La rivoluzione liberale argentina ha effetti duraturi, l’offerta di appartamenti in locazione è aumentata del 212%, mentre i canoni reali sono scesi del 27%
Non è stato un fuoco di paglia. Una boutade. Una bolla mediatica. La deregolamentazione del mercato delle locazioni in Argentina, decisa a dicembre dal neo presidente Javier Milei, ha cambiato, si può dire, stravolto il mercato delle abitazioni nel Paese. Vediamo perché.
Dopo l’approvazione, voluta dall’allora maggioranza peronista tra il 2020 e il 2023, di due leggi molto restrittive sulle libertà dei proprietari e dei conduttori, il numero di appartamenti messi a disposizione del mercato era crollato. A metà 2023 la diminuzione a Buenos Aires, rispetto ai livelli medi del 2019, era stata maggiore del 40%. L’irrigidimento delle regole aveva costretto molti proprietari a vendere o a tenere vuoto il proprio appartamento. Si trattava di un effetto scontato e immaginabile, osservato in ogni occasione in cui lo Stato ha cercato di alterare artificialmente i prezzi di un mercato, ma evidentemente, come spesso succede, l’ideologia è stata più forte e ha accecato il legislatore.
La svolta del 2024
Lo stralcio di gran parte dei vincoli posti da queste regole ha portato già nel gennaio del 2024 ad un improvviso aumento dell’offerta di immobili, che è cresciuta di ben il 90% rispetto a dicembre, nonostante si parli, per l’Argentina, di mesi estivi. Come le leggi dell’economia insegnano, a una maggiore offerta segue una riduzione dei prezzi e infatti i canoni di locazione già nel primo mese di quest’anno sono scesi, in termini reali, del 7%.
Il dato fondamentale, però, è che la tendenza è proseguita e si è approfondita anche nei mesi successivi: il numero di appartamenti sul mercato ha continuato a crescere fino a raggiungere un limite fisiologico e stabilizzarsi su valori molto più elevati di quelli precedenti alla deregolamentazione. A giugno 2024 l’offerta è stata di ben il 212% superiore rispetto a dicembre 2023, ovvero più che tripla, e ha superato, raddoppiandoli, anche i livelli del 2019, ovvero prima della pandemia e delle leggi dirigiste peroniste. Non stupisce che i prezzi, come già avvenuto a gennaio, abbiano continuato a rispondere alla svolta impressa dal governo Milei e a giugno di quest’anno erano del 27% più bassi rispetto alla fine del 2023: persino più bassi rispetto al 2021 e al 2022. Naturalmente anche in questo caso parliamo di termini reali, perché in Argentina, nonostante un evidente raffreddamento del carovita, l’inflazione rimane un problema gigantesco.
Il contributo alla disinflazione del settore delle locazioni
Basti pensare che nel mese di giugno a livello nazionale i prezzi sono risultati del 271,5% più alti rispetto a un anno prima mentre a luglio l’inflazione è stata del 263,4% (nell’area metropolitana di Buenos Aires del 265,7%). I canoni di locazione nello stesso mese sono cresciuti anch’essi a livello nominale, ma molto meno, del 163,7%, da qui la riduzione in termini reali. Significa che nei costi di una famiglia argentina l’affitto pesa molto meno di prima.
Significa anche che la liberalizzazione di questo mercato contribuisce a disinflazionare l’economia e a ridurre l’aumento dei prezzi nel loro complesso, che infatti salgono a un ritmo inferiore. In Argentina si usa, oltre al tasso annuale, anche quello mensile, se a dicembre 2023 il carovita era stato di ben il 25,5% maggiore rispetto a novembre, a luglio 2024 l’incremento su giugno è stato solo del 4%. Merito, appunto, anche del forte raffreddamento della crescita dei canoni.
Quella argentina è una vicenda da cui possiamo trarre una lezione anche in un contesto meno estremo come quello italiano. Anche qui, in alcune determinate aree, come i centri storici di poche località e qualche città universitaria, si sente parlare di “emergenza abitativa” e di carenza di alloggi. Al di là delle consuete esagerazioni mediatiche, vi sono aree in cui la domanda è effettivamente maggiore e per agevolare un aumento parallelo dell’offerta anche nel nostro Paese servirebbero regole diverse, più semplici e che alleggeriscano il carico fiscale.
Alcuni esempi:
- un abbattimento, fino ad arrivare all’azzeramento, dell’Imu per le abitazioni locate a canone concordato e l’estensione a tutta Italia della cedolare secca al 10% prevista per questa tipologia di contratti, misure che andrebbero a beneficio sia del proprietario che del conduttore.
- L’affidamento delle esecuzioni di rilascio degli immobili anche a soggetti diversi dagli ufficiali giudiziari, per garantire la certezza del diritto e incentivare l’approdo sul mercato di immobili.
In un ambito come quello delle locazioni, in cui conta moltissimo la percezione di essere veramente liberi nelle proprie scelte, vincoli, divieti e salassi fiscali non possono funzionare. Incentivi e una maggiore libertà di azione, sì.
2.9.2024