Abstract

BancaPiacenza

Di seguito gli estratti di alcuni degli interventi.
I testi integrali saranno pubblicati nei volumi contenenti gli Atti
del 26° Convegno del Coordinamento legali della Confedilizia. 


PRIMA PARTE


Le nullità dei contratti di locazione
e la riformulazione 
dell’art. 13 della legge n. 431/1998
avv. prof. Vincenzo Cuffaro

La relazione – che è stata la relazione di base per tutti gli interventi in argomento – ha illustrato le regole di nullità relative al contratto di locazione. A tal fine, è partita dalla ricognizione del significato dell’art. 79, legge n. 392/1978, con riferimento a tutte le tipologie di locazioni, per poi focalizzare l’attenzione sull’art. 13, legge. n. 431/1998 nel quale è contenuta la principale, anche se non unica, disciplina della invalidità delle locazioni ad uso di abitazione. La relazione ha esaminato le modifiche di recente apportate al testo di tale disposizione e ha focalizzato l’attenzione sul rapporto tra norma civile e norma tributaria nella prospettiva degli effetti che dalla violazione dell’una e dell’altra derivano.


La mancata registrazione dei contratti di locazione ad uso abitativo
dalla vecchia alla nuova formulazione dell’art. 13 della legge n. 431/1998
cons. dott. Antonio Mazzeo Rinaldi

Il novellato art. 13 della legge n. 431/1998 ha raggiunto lo scopo voluto dal legislatore, prevedendo, quale requisito di validità del contratto, la (tempestiva) registrazione del contratto medesimo, con contestuale estensione alla fattispecie di mancata registrazione delle azioni di riconduzione della convenzione alla tipologia contrattuale in concreto individuata, di rideterminazione e restituzione del canone, già collegate ad altre ipotesi di nullità: in tal modo sostanzialmente realizzando un microsistema omogeneo delle nullità in materia di registrazione del contratto locativo di immobili abitativi.

Nullità di clausole nelle locazioni commerciali
dott. Antonio Nucera

Il contratto di locazione di immobili urbani ad uso diverso dall’abitativo – disciplinato dalla legge n. 392 del 27 luglio 1978 – costituisce una fattispecie per così dire chiusa, nel senso che ben poco spazio è lasciato all’autonomia delle parti. Emblematico, in questo senso, è l’art. 79, in tema di “patti contrari alla legge”, che prevede, al primo comma, la nullità, non solo di ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello dovuto, ma anche di qualsiasi clausola diretta ad attribuire al locatore “altro vantaggio in contrasto con le disposizioni” della predetta legge. Si tratta di una previsione, quest’ultima, che per un verso costituisce un criterio di lettura dell’intero sistema, in quanto legittima l’interprete ad esaminare il significato di altre previsioni contenute nel medesimo contesto normativo per verificare se dalle stesse risultino attribuiti specifici “vantaggi” al locatore; per altro verso, denuncia la ratio propria della sanzione in quanto dettata al fine di proteggere la posizione contrattuale della parte ritenuta meritevole di tutela: il conduttore.

Tutto ciò, quando la necessità di tener conto dei mutati e mutevoli bisogni dei soggetti produttivi imporrebbe, invece, che la disciplina del rapporto locativo fosse direttamente e liberamente stabilita dalle parti interessate. Tanto più che l’indicata sanzione di nullità rischia di vanificare l’obbiettivo (sotteso all’intera disciplina di cui alla legge del ‘78) di favorire il conduttore, allorché la difformità della pattuizione alla disposizione imperativa, in tema, ad esempio, di durata del rapporto, sia in realtà auspicata dallo stesso conduttore perché maggiormente rispondente ai suoi interessi.

Azione di ripetizione del conduttore
Azione ed eccezione di nullità
avv. Nino Scripelliti

L’intervento ha inteso proporre una sistemazione ordinata e ragionata, per quanto possibile, delle varie ipotesi di nullità dalle quali può essere affetto il contratto di locazione ed in specie quello abitativo, a partire dal 2015, data della approvazione del noto comma 346 dell’art.  1 della legge finanziaria per il 2015, e successivamente delle nullità previste dall’art. 8, comma 3, del decreto istitutivo della cedolare secca, ed infine delle nullità parziali, disposte dal nuovo testo dell’art. 13 della legge n. 431/1998 per il caso di mancata registrazione nel termine tassativo di 30 giorni dalla stipulazione del contratto. E senza dimenticare la nullità che consegue alla locazione a soggetto extracomunitario privo di permesso di soggiorno quando le condizioni del contratto siano sensibilmente diverse da quelle del mercato, oltre alle possibili nullità che possono conseguire alla violazione di norme del Codice del consumo, quando il contratto sia stipulato tra un locatore imprenditore ed un conduttore privato.

Nullità per mancanza della forma scritta nel contratto di locazione
con particolare riferimento alle locazioni turistiche
avv. Gabriele Spremolla

L’intervento ha trattato il tema della nullità per mancanza della forma scritta nel contratto di locazione, con particolare riferimento alle locazioni turistiche. Per le stesse, infatti, si pongono giustificati dubbi di applicazione dell’obbligo della forma scritta, sia perchè da una formale lettura del testo sembrerebbe che tale obbligo debba riferirsi alle sole ipotesi di cui all’art. 2, la cui applicazione è esclusa per dette locazioni, sia perché la forma scritta è prevista per le locazioni di immobili, mentre quelle turistiche si riferiscono alla locazione di alloggi, sia per il dettato dell’art. 53, d.lgs. n. 79/2011, che riconduce le locazioni turistiche alla disciplina codicistica delle locazioni.

Il problema della registrazione tardiva
avv. Francesco Massimo Tiscornia

L’intervento ha sottolineato come gli investitori immobiliari esteri, pur consapevoli delle buone possibilità in questi anni di acquistare in Italia immobili a prezzi vantaggiosi, rimangano esitanti per due ragioni principali: la prima è l’incertezza del nostro diritto sugli effettivi tempi di rilascio dell’immobile da parte dei conduttori, che paiono aleatori. Un esempio eclatante sono i 17 anni intercorsi da quando l’art. 13, comma 1, legge n. 431/1998 introdusse la nullità per i contratti di locazione non registrati alla recente sentenza delle Sezioni unite (n. 18213 del 17/9/15) che l’ha confermata definitivamente, respingendo tutte le diverse interpretazioni medio tempore avanzate dalle Corti di merito. Ivi compresa la più utilizzata e cioè che il contratto potesse essere registrato successivamente in caso d’uso con effetto sanante, di fatto eludendo così la tassatività della norma del 1998.

La seconda più frequente remora incontrata dagli investitori esteri è il cd. “assalto” fiscale alla proprietà immobiliare che deprime l’economia, come in tutte le sedi sottolineato dal Presidente Spaziani Testa: “chi investe in strumenti finanziari viene tassato solo su ciò che guadagna, chi investe in immobili invece viene colpito ogni anno anche sul valore dei suoi investimenti”.


SECONDA PARTE


I contratti del condominio e il condominio come consumatore
avv. Pier Paolo Bosso

Si ritiene che al condominio sia applicabile la normativa a tutela del consumatore, in particolare le norme introdotte nel 1996 con gli artt. 1469-bis e segg. del codice civile, come poi sostanzialmente riprodotte nel Codice del consumo agli artt. 33-37 dal d.lgs. n. 206 del 2005, nonché il d.lgs. n. 21/2014 in tema di informativa precontrattuale.

Al contratto concluso con il professionista dall’amministratore del condominio – rimasto (anche dopo la riforma del 2012) un ente di gestione sfornito di una propria personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti – si applica (in presenza degli altri elementi previsti dalla legge) la normativa a tutela del consumatore, atteso che l’amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condòmini, da considerarsi consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale (per tutte: Cass. ordinanza 22/05/2015, n. 10679, Cass. sentenze nn. 10086/01, 452/05).

Nel contratto concluso tra il consumatore condominio ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Certe clausole si presumono vessatorie (fino a prova contraria), mentre altre sono nulle comunque, quantunque oggetto di trattativa, se escludono o limitano determinate responsabilità del professionista o azioni del consumatore nei suoi confronti o prevedono l’adesione del consumatore estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.

Le clausole considerate vessatorie sono nulle, mentre si salva il contratto che rimane valido per il resto.

Gli amministratori devono fare attenzione a non accettare di stipulare contratti contenenti clausole vessatorie.

Nella relazione – che è stata la relazione di base di tutti gli altri interventi in argomento –  sono state esaminate, per ogni contratto che l’amministratore stipula per il condominio, le più frequenti clausole vessatorie; sono stati anche dati i consigli all’amministratore per la corretta stipula dei contratti, con particolare riferimento ai contratti pluriennali, in relazione ai suoi poteri di legge ed ai poteri riservati all’assemblea dei condòmini.


Contratto energia con ammortamento impianto:
quorum deliberativi, 
obbligo costituzione del fondo, criteri di riparto delle spese
avv. Daniela Barigazzi

La termoregolazione negli edifici può essere attuata con contratto servizio energia: il costo iniziale viene sostenuto (ed anticipato) dall’impresa che gestisce il servizio energia o da un istituto bancario. Il condomino continuerà a pagare il vecchio importo fino a quando avrà ammortizzato il costo degli interventi.

La maggioranza per la delibera è quella dell’art. 1136, comma 2, codice civile.

Nel caso in esame non sussistono i presupposti per il fondo speciale obbligatorio, la cui istituzione è quindi solo facoltativa; il riparto delle spese è effettuato dall’impresa stessa seguendo criteri studiati per far fronte alle diverse esigenze di ogni stabile.

Soppressione e istituzione del servizio di portierato o vigilanza:
quorum deliberativi e criteri di riparto delle spese
avv. Paola Castellazzi

L’intervento si è incentrato, in particolare, sull’individuazione del criterio di ripartizione della spesa del servizio di portierato e delle maggioranze necessarie per l’istituzione e la soppressione di tale servizio.

La giurisprudenza ha affermato che la ripartizione della spesa va effettuata tra tutti i condòmini, in base ai millesimi di proprietà, a meno che non sia disposto diversamente dal regolamento di condominio o dall’atto di acquisto dell’immobile.

L’istituzione e la soppressione del servizio di portierato possono essere disciplinate dal regolamento di condominio di natura contrattuale oppure dall’assemblea di condominio, nel caso in cui il regolamento o l’atto di acquisto non dispongano alcunché in proposito.

Se l’istituzione o la soppressione del servizio di portierato prevede la creazione di un vincolo di destinazione pertinenziale su di una parte comune (ad esempio, una parte comune deve essere adibita ad alloggio del portiere), è necessaria, per approvare la relativa delibera, la maggioranza stabilita per le innovazioni (art. 1136, comma 5, codice civile).

Se, invece, l’istituzione o la soppressione del servizio di portierato non determina la creazione di un vincolo di destinazione pertinenziale su di una parte comune (ad esempio, non si deve destinare una parte comune ad alloggio del portiere, perché il portiere abita in un immobile di proprietà di terzi), è necessaria, per approvare la relativa delibera, la maggioranza semplice (art. 1136, comma 2, codice civile).

Contratto pluriennale stipulato in assenza di delibera: la tutela del condominio
e la posizione dell’amministratore
avv. Antonino Coppolino

L’intervento, dopo una breve premessa sul problema del mancato riconoscimento (anche con la legge di riforma) della personalità giuridica al condominio, si è incentrato sull’esame di alcune sentenze sia di merito che di legittimità che si sono occupate di contratti pluriennali di manutenzione dell’ascensore e di assicurazione del fabbricato, conclusi senza delibera assembleare e, in un caso, in presenza di una delibera assembleare che auto­rizzava l’amministratore a contrarre per un solo anno, mentre lo stesso stipulava un contratto ultranovennale.

In questo contesto, il rapporto con l’amministratore è stato inquadrato nel rapporto di mandato, essendo lo stesso considerato quale mandatario del condominio. Da tale inquadramento consegue – nei casi in cui l’amministratore/mandatario esorbiti dai suoi poteri o da quelli conferitigli dall’assemblea – che l’attività dallo stesso posta in essere possa farsi rientrare nella fattispecie di cui all’art. 1711 codice civile (limiti del mandato) e, quindi, possa essere ritenuta inopponibile al condominio ed imputabile al solo amministra­tore, a meno che non intervenga una ratifica (anche tacita) dell’assemblea.

Mediazione, negoziazione assistita ed azioni a tutela del condominio-consumatore
avv. Guerino De Santis

L’intervento si è incentrato sulla discussione, molto intensa negli ultimi tempi, sul fatto che i condòmini ed il condominio, quale ente di gestione, siano o meno da considerarsi dei “consumatori”. Molte le pronunce giurisprudenziali a favore e contro analizzate: Corte di Cassazione, ordinanza n.10086/2001; Corte di Cassazione SS. UU., sentenza n. 9148/2008; Corte di Cassazione, ordinanza n. 10679/2015; Tribunale di Genova sentenza 14/02/2012. Controverso è anche quale tipo di sistema ADR (sistemo alternativo di risoluzione delle controversie) sia da applicare: se quello delineato dal d.lgs. n. 130 del 6 agosto 2015 o la mediazione “obbligatoria” di cui al d.lgs. n. 28 del 4 marzo 2010.

Mediazione, negoziazione assistita ed azioni a tutela del condominio-consumatore
dott.ssa Caterina Garufi

Le problematiche relative al cospicuo numero di cause pendenti nei Tribunali italiani sono ormai ben note al legislatore che, negli ultimi anni, ha cercato di porre rimedio, con diversi provvedimenti, agli effetti negativi causati dal contenzioso soprattutto civile, che appesantisce il “sistema giustizia”, con danno sia per i cittadini che chiedono tutela giurisdizionale, sia per l’economia e per la competitività del Paese. La mediazione, introdotta dal d.lgs. n. 28 del 2010, rappresenta un ADR ovvero un mezzo di risoluzione alternativo alle controversie particolarmente efficace in alcuni ambiti come quello condominiale, individuato dall’art. 71-quater disp. att. codice civile (disposizione aggiunta nel 2012 con la riforma del condominio).

Tale strumento costituisce un rimedio “para-processuale” all’ingolfamento degli uffici giudiziari, assicurando, nel contempo, la risoluzione dei conflitti relativi a liti di modesto valore per le quali il processo, per costi e durata, si rivela fortemente diseconomico.

Norme in tema di contabilizzazione del calore e “clienti finali”
avv. Paolo Scalettaris

Le norme in tema di contabilizzazione del calore e termoregolazione nell’àmbito del condominio (d.lgs. n. 102 del 2014) presentano interesse anche con riguardo al collegamento tra istituto del condominio e disciplina di tutela del consumatore. I versanti sui quali tali norme affrontano la materia (quello dell’uso e quello della fornitura) sono assai vicini al tema generale del “consumo” (dell’energia).

Ricordato che le regole fissate dal d.lgs. n. 102 sono state in parte modificate dal d.lgs. n. 141 del 2016, si nota che aspetto centrale della disciplina della contabilizzazione è quello che concerne la figura del cd. “cliente finale”, figura che era presente già nel testo originario del d.lgs. n. 102. Il decreto correttivo ha modificato parzialmente la disciplina del primo decreto anche con riguardo ad alcuni passaggi incentrati sulla figura del cliente finale ed ha introdotto la stessa definizione di “cliente finale” (lett. d-bis del 2° comma), quale “cliente che acquista energia, anche sotto forma di vettore energetico, per uso proprio”.

Aspetto delicato è quello dell’individuazione del “cliente finale” nel caso del condominio, poiché la definizione di tale figura considera contemporanea­mente due profili che sono invece distinti e possono non essere coincidenti sul piano soggettivo: quello dell’acquisto dell’energia e quello dell’uso proprio di questa. Nel caso del condominio a stipulare il contratto diretto all’acquisizione della energia o del combustibile non è il singolo condo­mino, ma è invece il condo­minio (in persona dell’amministratore, se esistente), mentre i soggetti che fanno “uso proprio” dell’energia sono i singoli con­dòmini.

Da notare infine come la definizione del “cliente finale” sopra ricordata non coincida con la definizione di consumatore fornita dal Codice del consumo, definizione questa che però – in quanto assai ampia e generica – potrebbe comprendere sia l’atto di stipulazione del contratto di compravendita o fornitura sia l’attività di utilizzo del risultato di que­sto. Sotto questo profilo potrebbe pensarsi che entrambe le posizioni espresse dalle norme in tema di contabilizzazione possano rientrare nella definizione di consumatore con la conseguenza che entrambe possano essere soggette alla specifica disciplina di tutela.

Il recesso del condominio dal contratto d’appalto e l’art. 1671 codice civile
avv. Luca Stendardi

L’art. 1671 del codice civile consente al committente un appalto di recedere dal contratto anche se sia iniziata l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio. Come si deve comportare il condominio nel caso in cui voglia recedere dal contratto in forza di tale norma? Può il condominio delegare all’amministratore o a una commissione di condòmini la facoltà di recedere dal contratto di appalto tenuto conto che tale recesso comporta l’obbligo per il committente di tenere indenne l’appaltatore dalle spese sostenute per i lavori eseguiti e per il mancato guadagno? Che cosa si intende per mancato guadagno? Questi i temi trattati nell’intervento.

Il recesso del condominio e le penali contrattuali
alla luce del Codice del consumo
avv. Paola Tamanti

I soggetti “professionisti”, attraverso l’imposizione delle penali pecuniarie e di termini di preavviso molto lunghi, privano di fatto il consumatore/condominio della facoltà di recesso, con lo scopo di tenere legato in modo irreversibile il contraente. La richiesta al consumatore di corrispondere, anche in caso di recesso o risoluzione, l’intero importo pattuito, determina una violazione evidente dell’art. 33, comma 2, lett. f), Codice del consumo, svolgendo una funzione disincentivante del recesso stesso. Questo il tema dell’intervento.

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