Il testo del disegno di legge di bilancio presentato dal Governo al Parlamento ha confermato i rilevanti tagli, anche retroattivi, alle detrazioni fiscali per interventi edilizi, che subiscono altresì notevoli complicazioni. A farne le spese sono anche i lavori riguardanti l’efficientamento energetico e il miglioramento sismico degli edifici.
Il quadro che emerge è quello di un marcato ridimensionamento di un sistema di incentivi, in atto da più di un quarto di secolo, che ha visto negli anni il sostegno trasversale di tutte le forze politiche in risposta ad esigenze di interesse generale: contrasto al sommerso, maggiore sicurezza, tutela dell’ambiente ecc.
Il diritto alle detrazioni non esiste, ma occorre essere consapevoli che l’effetto di questa manovra sarà – oltre alla crescita del “nero” – una significativa riduzione degli interventi e, di conseguenza, un diffuso rischio di degrado del patrimonio immobiliare italiano.
Ora, a maggior titolo, nessuno si sogni di obbligare i proprietari a qualsivoglia intervento, tantomeno a quelli richiesti dalla direttiva europea per rendere “green” le nostre case.
Nel frattempo, mentre quotidiana è la denuncia sulla difficoltà, per famiglie e studenti, a reperire case in locazione a canoni accessibili, sul tema dell’affitto la manovra tace, o quasi. L’unica misura è quella – preannunciata dalla Confindustria con squilli di tromba, ma rivelatasi alla fine il classico caso della montagna che partorisce un topolino – che prevede che le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento dei canoni di locazione e delle spese di manutenzione dei fabbricati locati dai dipendenti assunti a tempo indeterminato nel 2025 non concorrano, per i primi due anni dalla data di assunzione, a formare il reddito ai fini fiscali entro il limite complessivo di 5.000 euro annui.
C’è poi un articolo ambiziosamente intitolato “Piano Casa Italia”, che però si limita ad annunciare un piano nazionale per l’edilizia residenziale pubblica e sociale “quale strumento programmatico avente ad oggetto il rilancio delle politiche abitative come risposta coerente ed efficace ai bisogni della persona e della famiglia” e “finalizzato a definire le strategie di medio e lungo termine per la complessiva riorganizzazione dell’offerta abitativa, in sinergia con gli enti territoriali, al fine di fornire risposte ai nuovi fabbisogni abitativi emergenti dal contesto sociale, integrare i programmi di edilizia residenziale e sociale, dare nuovo impulso alle iniziative di settore, individuare modelli innovativi di governance e di finanziamento dei progetti, razionalizzare l’utilizzo dell’offerta abitativa disponibile”.
Viene invece prorogato sino al 31 dicembre 2027 il regime speciale del Fondo di garanzia “prima casa”, che dà la possibilità alle cd. categorie prioritarie (per esempio, alle giovani coppie coniugate ovvero conviventi more uxorio che abbiano costituito nucleo da almeno due anni oppure ai giovani di età inferiore a 36 anni) di fruire della garanzia pubblica fino alla misura massima dell’80% o del 90% (questa percentuale è valida per le famiglie numerose) alla presenza dei vari requisiti previsti dalla normativa di riferimento.
Insomma, una manovra deludente, che rimarrà pressoché uguale dopo il suo esame da parte del Parlamento. Conti in ordine, certo, ma poca ambizione. Non solo su casa e immobili.
Giorgio Spaziani Testa
da Confedilizia notizie, novembre ’24
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