Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea di cinque nuovi atti legislativi il pacchetto Fit for 55%, il gigantesco dispositivo messo a terra dall’Unione Europea per ridurre l’impronta carbonica dei 27 Paesi membri, si prepara a essere ultimato. Tuttavia alcune questioni fondamentali sono ancora lontane dalla loro forma definitiva, tra queste spiccano la revisione delle regole per la tassazione dell’energia (ETS), la Direttiva per la riqualificazione energetica degli edifici (EPBD) e la revisione del Regolamento Ecodesign che stabilisce le specifiche per la progettazione ecocompatibile e la commercializzazione di apparecchi per il riscaldamento d’ambiente. Senza dubbio alcuni dei punti più delicati della gigantesca azione (politica e diplomatica, economica e sociale) per realizzare la sfida della nostra epoca, la transizione ecologica. Una sfida per costruire un mondo sostenibile che, giusto per ricordarlo, non vuol dire solamente abbattere le emissioni ma farlo in modo equo, condiviso e giusto.
Non stupisce quindi che a mancare all’appello del vasto piano per la neutralità climatica dell’Europa siano proprio quelle questioni che impattano di più sui cittadini o, per dirla in altri termini, che su di loro gravano con la minaccia di un aumento del carico fiscale e l’obbligo di ingenti esborsi per adeguarsi in tutta fretta alle nuove regole per rendere l’Europa sostenibile. Questioni, in ultima battuta, che scaricano sulle persone e sulle famiglie, e in particolar modo quelle meno abbienti, gli effetti collaterali delle ambizioni climatiche.
Quindi è proprio in virtù di questi aspetti di primaria importanza, ovvero la protezione dei cittadini, che sia la proposta di riforma sulla tassazione dell’energia che la Direttiva sull’efficienza energetica degli edifici sono oggi al centro di uno scontro politico volto alla creazione di un testo finale, sia per la riforma che per la Direttiva, quanto più possibile aderente alla realtà di ogni Paese e in grado di non scaricare su nessuno, tanto meno sulle famiglie più fragili, il costo del progresso in direzione di sostenibilità ambientale.
Per questo diversi rappresentati di settore, soggetti istituzionali e gruppi parlamentari, alla riforma ETS della Commissione Ue che punta a modificare l’imposizione fiscale in base alla prestazione ambientale dei prodotti (più è inquinante più è tassato, e.g. caldaie a gas) e a quella per portare in classe energetica “D” gli edifici entro il 2033, non hanno potuto che interporre un fermo no.
Germania, Cdu: “Si rischia di sopraffare finanziariamente le famiglie”
A cominciare da Jens Spahn, capogruppo parlamentare della Cdu (il partito dell’ex Cancelliera Merkel) che ha sottolineato come la proposta di legge per l’ammodernamento dei sistemi di riscaldamento rischia di “sopraffare finanziariamente le famiglie”, dello stesso parere anche il compagno di partito Andreas Jung vicepresidente della principale forza di opposizione al parlamento federale, che non indulge in perifrasi e dichiara che la messa a terra della transizione termica rischia di essere realizzata con il “piede di porco” a causa della “testardaggine” dei legislatori.
L’alzata di scudi contro la declinazione a livello legislativo dell’azione per diminuire l’impatto energetico delle abitazioni dei cittadini dell’Unione Europea arriva anche dal nostro Paese; nello specifico a esprimere forti perplessità troviamo Proxigas, Assogasliquidi, Assotermica, Federcostruzioni, Ance e Applia Italia che sottolineano tutti i limiti e le criticità di “un approccio basato sui divieti che non tiene conto delle specificità dei Paesi membri”.
Si moltiplicano quindi i nodi critici all’interno del cruscotto che contiene tutte le norme del dispositivo “case green”, dal divieto di vendita delle caldaie a gas dal 2029, alla volontà di Bruxelles di estendere il sistema di tassazione ETS (Emission Trading Scheme) anche ai consumi domestici (e quindi non solo a quelli industriali).
L’audizione Abi “Applicare il diritto dell’UE per un’Europa dei risultati”
La richiesta di un passo indietro del legislatore (o forse un passo avanti per garantire l’equità della transizione termica e ecologica) arriva anche dall’Associazione bancaria italiana (Abi) che nel corso dell’audizione “Applicare il diritto dell’UE per un’Europa dei risultati” rileva come questa roadmap verso la neutralità rischia “di produrre una riduzione del valore di mercato degli edifici con impatti rilevanti sulla ricchezza delle famiglie“ e per questo suggerisce di modificare la Direttiva EPBD affinché ciascuno Stato Membro possa definire una propria “traiettoria” per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione del proprio patrimonio immobiliare entro il 2050, senza livelli minimi di classe energetiche a specifiche date intermedie.
Nelle prossime settimane riprenderanno i negoziati tra Parlamento, Commissione e Consiglio Ue per giungere a un accordo per la revisione della Direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia, mentre il 12 maggio terminerà la consultazione per definire i termini del nuovo regolamento Ecodesign.
5.6.2023