomino non risulti in uno di tali modi accertato, l’assemblea non può porre a suo carico detto obbligo, nè imputargli a tale titolo alcuna spesa, non potendo l’assemblea disattendere l’ordinario criterio di ripartizione, né la tabella millesimale e dovendo, invece, applicare la regola generale stabilita dall’art. 1123 c.c., secondo cui ogni addebito di spesa deve essere effettuato in base alla quota di partecipazione di ciascun condomino alla proprietà comune, cioè in base ai millesimi. Pertanto, in difetto di accertamento dell’obbligo risarcitorio in uno dei due modi indicati, la suddetta spesa dev’essere dall’assemblea provvisoriamente ripartita, secondo gli ordinari criteri di ripartizione, tra tutti i condomini, fermo restando il diritto di costoro di agire, singolarmente o per mezzo dell’amministratore, contro il condomino ritenuto responsabile, per ottenere il rimborso di quanto anticipato. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Suprema Corte ha cassato senza rinvio la sentenza di merito e, decidendo nel merito, ha dichiarato nulla la deliberazione condominiale impugnata, la quale, senza che vi fosse stato riconoscimento di responsabilità ed essendo riservato, quindi, al giudice il relativo accertamento, aveva attribuito all’assemblea condominiale il potere di deliberare sulla responsabilità di un singolo condomino ed aveva addebitato al medesimo la spesa occorsa in conseguenza del fatto dannoso imputatogli).
* Cass. civ., sez. II, 22 luglio 1999, n. 7890, F. c. Cond. Via S.
Il principio della compensatio lucri cum damno, che ha fondamento nella norma contenuta nell’art. 1223 c.c., trova applicazione quando sia il danno che il vantaggio siano conseguenza immediata e diretta dello stesso fatto, il quale abbia in sé l’idoneità a produrre ambedue gli effetti. (In un’azione di responsabilità proposta dai condomini di un edificio, nei confronti del costruttore, per «gravi difetti» riscontrati nello stabile stesso, la Suprema Corte, in applicazione del principio di cui alla massima, ha escluso che potessero compensarsi i danni subiti dai condomini stessi – infiltrazioni di acqua, muffe e condense – con il vantaggio, indiretto e riflesso, costituito dall’isolamento esterno del fabbricato, quale unico rimedio necessario per eliminare, a spese del costruttore, i menzionati danni).
* Cass. civ., sez. II, 29 novembre 1994, n. 10218, Soc. In. Im. c. G.A.
d) Caduta di neve dal tetto
È da escludersi la responsabilità del custode di un immobile per i danni causati dalla caduta di un blocco di neve dal tetto del medesimo, quando il fatto sia da attribuirsi unicamente a forza maggiore. (Nella specie: precipitazioni nevose di inusitata ed eccezionale intensità verificatesi nel giorno del fatto dannoso o nei giorni immediatamente precedenti, tanto da provocare la paralisi della città e dei mezzi pubblici di trasporto).
* Cass. civ., sez. III, 11 novembre 1987, n. 8308, Z. c. C.
e) Caduta di oggetti
In un edificio condominiale, a differenza del solaio divisorio di due piani, che funziona da sostegno del piano soprastante e da copertura di quello sottostante, l’aggetto costituito da un balcone (o terrazzo) appartiene esclusivamente al proprietario dell’unità immobiliare corrispondente, il quale, pertanto, è esclusivo responsabile del danno cagionato a terzi da un pezzo di muratura staccatosi dal balcone.
* Cass. civ., sez. III, 10 settembre 1986, n. 5541, A. c. D.
La terrazza ancorché prospiciente il cortile comune dell’edificio condominiale appartiene in via esclusiva al proprietario dell’appartamento al quale accede in qualità di pertinenza. Ne consegue che il predetto proprietario e non il condominio è obbligato al risarcimento dei danni cagionati a terzi dalla caduta di materiali distaccatisi dalla terrazza anzidetta.
* Cass. civ., sez. II, 18 novembre 1992, n. 12317, G. c. C.
I balconi sono elementi accidentali e non portanti della struttura del fabbricato, non costituiscono parti comuni dell’edificio e appartengono ai proprietari delle unità immobiliari corrispondenti, che sono gli unici responsabili dei danni cagionati dalla caduta di frammenti di intonaco o muratura, che si siano da essi staccati, mentre i fregi ornamentali e gli elementi decorativi, che ad essi ineriscano (quali i rivestimenti della fronte o della parte sottostante della soletta, i frontalini e i pilastrini), sono condominiali, se adempiono prevalentemente alla funzione ornamentale dell’intero edificio e non solamente al decoro delle porzioni immobiliari ad essi corrispondenti, con la conseguenza che è onere di chi vi ha interesse (il proprietario del balcone, da cui si sono distaccati i frammenti, citato per il risarcimento), al fine di esimersi da responsabilità, provare che il danno fu causato dal distacco di elementi decorativi, che per la loro funzione ornamentale dell’intero edificio appartenevano alle parti comuni di esso.
* Cass. civ., sez. II, 7 settembre 1996, n. 8159, C. c. M., in Arch. loc. cond. e imm. 1996, 884.
In caso di danni prodotti dalla caduta nel cortile sottostante di un ombrellone con il proprio basamento posto sul terrazzo di un condominio, deve dichiararsi l’esistenza del caso fortuito qualora i convenuti abbiano provato di aver adottato tutte le misure indispensabili per evitare l’evento, verificatosi a causa di un eccezionale ed imprevedibile fortunale abbattutosi sulla zona.
* Trib. civ. Milano, 12 dicembre 1991, inedita.
f) Cattivo funzionamento di impianto comune
La domanda del condomino di risarcimento dei danni per il cattivo funzionamento di un impianto comune (nella specie: condotta delle acque luride), derivando dal pregiudizio effettivamente subito per il fatto del terzo (il condominio rispetto ad esso condomino) e tendendo alla ricostituzione dell’integrità patrimoniale del detto soggetto leso dal difetto del bene comune, non postula, per la sua procedibilità, la previa richiesta all’amministratore, né la necessità di istanza o convocazione dell’assemblea condominiale.
* Cass. civ., sez. II, 19 giugno 1984, n. 3629, C. c. M.
g) Cose in custodia
Il condominio risponde, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei danni subiti da terzi estranei ed originati da parti comuni dell’edificio, mentre l’amministratore, in quanto tenuto a provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia delle stesse, è soggetto, ai sensi dell’art. 1218 c.c., solo all’azione di rivalsa eventualmente esercitata dal condominio per il recupero delle somme che esso abbia versato ai terzi danneggiati.
* Cass. civ., sez. III, 14 agosto 2014, n. 17983, P. c. M. Assicurazioni Spa ed altri, in Arch. loc. cond. e imm. 2015, 178.
La responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c. sussiste qualora ricorrano due presupposti: un’alterazione della cosa che, per le sue intrinseche caratteristiche, determina la configurazione nel caso concreto della c.d. insidia o trabocchetto e l’imprevedibilità e l’invisibilità di tale “alterazione” per il soggetto che, in conseguenza di questa situazione di pericolo, subisce un danno. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni riportati da un’inquilina di un edificio a seguito di una caduta causata da acqua piovana infiltratasi dalla finestra, ritenendo prevedibile l’evento, in quanto lo stesso si era verificato in un condominio e aveva coinvolto un’inquilina ivi abitante da anni e, quindi, a conoscenza di tutte le caratteristiche dell’immobile).
* Cass. civ., sez. III, 13 maggio 2010, n. 11592, F. c. G. Assicurazioni Spa ed altri.
Qualora, durante l’esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria della facciata di stabile condominiale, ignoti perpetrino un furto di oggetti di valore in appartamento ubicato a piano intermedio, agevolmente raggiungibile dalle finestre non bloccate dei vani scale, e proseguendo sui ponteggi montati in aderenza dell’edificio, si ha la prevalente responsabilità dell’appaltatore dei lavori, non esentato dal porre in sicurezza le impalcature con l’adozione di cautele idonee ad evitare furti, intrusioni ed usi anomali dei ponteggi ed, altresì, una più limitata responsabilità del condominio, che abbia omesso di vigilare sulla predisposizione delle misure di sicurezza da parte dell’appaltatore, accertandosi che dai vani scala non fosse possibile accedere alle impalcature.
* Trib. civ. Milano, sez. X, 20 aprile 2006, n. 4746, P. ed altra c. Condominio S. A. ed altra, con nota di Vittorio Santarsiere, in Arch. loc. cond. e imm. 2007, 64.
Ai sensi dell’art. 2051 c.c. la responsabilità per danni ha natura oggettiva, in quanto si fonda sul mero rapporto di custodia, cioè sulla relazione intercorrente fra la cosa dannosa e colui il quale ha l’effettivo potere su di essa (come il proprietario, il possessore o anche il detentore) e non sulla presunzione di colpa, restando estraneo alla fattispecie il comportamento tenuto dal custode; a tal fine, occorre, da un lato, che il danno sia prodotto nell’ambito del dinamismo connaturale del bene, o per l’insorgenza in esso di un processo dannoso, ancorché, provocato da elementi esterni, e, dall’altro, che la cosa, pur combinandosi con l’elemento esterno (come, nella specie, la strada resa scivolosa dall’elemento esterno costituito dalla neve divenuta ghiacciata), costituisca la causa o la concausa del danno; pertanto, l’attore deve offrire la prova del nesso causale fra la cosa in custodia e l’evento lesivo nonché, dell’esistenza di un rapporto di custodia relativamente alla cosa, mentre il convenuto deve dimostrare l’esistenza di un fattore estraneo che, per il carattere dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso di causalità, cioè il caso fortuito, in presenza del quale è esclusa la responsabilità del custode. (Nella specie, la sentenza impugnata, nel rigettare la domanda proposta per i danni subìti dall’attrice per effetto della caduta sulla rampa di accesso all’edificio condominiale resa scivolosa dalla neve, aveva escluso l’obbligo del condominio di sgomberare la strada dalla neve in considerazione dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità delle ripetute nevicate; sulla base dei principi surrichiamati, la S.C. ha cassato la decisione sul rilievo che i giudici di appello non avevano accertato, ai sensi dell’art. 2051 c.c., se il condominio fosse o meno custode dalla strada).
* Cass. civ., sez. II, 29 novembre 2006, n. 25243, Z. c. Condominio via C. in Genova ed altra, in Arch. loc. cond. e imm. 2007, 286.
Nell’azione tesa ad ottenere il risarcimento per una caduta provocata dalla presenza di alcuni buchi sul marciapiedi antistante un edificio condominiale, in mancanza dell’accertamento della titolarità del marciapiedi in capo al condominio, quest’ultimo non può essere chiamato a rispondere dei danni in nome dell’inadempimento ad un obbligo di gestione manutentiva, sussistente – piuttosto – in capo all’ente pubblico.
* Cass. civ., sez. III, 3 agosto 2005, n. 16226, Cond. C. in M.C. c. P. ed altra, in Arch. loc. cond. e imm. 2006, 36.
Il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, essendo obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, risponde in base all’art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché i danni siano imputabili ai vizi edificatori o dello stabile comportanti la concorrente responsabilità del costruttore-venditore (ex art. 1669 c.c.), non potendosi equiparare i difetti originari dell’immobile al caso fortuito, che costituisce l’unica causa di esonero del custode dalla responsabilità dell’art. 2051. Qualora poi la situazione dannosa sia potenzialmente produttiva di ulteriori danni, il condominio è anche obbligato a rimuovere ex art. 1172 c.c. le cause del danno stesso. (Fattispecie nella quale carenze progettuali e costruttive in ordine alla impermeabilizzazione delle pareti hanno creato un grave fenomeno di condensa, con formazione di acqua in un appartamento dello stabile condominiale).
* Cass. civ., sez. III, 20 agosto 2003, n. 12211, Cond. via P. in Bari c. V. ed altra.
Riguardo ai danni che una porzione di proprietà esclusiva in edificio condominiale subisca per vizi delle parti comuni, imputabili all’originario costruttore-venditore, deve riconoscersi al titolare di detta porzione la possibilità di esperire azione risarcitoria contro il condominio, non in forza dell’art. 1669 c.c., dato che il condominio quale successore a titolo particolare di detto costruttore non subentra nella responsabilità posta a suo carico da detta norma, ma in base all’art. 2051 in relazione alla ricollegabilità di quei danni all’inosservanza da parte del condominio medesimo dell’obbligo di provvedere quale custode ad eliminare le caratteristiche dannose della cosa.
* Cass. civ., sez. II, 21 giugno 1993, n. 6856, G. c. P. e altri. Nello stesso senso, confronta: Cass. civ. 9 maggio 1988, n. 3405; Cass. civ. 6 novembre 1986, n. 6507.
Nell’espletamento delle attribuzioni di cui all’art. 1131 cod. civ. l’amministratore è un rappresentante dei partecipanti al condominio, alla tutela dei cui interessi di gruppo egli deve indirizzare la propria attività. La violazione di tale dovere, se lo rende responsabile dei danni subiti dal gruppo dei condomini, si esaurisce nei rapporti interni con il condominio, e, pertanto, non esclude o diminuisce l’eventuale responsabilità del condominio medesimo nei confronti di altri soggetti, compreso tra questi il singolo condomino, distinto dal gruppo e come tale rimasto danneggiato per la difettosità di parti comuni dell’edificio, da considerarsi nella custodia del condominio agli effetti dell’art. 2051 cod. civ.
* Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 1981, n. 859, L. c. M.
In caso di danni provocati a terzi a causa di difetti strutturali dell’edificio o di carenze di elementi accessori in esso stabilmente incorporati dal proprietario, la responsabilità di questi non viene meno per effetto della locazione ad altri dell’edificio con i suoi accessori, poiché il contratto di locazione non esclude la responsabilità ex art. 2053 cod. civ. ed il dovere di vigilanza sull’efficienza dell’edificio e dei suoi impianti ex art. 2051 cod. civ.
* Cass. civ., sez. III, 17 ottobre 1989, n. 4155, A. c. B.
La responsabilità del custode, ai sensi dell’art. 2051 c.c., è esclusa dall’accertamento positivo che il danno è stato causato dal fatto del terzo, il quale ha avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, la quale aveva escluso la responsabilità del condominio per i danni causati da un rigurgito della conduttura condominiale di abduzione delle acque, occlusa da oggetti ivi scaricati da un condomino).
* Cass. civ., sez. III, 23 ottobre 1998, n. 10556, M. ed altro c. Cond. via C.
La norma di cui all’art. 2051 c.c. (danno cagionato da cose in custodia) si applica anche in materia di condominio, in quanto il singolo partecipante si pone come terzo nei confronti del gruppo della collettività condominiale, che è tenuto alla custodia e alla manutenzione delle parti e degli impianti comuni dell’edificio; di conseguenza il singolo può agire contro il gruppo per il cattivo funzionamento di un impianto comune o per i difetti di parti comuni dell’edificio (fattispecie in tema di danni causati da periodici allagamenti).
* Trib. civ. Milano, 4 luglio 1991, in Arch. loc. cond. e imm. 1991, 586. Nello stesso senso, v. Trib. civ. Milano, 27 maggio 1993, ivi 1994, 613.
La responsabilità per danno cagionato da cose in custodia (nella specie, da un cancello azionato elettricamente mediante l’uso di un apposito pulsante) postula che l’evento lesivo derivi da mancata o inadeguata custodia della cosa – da intendersi nel senso ampio, comprensivo di inidoneo governo o impiego di essa da parte di chi ne ha l’obbligo e senza che rilevi che la cosa stessa sia o non munita di autonoma capacità di nuocere – e si distingue, pertanto, da quella connessa all’esercizio di attività pericolose, la quale postula una successione continua e ripetuta di atti che si svolge nel tempo e che rivela una notevole potenzialità di danno, superiore al normale ed apprezzabile in un momento anteriore all’evento dannoso, così da consentire all’operatore la predisposizione di adeguate misure di prevenzione e da costituire il parametro di commisurazione della diligenza dovuta, la cui mancanza integra la colpa presunta dall’art. 2050, anche qualora tali atti si coordinino non già, come di norma, all’esercizio di una impresa, bensì semplicemente ad un fine tipico oggettivamente pericoloso.
* Cass. civ., sez. III, 24 febbraio 1983, n. 1425, Soc. P. c. V.
L’umidità conseguente ad inadeguata coibentazione delle strutture perimetrali di un edificio, può integrare, ove sia compromessa l’abitabilità e il godimento del bene, grave difetto dell’edificio ai fini della responsabilità del costruttore ex art. 1669 c.c. Tuttavia, qualora il fenomeno sia causa di danni a singoli condomini, nei confronti di costoro è responsabile in via autonoma ex art. 2051 c.c. il condominio, che è tenuto, quale custode, ad eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria.
* Cass. civ., sez. II, 15 aprile 1999, n. 3753, T. c. Cond. via R.
Con riguardo ai danni derivanti dal crollo di un solaio divisorio fra due appartamenti, l’applicabilità degli artt. 2051 e 2053 cod. civ., con conseguente presunzione di corresponsabilità sia del proprietario dell’immobile sovrastante sia di quello dell’immobile sottostante, non introduce deroghe ai principi generali in tema di nesso di causalità e di concorso di cause, sicché la responsabilità dell’uno deve essere esclusa quando egli fornisca la prova che il danno sia stato determinato, con autonoma efficienza causale, dal fatto imputabile all’altro (nella specie, il proprietario dell’appartamento sovrastante, essendo il solaio caduto per infiltrazioni di acqua provenienti dagli scarichi del suo immobile).
* Cass. civ., sez. II, 30 marzo 1985, n. 2234, C. c. A.
L’obbligo di custodia e la relativa responsabilità verso i terzi danneggiati, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., non vengono meno per il proprietario dell’immobile concesso in locazione, essendo la temporanea sottrazione della cosa alla sua disponibilità compatibile con l’obbligo, su di lui gravante, di effettuarvi visite periodiche e di eseguire gli opportuni interventi; conseguentemente egli non resta dispensato dall’obbligo di vigilanza e di custodia, connesso con quello di manutenzione e riparazione dell’immobile locato, in relazione agli analoghi poteri che spettano al conduttore, sicché le loro responsabilità verso i terzi – per un evento riconducibile al mancato esercizio di quei poteri nell’ambito delle rispettive sfere di azione – sono concorrenti, salva la facoltà di rivalsa del locatore nei confronti del conduttore.
* Cass. civ., sez. III, 22 febbraio 1985, n. 1589, S. c. A.
Malgrado il contratto di locazione comporti il trasferimento al conduttore dell’uso e del godimento sia della singola unità immobiliare sia dei servizi accessori e delle parti comuni dell’edificio, una siffatta detenzione non esclude i poteri di controllo, di vigilanza e, in genere, di custodia spettanti al proprietario-locatore, il quale conserva un effettivo potere fisico sull’entità immobiliare locata – ancorché in un ambito in parte diverso da quello in cui si esplica il potere di custodia del conduttore – con conseguente obbligo di vigilanza sullo stato di conservazione delle strutture edilizie e sull’efficienza degli impianti. Gravano, pertanto, sui condomini le responsabilità per danni subiti da terzi (nel novero dei quali vanno ricompresi anche i conduttori di appartamenti siti nell’edificio) in conseguenza di omissioni addebitabili all’amministratore del condominio ovvero di inerzia da parte dell’assemblea condominiale nell’adottare gli opportuni provvedimenti atti ad eliminare una situazione di pericolo (nella specie, anomalo funzionamento del congegno meccanico di chiusura del cancello).
* Cass. civ., sez. III, 5 dicembre 1981, n. 6467, Cond. V. S. c. P.
Accertato che la fatiscenza del soffitto di un balcone è dovuta a difetto di manutenzione dello sgocciolatoio destinato allo smaltimento delle acque provenienti dal piano di calpestio del balcone sovrastante, il proprietario di questo è tenuto, ex art. 2051 c.c. al risarcimento, anche in forma specifica, dei danni causati alla contigua proprietà dal proprio fatto doloso o colposo, e non vengono in rilievo norme riguardanti la disciplina del condominio.
* Cass. civ., sez. II, 23 maggio 1981, n. 3399, O. c. B.
h) Denuncia di nuova opera
Nel giudizio promosso da alcuni condomini contro altro condomino per ottenere, a seguito di denuncia di nuova opera, la sospensione dei lavori ed il ripristino della precedente situazione, l’intervento di altro condomino proprietario di appartamento direttamente interessato dall’opera, il quale, deducendo l’illegittimità della costruzione ed aderendo alle ragioni degli altri condomini contro lo stesso convenuto, introduce nel processo domande dipendenti dal proprio specifico titolo, integra un intervento adesivo autonomo. Detto interventore può proporre domande nuove, non essendo la sua attività processuale legata a quella della parte che ha iniziato il giudizio, stante l’autonomia del diritto fatto valere nei confronti dell’altra parte convenuta.
* Cass. civ., sez. II, 15 maggio 1996, n. 4505, P. c. G.
i) Furto
La sottrazione illecita di energia elettrica in ambito condominiale, realizzata mediante un abusivo allaccio con cavi elettrici all’utenza di un coinquilino, integra il reato di furto ancorché, detto allaccio non sia stato posto in essere dall’agente il quale si sia limitato unicamente a farne uso.
* Cass. pen., sez. V, 19 dicembre 2006, n. 41554, ud. 29 novembre 2006, B. (Mass. redaz.), in Riv. pen. 2007, 377.
Poiché è notorio che le impalcature ed i ponteggi usati dagli imprenditori edili per eseguire riparazioni e ristrutturazioni degli stabili costituiscono – di per se stesse – una facile agevolazione per i ladri, del furto subito da un condomino in occasione dei lavori di rifacimento della facciata devono essere dichiarati responsabili ex art. 2043 c.c. in via solidale tanto la ditta appaltatrice dei lavori che non abbia messo in atto alcuna forma di tutela atta ad evitare l’accesso agli appartamenti condominiali, quanto il condominio che, nella persona del proprio amministratore (sul quale incombe l’onere di vigilanza e custodia ai sensi dell’art. 2051 c.c.), non abbia adottato (in forza dei poteri riconosciutigli dall’art. 1137 c.c. e, quindi, anche in mancanza di delibera assembleare) un valido sistema antifurto da collocare nell’impalcatura.
* Trib. civ. Milano,28 ottobre 2002, X c. Ditta Y ed altro, in Arch. loc. cond. e imm. 2003, 363.
Con riguardo al danno derivante dal furto consumato da persona introdottasi in un appartamento servendosi delle impalcature installate per lavori di riattazione dello stabile condominiale è configurabile ai sensi dell’art. 2043 c.c. la responsabilità dell’imprenditore che si sia avvalso di tali impalcature per l’espletamento dei lavori, ove siano state trascurate le ordinarie norme di diligenza e non siano state adottate le cautele idonee ad impedire un uso anomalo delle suddette impalcature; è altresì configurabile la responsabilità del condominio ex art. 2051 c.c., atteso l’obbligo di vigilanza e custodia gravante sul soggetto che ha disposto il mantenimento della struttura.
* Cass. civ., sez. III, 6 ottobre 1997, n. 9707, M. c. Cond. Via V. Roma.
Il furto aggravato dall’introduzione in edificio abitativo condominiale, attraverso parti comuni o pertinenze di esso, è reato complesso, unificandosi in esso, quale circostanza aggravante, la violazione di domicilio consumata anche nei confronti dei condomini, poiché questa costituisce reato-mezzo, legato da nesso di strumentalità a quello di furto, preminente, del quale integra la circostanza. In tal caso l’amministrazione condominiale, come il singolo condomino, riceve indiretta tutela penale e, in quanto soggetto danneggiato dal reato, complessivamente considerato, può costituirsi parte civile per il risarcimento del danno patito.
* Cass. pen., sez. II, 28 luglio 1987, n. 8790, ud. 15 maggio 1987, N.
In caso di reati in danno del condominio (nella fattispecie, sottrazione di cose comuni in relazione all’appropriazione di energia elettrica condominiale da parte di un condomino), in assenza di una unanime manifestazione di volontà dei condomini a che si proceda penalmente in ordine al fatto contestato all’imputato e di un corrispondente unanime specifico incarico conferito all’amministratore, deve escludersi la legittimazione del rappresentante del condominio alla presentazione della querela.
* Cass. pen., sez. II, 5 gennaio 2001, n. 3031, ud. 29 novembre 2000, P.
l) Getto di acqua piovana da terrazza
Lo spazzare acqua piovana da una terrazza sporcando i panni ed i vetri della sottostante abitazione non integra l’ipotesi prefigurata dall’art. 674 cod. pen. che punisce solamente chiunque getta o versa in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato, ma di comune o di altrui uso, cose atte ad imbrattare persone.
* Pret. pen. Foligno, 16 novembre 1984, C. ed altro, in Riv. pen. 1985, 712.
m) Getto pericoloso di cose
Le norme sulle distanze legali sono applicabili anche nei rapporti tra i condòmini di un edificio quando siano compatibili con l’applicazione delle norme particolari relative alle cose comuni, ma in caso di contrasto prevale, quale diritto speciale, la disciplina che regola la comunione, nel consentire la più intensa utilizzazione dei beni comuni in funzione del godimento della proprietà esclusiva, purché il condomino non alteri la destinazione del bene e non ne impedisca l’altrui pari uso. (Fattispecie in tema di realizzazione di pensiline sottostanti al primo piano).
* Cass. pen., sez. I, 11 luglio 2012, n. 27625, M.R. ed altro, in Arch. loc. cond. e imm., 2013, 198.
Nell’ipotesi di emissione di gas, di vapori o fumi, punita ai sensi dell’art. 674 c.p. si configura un reato di mero pericolo, per cui non è necessario che l’emissione stessa provochi un effettivo nocumento, essendo invece sufficiente l’attitudine del gas, del vapore o del fumo, emesso ad offendere, imbrattare, molestare le persone.
* Cass. pen., sez. VI, 11 aprile 1990, n. 5312, ud. 4 luglio 1989, T.
La contravvenzione di cui all’art. 674 cod. pen., nelle ipotesi di emissione moleste di gas, di vapori o di fumo, è un reato non necessariamente ma solo eventualmente permanente, in dipendenza cioè della durata, istantanea o continuativa, della condotta che provoca le emissioni stesse.
* Cass. pen., sez. I, 25 febbraio 1989, n. 3162 (ud. 10 novembre 1988), M.
In tema di getto pericoloso di cose con il termine «molestia alla persona» deve intendersi ogni fatto idoneo a recare disagio, fastidio o disturbo ovvero a turbare il modo di vivere quotidiano.
* Cass. pen., sez. I, 4 novembre 1986, n. 12261, ud. 4 luglio 1986, Sdi L.
Con riferimento alla contravvenzione di getto pericoloso di cose, previsto dall’art. 674 c.p., il «versamento» concerne materie liquide e può avvenire per mano dell’agente o in qualsiasi altro modo da lui posto in essere o lasciato dolosamente o colposamente in azione, e va posto in relazione con l’effetto possibile di offendere, imbrattare o molestare le persone, anche se questo effetto non si sia verificato. (Nella fattispecie, la Suprema Corte ha ritenuto che integrasse la contravvenzione di cui all’art. 674 c.p. il getto di acqua con una pompa all’interno dell’abitazione altrui).
* Cass. pen., sez. I, 24 luglio 1992, n. 8386, ud. 2 luglio 1992, M.
Il contenuto della norma di cui all’art. 674 c.p. comprende due ipotesi di reato, entrambe di pericolo, la seconda delle quali descrive una fattispecie «causalmente orientata» in cui la condotta – indifferentemente attiva od omissiva – conduce a provocare, «nei casi non consentiti dalla legge», emissioni di gas, di vapore o di fumo, atti a cagionare offesa od imbrattamento ovvero molestia alla persona. Per la sussistenza del reato è, quindi sufficiente l’idoneità del fatto alla produzione degli effetti previsti dalla norma; poiché, però, si richiede che tali effetti siano cagionati nei casi non consentiti dalla legge, il parametro di legalità deve dedursi unicamente dalle disposizioni di cui all’art. 844 c.c. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la decisione di condanna, per essere assente in essa qualsivoglia indicazione delle ragioni del superamento della soglia di legalità fissata dalla detta disposizione civilistica).
* Cass. pen., sez. I, 26 gennaio 1994, n. 781, ud. 17 novembre 1993, S., in Arch. loc. cond. e imm.1995, 124.
La seconda ipotesi prevista dall’art. 674 c.p., «chiunque… provoca emissioni… di fumo… atte a molestare le persone nei casi non consentiti dalla legge», richiama espressamente i limiti legali posti dalla legge civile a tutela del diritto della proprietà fondiaria (e di godimento anche a titolo personale della stessa), in tema di immissioni oltre il limite della proprietà. Pertanto, si deve fare riferimento in generale a tutte le immissioni dannose per il vicino sanzionate dall’art. 844 c.c. ove si riscontri il superamento del minimo di tollerabilità. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso di imputato il quale aveva dedotto che l’accensione di un caminetto domestico non era certamente un caso vietato dalla legge è stato ritenuto che non la mera accensione di un caminetto, ma le emissioni di fumo cagionate da quella accensione nella unità abitativa dell’imputato e la loro immissione in quella della persona offesa avesse superato la soglia della normale tollerabilità).
* Cass. pen., sez. I, 26 febbraio 1994, n. 2544, ud. 4 ottobre 1993, U., in Arch. loc. cond. e imm. 1995, 124.
Pur non essendovi l’obbligo (giuridico e penalmente sanzionato) di tenere pulita la propria abitazione, tuttavia l’art. 674 c.p. vieta di tenerla talmente sporca da arrecare molestia o disturbo, mediante esalazioni maleodoranti, alle persone che si trovano nelle vicinanze dell’abitazione medesima. (Nella specie la S.C. ha osservato, replicando alla censura del ricorrente secondo cui non sussiste alcun obbligo giuridico di tenere pulita la propria abitazione, che all’imputato non si rimprovera di avere trascurato la pulizia della propria abitazione, bensì di avere provocato emissioni di esalazioni moleste per le persone, tenendo numerosi cani in un terreno comune adiacente alla propria abitazione ed a quella delle parti lese e che certamente, se si fosse attivato per eliminare tali inconvenienti, avrebbe evitato che la sua condotta (di tenere numerosi cani) integrasse gli estremi del reato previsto dall’art. 674 c.p.).
* Cass. pen., sez. I, 15 novembre 1993, n. 10336, ud. 28 settembre 1993, G., in Arch. loc. cond. e imm.1995, 124.
In tema di getto pericoloso di cose, la sussistenza di una regolare autorizzazione amministrativa all’esercizio di una attività non esclude di per sé la configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 674 c.p., ove da tale esercizio derivi l’emissione di gas, vapori, fumi atti ad offendere, molestare o imbrattare i vicini, dovendosi tale autorizzazione intendere comunque condizionata ad un esercizio che non superi i limiti della tollerabilità normale, e quindi previa adozione delle misure necessarie ad evitare il superamento di tali limiti o di quelli imposti da specifiche normative, correlate alle peculiarità delle attività lavorative da cui conseguono le emissioni. Per ritenere la sussistenza del reato è pertanto necessario accertare il superamento di tali limiti.
* Cass. pen., sez. I, 18 marzo 1992, n. 3204, ud. 12 febbraio 1992, M.
Per la sussistenza della contravvenzione di getto pericoloso di cose non si richiede un effettivo nocumento alle persone in dipendenza del getto stesso, essendo sufficiente l’attitudine della cosa gettata a cagionare effetti dannosi.
* Cass. pen., sez. V, 13 aprile 1988, n. 4537, ud. 27 gennaio 1988, F.
In tema di getto pericoloso di cose, la sussistenza di una regolare autorizzazione amministrativa all’esercizio di una attività non esclude di per sé la configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 674 c.p., ove da tale esercizio derivi l’emissione di gas, vapori, fumi atti ad offendere, molestare o imbrattare i vicini, dovendosi tale autorizzazione intendere comunque condizionata ad un esercizio che non superi i limiti della tollerabilità normale, e quindi previa adozione delle misure necessarie ad evitare il superamento di tali limiti o di quelli imposti da specifiche normative, correlate alla peculiarità delle attività lavorative da cui conseguono le emissioni. Per ritenere la sussistenza del reato è pertanto necessario accertare il superamento di tali limiti. (Fattispecie in tema di emissioni di vapori da canna fumaria).
* Cass. pen., sez. I, 18 marzo 1992, n. 3204, M.
n) Indennità
Nel caso in cui a causa di lavori di ripristino di una facciata condominiale venga collocato per alcuni mesi un ponteggio che impedisca la sistemazione dei tavolini esterni di un esercizio commerciale (nella specie: un bar) con un danno per la perdita della clientela e dell’avviamento commerciale, oltre all’inutile spesa dell’indennità di occupazione di area pubblica per quel periodo di tempo, ricorrono le condizioni per l’applicazione della norma di cui all’art. 843 c.c., che riconosce il diritto ad un indennizzo in caso di occupazione del fondo per la esecuzione di opere, anche se compiute nell’interesse comune allo stesso proprietario del fondo.
* Trib. civ. Milano 20 febbraio 1992, in Arch. loc. cond. e imm. 1992, n. 3.
Il condominio ha il diritto di eseguire, in forza di propri legittimi deliberati, lavori di interesse comune, pur se comportanti il passaggio o la temporanea occupazione di beni di proprietà esclusiva di singolo condomino (nella specie una terrazza). Ne consegue che l’incomodo derivante a quest’ultimo dai lavori condominiali, in quanto diretta conseguenza dell’esercizio di un diritto, non configura gli estremi di un danno giuridicamente rilevante, e quindi risarcibile, bensì comporta solo un pregiudizio con rilevanza economica. E tale pregiudizio, in mancanza di espressa previsione di legge, la cui necessità discende dalla dedotta inapplicabilità degli artt. 2043 e seguenti, c.c., non è indennizzabile.
* Trib. civ. Napoli,16 febbraio 1994, in Arch. loc. cond. e imm. 1994, 342.
o) Infiltrazioni d’acqua
La colpa del conduttore di un appartamento posto in edificio condominiale dal quale – a causa di infiltrazioni d’acqua causate da un utilizzo improprio e non diligente dell’immobile – siano derivati danni al conduttore dell’appartamento sottostante, non esonera i proprietari dei due locali dalle rispettive responsabilità ai sensi degli artt. 1125 e 2051 c.c., allorché il giudice non sia in grado di accertare la diversa incidenza delle concause nella determinazione dei danni.
* Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 2006, n. 1840, B. N. ed altro c. Cond. XX in Roma e C.S. e N.A, in Arch. loc. cond. e imm. 2006, 391.
L’amministratore del condominio è passivamente legittimato rispetto all’azione per responsabilità extra contrattuale, promossa dal conduttore di locali inseriti nell’edificio condominiale, per danni sofferti a causa di infiltrazioni di acqua piovana da parti comuni dell’edificio stesso (esempio il tetto, i lastrici solari, le fognature) salva, nel merito, l’efficacia liberatoria della prova, a carico del condominio, che l’effettiva disponibilità e, quindi, l’obbligo di manutenzione di quelle parti comuni competevano ad un singolo condomino o ad altro soggetto, in forza di diverso rapporto.
* Cass. civ., sez. III, 7 maggio 1981, n. 2998, M. c. Cond. V. Milano.
Il singolo condomino può agire a norma dell’art. 2051 cod. civ. nei confronti del condominio per il risarcimento dei danni sofferti per il cattivo funzionamento di un impianto comune o per la difettosità di parti comuni dell’edificio – dalle quali provengono infiltrazioni d’acqua pregiudizievoli per gli ambienti di sua proprietà esclusiva – ponendosi quale terzo nei confronti del condominio stesso, tenuto alla custodia ed alla manutenzione delle parti e degli impianti comuni dell’edificio.
* Cass. civ., sez. III, 11 febbraio 1987, n. 1500, Condom. M. c. L.
In tema di condominio di edifici, qualora il proprietario esclusivo di una terrazza a livello sia responsabile dei danni da infiltrazioni d’acqua e tale responsabilità abbia natura extracontrattuale ex art. 2051 c.c., le conseguenze del fatto illecito, anche con riferimento al concorso di colpa del (condomino) danneggiato, proprietario del sottostante terrazzo trasformato in veranda, devono essere regolate esclusivamente dalle norme poste dagli artt. 2051 e 2056 c.c., con riferimento all’art. 1227 c.c., che disciplinano la responsabilità aquiliana e non già secondo le norme relative alla ripartizione tra condomini delle spese di riparazione o ricostruzione di parti comuni.
* Cass. civ., sez. II, 7 giugno 2000, n. 7727, M.B. c. C. di S.
Nel caso in cui un cortile a livello del piano stradale, che sia in uso esclusivo al condominio, funga da copertura ad un locale cantinato di proprietà di un terzo, ove dalla cattiva manutenzione del cortile siano derivate infiltrazioni d’acqua nel sottostante locale, l’obbligazione risarcitoria del condominio trova la sua fonte, non già nelle norme in materia di ripartizione degli oneri condominiali di cui agli artt. 1123, 1125 e 1126 c.c., bensì nel disposto dell’art. 2051 c.c., con la conseguenza che, ai fini dell’accertamento della responsabilità, è sufficiente che il danneggiato fornisca la prova di una relazione tra la cosa in custodia e l’evento dannoso (che risulti riconducibile ad una anomalia, originaria o sopravvenuta nella struttura e nel funzionamento della cosa stessa), nonché dell’esistenza di un effettivo potere fisico su di essa da parte del custode, sul quale incombe il dovere di vigilare onde evitare che produca danni a terzi.
* Cass. civ., sez. II, 11 marzo 1995, n. 2861, Condominio di via M. in Catania c. C. e B., in Arch. loc. cond. e imm. 1996, 540.
Nel caso in cui il cortile di un condominio funge da copertura di un locale interrato di un terzo, se la cattiva manutenzione del cortile provoca infiltrazioni d’acqua nel sottostante locale, l’obbligazione risarcitoria del condominio trova la sua fonte non già nelle norme di cui agli artt. 1123, 1125 e 1126 c.c., bensì nel disposto dell’art. 2051 c.c., con la conseguenza che, ai fini dell’accertamento della responsabilità, è sufficiente che il danneggiato fornisca la prova di una relazione tra la cosa in custodia e l’evento dannoso (che risulti riconducibile ad una anomalia, originaria o sopravvenuta nella struttura e nel funzionamento della cosa stessa), nonché dell’esistenza di un effettivo potere fisico su di essa da parte del custode, sul quale incombe il dovere di vigilare onde evitare che produca danni a terzi.
* Cass. civ., sez. II, 22 febbraio 1999, n. 1477, Cond. via C. c. Cond. G. di via A.
La tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c. deve ammettersi anche con riguardo al pregiudizio patrimoniale sofferto dal titolare di diritti di credito, non trovando ostacolo nel carattere relativo di questi ultimi in considerazione della nozione ampia ormai generalmente accolta di danno ingiusto come comprensivo di qualsiasi lesione dell’interesse che sta alla base di un diritto, in tutta la sua estensione. Trova, in tal modo, protezione non solo l’interesse rivolto a soddisfare il diritto (che, nel caso di diritti di credito, è attivabile direttamente nei confronti del debitore della prestazione oggetto del diritto), ma altresì l’interesse alla realizzazione di tutte le condizioni necessarie perché il soddisfacimento del diritto sia possibile, interesse tutelabile nei confronti di chiunque illecitamente impedisca tale realizzazione. In siffatta prospettiva trova fondamento la tutela aquiliana del diritto di credito. L’area di applicazione della responsabilità extracontrattuale per la lesione del diritto di credito, va peraltro, circoscritta ai danni che hanno direttamente inciso sull’interesse oggetto del diritto. (In applicazione di tali principi, la S.C., nella specie, ha riconosciuto in capo alla ricorrente, titolare di un’azienda commerciale, e conduttrice dell’immobile in cui si svolgeva la relativa attività, che aveva richiesto la condanna dei proprietari delle terrazze sovrastanti il negozio al risarcimento dei danni subiti a seguito di infiltrazioni di acqua, l’interesse al ripristino del godimento dell’immobile, con il limite della risarcibilità del solo danno per il mancato uso per il quale la locazione era stata stipulata, con esclusione dei danni derivanti da un eventuale deprezzamento dell’immobile, che riguardavano direttamente il proprietario).
* Cass. civ., sez. III, 27 luglio 1998, n. 7337, P. c. F., in Arch. loc. cond. e imm. 1998, 672.
Il condominio, che ha in custodia i beni comuni, è tenuto a mantenerli e conservarli in modo tale da evitare eventi dannosi, per cui è responsabile del danno causato da infiltrazioni d’acqua attribuibili a mancata manutenzione o ristrutturazione delle condutture sicuramente comuni del condominio.
* Trib. civ. Milano, sez. VIII, 16 gennaio 1989, n. 241, in Arch. loc. cond. e imm. 1991, 342.
Sussiste la responsabilità decennale dell’appaltatore nel caso in cui in un edificio condominiale si manifestino infiltrazioni d’acqua nei muri e il dissesto dell’impianto di depurazione, posto che tra i gravi difetti – che consentono di far valere tale responsabilità – sono comprese non solo le deficienze costruttive vere e proprie (quelle cioè che si risolvono nella realizzazione dell’opera con materiali inidonei o non a regola d’arte) e le carenze riconducibili ad erronee previsioni progettuali, ma anche quei vizi che, pur non incidendo sulla statica o sulla struttura dell’immobile, pregiudicano in modo grave la funzione cui è destinato e ne limitano in modo notevole le possibilità di godimento.
* Trib. civ. Piacenza, 10 luglio 1996, n. 412, in Arch. loc. cond. e imm. 1996, n. 5.
Poiché il lastrico solare dell’edificio (soggetto al regime del condominio) svolge la funzione di copertura del fabbricato anche se appartiene in proprietà superficiaria o se è attribuito in uso esclusivo ad uno dei condomini, all’obbligo di provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini, in concorso con il proprietario superficiario o con il titolare del diritto di uso esclusivo. Pertanto, dei danni cagionati all’appartamento sottostante per le infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico, deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati inadempienti alla funzione di conservazione, secondo le proporzioni stabilite dal citato art. 1126, vale a dire, i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, ed il titolare della proprietà superficiaria o dell’uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo.
* Cass. civ., sez. un., 29 aprile 1997, n. 3672, N. c. Condominio di Via B. in Milano, in Arch. loc. cond. e imm. 1997, 395.
Il danno temuto dal condomino dalla infiltrazione di acqua nell’appartamento di proprietà esclusiva, proveniente dal sovrastante terrazzo comune, consente il ricorso al pretore, competente per materia, ai sensi dell’art. 688, primo comma, c.p.c., nei confronti della gestione condominiale, quale custode dei beni comuni.
* Trib. civ. Nocera Inf., 6 febbraio 1995, in Rass. loc. cond. 1995, 289.
La ditta appaltatrice dei lavori di rifacimento del tetto condominiale è responsabile, in qualità di custode, del danno provocato ad un condomino da infiltrazioni d’acqua cagionate dalla mancata predisposizione – da parte della ditta in questione – degli accorgimenti necessari per evitare danni da allagamento.
* Trib. civ. Piacenza, 10 giugno 1997, n. 147, G. c. Condominio D. in Piacenza, in Arch. loc. cond. e imm. 1998, 96.
Il giudice ordinario è competente a condannare la P.A. al risarcimento dei danni cagionati ad un condominio da infiltrazioni d’acqua provenienti da una strada pubblica (nella specie, priva di marciapiede e in cattivo stato di manutenzione), ma non può condannare la stessa all’eliminazione delle cause del fenomeno dannoso, ossia ad un facere che finisca per tradursi in un atto di ingerenza dell’esercizio discrezionale dell’attività pubblica.
* Corte app. civ. Roma, 15 gennaio 1997, n. 85, Comune di Roma c. Condominio di Via B. in Roma, in Arch. loc. cond. e imm. 1998, 82.
p) Libretto casa
L’adozione di ordinanze contingibili ed urgenti da parte del sindaco deve essere assistita da congrua motivazione in ordine alle circostanze che impongono lo straordinario esercizio del potere extra ordinem. Pertanto, è illegittima per mancanza di motivazione, l’ordinanza sindacale avente ad oggetto l’obbligo imposto a carico dei proprietari di immobili siti nel comune di certificare l’idoneità statica degli edifici (c.d. libretto casa), ordinanza motivata sul mero allarme suscitato nella popolazione dai tragici avvenimenti relativi al crollo di una palazzina in Foggia e sulla conseguenziale crisi degli uffici tecnici comunali, sovraccaricati dalle richieste di sopralluoghi urgenti atti a verificare la tenuta statica degli edifici stessi.
* Tar. Puglia, sez. Lecce, 16 novembre 2000, S. c. Comune di Lecce e Associazione P. di Lecce.
q) Precarietà fondale dell’edificio
Il condominio non è tenuto alla rimessione in pristino della statica del fabbricato, qualora la precarietà fondale dell’edificio, a causa della quale siano derivati fenomeni di lesionamento strutturale a carico di un appartamento condominiale, sia dovuta a difetto costruttivo dell’opera, come tale non ascrivibile al condominio.
* Trib. civ. Napoli, sez. IV, 14 giugno 1995, n. 5447, Bonetti c. Condominio di Via D. in Napoli, in Arch. loc. cond. e imm. 1996, 79.
r) Responsabilità concorrente del condominio
L’accertata responsabilità di una ditta incaricata di lavori di riparazione nell’edificio condominiale nella causazione di un evento dannoso, non esclude la responsabilità concorrente del condominio, qualora il danno sia derivato da cosa di proprietà comune. (Fattispecie relativa ad infiltrazioni di acqua dal canale di scarico della fognatura del condominio).
* Trib. civ. Milano, sez. VIII, 17 aprile 1989, I. Srl c. Condominio di via P., Milano, Società G.M.E. Srl e I.I.V. Spa, in Arch. loc. cond. e imm. 1990, 77.
s) Responsabilità dell’amministratore
È da ritenersi responsabile l’amministratore condominiale per il danno causato dalla tracimazione dei pozzetti di decantazione delle acque nere e bianche in quanto, ex art. 1130 n. 2 c.c., spetta ad esso il compito di vigilare sull’uso delle cose comuni da parte dei singoli proprietari.
* Trib. civ. Pordenone,14 febbraio 1992, G. c. S., in Arch. loc. cond. e imm. 1993, 127.
t) Responsabilità del locatore
L’obbligo di custodia e la correlativa responsabilità verso i terzi danneggiati ai sensi dell’art. 2051 c.c. non vengono meno per il proprietario dell’immobile concesso in locazione, permanendo in capo al medesimo un effettivo potere di controllo dell’immobile locato finalizzato a vigilare sullo stato di conservazione e di efficienza delle strutture edilizie e degli impianti. Tuttavia, l’operatività nei confronti del proprietario-locatore della presunzione di responsabilità ex art. 2051 c.c. resta circoscritta nell’ambito dell’anzidetto obbligo di vigilanza e non si estende alle ipotesi in cui il danno sia stato cagionato da sostanze collocate all’interno dell’immobile dall’inquilino, in ordine alle quali l’obbligo di custodia grava esclusivamente su quest’ultimo, essendo esclusa ogni concreta possibilità di controllo da parte del locatore, non essendo configurabile alla stregua della disciplina del contratto di locazione un rapporto di dipendenza o subordinazione del conduttore al locatore, che è così privo di correlati poteri di vigilanza sul conduttore. (Nella specie la S.C., affermando il suesposto principio, ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la responsabilità del proprietario locatore per i danni prodotti a terzi da un incendio causato da materiali altamente infiammabili depositati dall’inquilino nei locali locati senza idonee precauzioni).
* Cass. civ., sez. III, 28 maggio 1992, n. 6443, D. c. E.
L’obbligo di custodia e la relativa responsabilità verso i terzi danneggiati non vengono meno per il proprietario dell’immobile concesso in locazione, essendo la temporanea sottrazione della cosa alla sua disponibilità compatibile con la permanenza di un potere fisico di controllo sulla unità immobiliare, con il conseguente obbligo di vigilanza sullo stato di conservazione e sull’efficienza delle strutture edilizie e degli impianti. Ne consegue che permane a carico del proprietario la presunzione di responsabilità ex art. 2053 c.c., superabile soltanto se ricorrono gli estremi del caso fortuito e della forza maggiore.
* Trib. civ. Roma,7 luglio 1999, n. 12628, B. c. Condominio di via P., in Arch. loc. cond. e imm. 2000, 468.
u) Responsabilità solidale
Dalla comproprietà delle cose, dei servizi e degli impianti comuni nascono per i condomini delle obbligazioni propter rem con la conseguenza che, in particolare, la responsabilità per i danni derivanti alle unità immobiliari in proprietà esclusiva dalle cose comuni grava su tutti i condomini, essendo questi tenuti alla manutenzione delle cose comuni, con l’obbligo di adottare tutte le cautele idonee a scongiurare i pregiudizi, e quindi, responsabili ove tali pregiudizi si verifichino.
* Cass. civ., sez. II, 15 marzo 1994, n. 2454, P. c. Condominio M.
Nel caso di danno provocato dalla rovina del lastrico solare, parte comune dell’edificio condominiale, tutti i condomini devono presumersi solidalmente responsabili e, pertanto, il danneggiato ben può pretendere il risarcimento da uno solo di essi, senza che sia necessario integrare il contraddittorio nei confronti degli altri debitori, i quali non hanno veste di litisconsorti necessari.
* Trib. civ. Napoli, sez. X, 8 giugno 1990, n. 6432, in Arch. loc. cond. e imm. 1991, 134.
v) Scarsa illuminazione
Il condominio non è tenuto a risarcire i danni subiti dal condomino, a seguito di caduta avvenuta lungo le scale condominiali in condizioni di scarsa visibilità per non essere funzionante l’impianto di illuminazione, qualora questi si sia inoltrato nonostante l’incompleta visibilità, omettendo di procedere con la dovuta attenzione per affidarsi alla propria cognizione del sito.
* Trib. civ. Roma, sez. V, 16 settembre 1995, n. 11893, P. c. Condominio di Via C. in Roma, in Arch. loc. cond. e imm. 1995, 865.
Qualora per la scarsa illuminazione del cortile un terzo non abbia visto un muretto di cm 30 e sia precipitato lungo il vano scale, il condominio deve essere condannato al risarcimento del danno biologico per complessivi cinquantadue milioni.
* Trib. civ. Milano 7 novembre 1991, Trib. civ. Milano 7 novembre 1991, in L’Ammin. 1991, n. 10.
Le catenelle collocate su paletti e pergolati a pochi centimetri dal suolo costituiscono il tipico caso di insidia e richiedono una particolare illuminazione ed una opportuna segnaletica.
* Trib. civ. Milano 4 aprile 1991, in L’Ammin. 1992, 3, 13.
z) Violenza privata
Nell’ipotesi di uso di violenza fisica e di privazione della libertà personale esercitati dall’agente nei confronti di un coabitante nello stesso stabile condominiale, autore di rumori molesti, al fine di determinarne la cessazione, sono ravvisabili le ipotesi delittuose di cui agli artt. 605 e 610 cod. pen. e non il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. (Nella specie è stato ritenuto che la violenza privata fosse elemento costitutivo del delitto di sequestro di persona).
* Cass. pen., sez. V, 31 ottobre 1983, n. 9075, ud. 4 luglio 1983, R.
RASSEGNA TEMATICA DI GIURISPRUDENZA LOCATIZIA E CONDOMINIALE
Con la collaborazione della redazione dell’Archivio delle locazioni, del condominio e dell’immobiliare e della Casa editrice La Tribuna.
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