Siamo davvero stanchi dei continui allarmi sul “caro affitti” e sull’aumento delle locazioni brevi, che quasi sempre sottintendono – quando non esplicitano – una colpevolizzazione dei proprietari di casa, cui segue la trovata punitiva di turno.
Lo abbiamo detto anche al Ministro Salvini in occasione delle riunioni sul “Piano Casa” al Ministero delle infrastrutture: le principali azioni da svolgere per migliorare la situazione abitativa in Italia sono il recupero degli oltre centomila appartamenti di edilizia residenziale pubblica non disponibili e il rafforzamento della locazione privata, che da sempre garantisce la stragrande maggioranza dell’offerta alloggiativa nel nostro Paese.
Sul primo punto possiamo fare poco, se non rinnovare il nostro sdegno per una situazione intollerabile e il nostro invito a porvi rimedio in tempi rapidi.
Sul secondo, abbiamo delle proposte concrete. A nostro giudizio, il rafforzamento della locazione privata può avvenire in due modi: 1. attraverso misure di incentivazione fiscale, e una può essere l’abbattimento, fino al suo azzeramento, dell’Imu per le abitazioni locate a canone concordato; 2. mediante una maggiore tutela dei proprietari in fase di rilascio degli immobili, ad esempio affidando le esecuzioni anche a soggetti diversi dagli ufficiali giudiziari.
Per rilanciare l’affitto occorrono incentivi e tutele, non allarmi e minacce.
Siamo stanchi anche della demagogia post-superbonus, con le battutine sui favori ai proprietari di castelli o delle ville al mare che impediscono ciò che sarebbe necessario: un’analisi serena e obiettiva di ciò che è stato fatto e di ciò che si potrebbe fare.
Sul tema dei cosiddetti “bonus” è arrivato il momento delle scelte, che però non riguardano solo il Governo italiano, ma anche quello europeo. Gli incentivi per gli interventi sugli immobili esistono ormai da più di un lustro e sono stati via via introdotti per rispondere a diverse esigenze ritenute di interesse pubblico: la riduzione dell’evasione fiscale (l’originaria detrazione per le ristrutturazioni edilizie), la riqualificazione delle città (il bonus facciate), il risparmio energetico (l’ecobonus), il miglioramento sismico (il sismabonus), il superamento della crisi determinata dal lockdown (il superbonus).
Nessuno di questi incentivi deve considerarsi “dovuto” o può ritenersi indispensabile. Potrebbero scomparire tutti oppure rimanerne molti ma, come già previsto, senza il sistema superbonus/cessione del credito/sconto in fattura. In entrambi i casi, però, si deve essere determinati nel completamento del lavoro svolto sulla direttiva “case green”, abrogandola del tutto. Nessun individuo a contatto con la realtà, infatti, può pensare che gli obiettivi di azzeramento delle emissioni di CO2 entro il 2050 siano conseguibili attraverso risorse economiche private.
Basterebbe il buon senso, per parlare di questioni abitative come di incentivi edilizi. Ma è merce rara.
Giorgio Spaziani Testa
da Confedilizia notizie, febbraio ’24
Confedilizia notizie è un mensile che viene diffuso agli iscritti tramite le Associazioni territoriali della Confederazione.