“Siamo convinti che il presidente del Consiglio non ne sia neppure informato, ma se ai Comuni venisse concesso di aumentare dello 0,8 per mille il limite massimo delle aliquote di Imu e Tasi – fissato in via ordinaria al 10,6 per mille – la proprietà immobiliare pagherebbe maggiori imposte per circa 2 miliardi di euro.
Su questo tema va fatta chiarezza.
Anzitutto, non può continuare ad ignorarsi che la possibilità di elevare dal 10,6 all’11,4 per mille il limite massimo Imu-Tasi era stata concessa per il 2014 e per il 2015 – per legge – in cambio di corrispondenti detrazioni fiscali sulla prima casa. Se, quindi, qualche Comune – in violazione della legge – avesse utilizzato questa possibilità per garantirsi maggior gettito, si tratterebbe di fatto grave e da non avallare, anche per il futuro, con un intervento legislativo.
In secondo luogo, la concessione a tutti i Comuni di questa maggiorazione rispetto all’ordinario limite Imu-Tasi avrebbe effetti di gettito ben superiori a quelli che sono stati diffusi dalla stampa. Al proposito, Confedilizia stima – sulla base di dati del Ministero dell’economia e delle finanze – che tali effetti possano essere valutati in circa 2 miliardi di euro.
Il presidente del Consiglio ha presentato l’eliminazione della tassazione sulla prima casa come un intervento finalizzato a restituire fiducia agli italiani e, così, a stimolare i consumi. Noi gli abbiamo dato volentieri e convintamente atto di questa coraggiosa inversione di tendenza rispetto al passato. Se, però, l’eliminazione della tassazione sulla prima casa, da un lato non sarà più per tutti – per via dell’esclusione delle abitazioni impropriamente definite di lusso – e, dall’altro, fosse accompagnata anche da un aumento delle imposte sugli altri immobili (tra cui persino le case affittate, che necessiterebbero piuttosto di una urgente detassazione), la situazione cambierebbe, e di molto”.
Roma, 21 ottobre 2015
UFFICIO STAMPA