“L’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12.12.2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che prevede, in via generale, un’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini, esercitate congiuntamente”.
Così la Corte di giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 4.10.2024, emessa in relazione alla causa C-242/23, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale con la quale il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte, in particolare, la questione se il citato art. 25 possa ritenersi rispettato da “una normativa come quella italiana di cui all’art.5, comma 3, della legge n. 39 del 1989 che sancisce in via preventiva e generale l’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini sul presupposto del mero esercizio congiunto delle due attività”.
Precisato preliminarmente che la norma europea prevede che i requisiti relativi alle professioni regolamentate sono ammessi solo nei limiti in cui siano giustificati per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione (di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità), la Corte ha argomentato la sua decisione sotto diversi profili.
Anzitutto, ha rilevato che “sebbene non si possa escludere che possa verificarsi una situazione di conflitto di interessi, in particolare quando le attività di mediazione immobiliare e di amministratore di condomini sono esercitate nei confronti di uno stesso bene o di beni comparabili, un tale rischio non è necessariamente destinato a realizzarsi in ogni circostanza, cosicché l’esistenza di un siffatto conflitto di interessi non si può presumere”. In secondo luogo, ha osservato che “il divieto in questione non sembra essere l’unica misura che consenta di garantire l’indipendenza e l’imparzialità della professione regolamentata di mediatore immobiliare”. Infatti, “misure meno lesive della libera prestazione di servizi rispetto a un divieto generale di esercizio congiunto delle due attività, come un divieto di esercizio congiunto di attività limitato al caso in cui si tratti di un medesimo bene immobile, e/o obblighi specifici di trasparenza e di informazione riguardanti tale esercizio congiunto, accompagnati da un controllo ex post da parte delle camere professionali competenti, possono consentire di garantire tale indipendenza e tale imparzialità”. Infine, con riguardo alla paventata impossibilità di verificare l’assenza di un conflitto di interessi in ciascuna transazione, ha evidenziato che ciò potrebbe ad esempio essere superato con esplicite dichiarazioni contenute negli atti di compravendita “secondo le quali l’agente immobiliare, agendo in qualità di mediatore, non esercita, al contempo, la funzione di amministratore del condominio di cui fa parte l’immobile acquistato”.
Nella circostanza i giudici dell’Ue non hanno mancato di sottolineare, comunque, che spetta, “in ultima analisi, al giudice nazionale, che è il solo competente a valutare i fatti e a interpretare il diritto nazionale, stabilire se i requisiti previsti dalla normativa nazionale corrispondano alle condizioni” poste dalla norma qua in esame. Ciò che ha portato la stessa Corte a chiarire che la sua attività, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, può essere diretta solo a “fornire al giudice del rinvio indicazioni utili, idonee a consentirgli di dirimere la controversia di cui è adito”.
La parola torna ora al Consiglio di Stato, chiamato ad esprimersi definitivamente sulla controversia.
da Confedilizia notizie, novembre ’24
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