L’art. 71-quater disp. att. cod. civ., introdotto dalla legge di riforma dell’istituto condominiale, disciplina il procedimento di mediazione per le controversie in materia di condominio. Si tratta di una norma particolarmente opportuna alla luce del fatto che il d.l. n. 69/2013, come convertito in legge, intervenendo sul d.lgs. n. 28/2010 in tema di mediazione, ha reintrodotto – a partire dal 21.9.2013 – per tutta una serie di liti, ivi comprese quelle condominiali, la conciliazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, dando così nuova vita ad un procedimento che, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 272 del 6.12.2012, era sopravvissuto solo nella parte in cui disciplinava la mediazione facoltativa. Anzitutto, la norma in commento chiarisce, al primo comma, cosa debba intendersi per controversie “in materia di condominio” cui fa riferimento il citato d.lgs. n. 28/2010: tali sono “quelle derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, ”cod. civ.” e degli articoli da 61 a 72″, disp. att. cod. civ. Si tratta, quindi, di tutte le controversie relative sia agli artt. da 1117 a 1139 del codice civile, sia alle previsioni in tema di condominio disciplinate nelle disposizioni di attuazione del codice stesso. Sempre la norma in argomento puntualizza, al secondo comma, che “la domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato”. L’art. 71-quater, disp. att. cod. civ., precisa, poi, al terzo comma, che al procedimento di mediazione “è legittimato a partecipare l’amministratore, previa Approfondimenti, assistenza e consulenza per proprietari di casa, amministratori di condominio
delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136,
secondo comma, del codice civile”. Il che vuol dire con un quorum deliberativo costituito, sia in prima sia in seconda convocazione, da un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio (fermi naturalmente – i quorum costitutivi di cui al primo e terzo comma dello stesso art. 1136 cod. civ.).
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