L’impatto delle locazioni brevi sull’economia italiana: 7,9 miliardi di euro, di cui 3,3 di valore aggiunto
Le locazioni brevi non solo arricchiscono l’offerta turistica del nostro Paese, ma generano un impatto economico significativo, sfatando molti miti sulle presunte criticità legate a questo settore. Secondo uno studio del centro studi bolognese Nomisma, il valore della produzione del settore ha raggiunto i 7,9 miliardi di euro, confermandosi come una risorsa rilevante per l’economia italiana.
Il contributo delle locazioni brevi all’economia deriva da diverse componenti, si tratta della somma di diversi addendi: il fatturato annuo diretto dei proprietari e dei servizi che gravitano intorno agli appartamenti locati è di 3,8 miliardi, ma a questi va sommato un miliardo di impatto indiretto, composto, per esempio, dai fornitori dei prodotti per la pulizia degli alloggi. Ma non basta: va calcolato anche l’indotto, che vale 3,1 miliardi, generati dall’aumento della domanda prodotto dai redditi incamerati dai proprietari oppure dalla spesa sul territorio dei turisti aggiuntivi attirati dalle locazioni brevi.
Escludendo i costi sostenuti, l’impatto economico si traduce in un valore aggiunto di 3,3 miliardi di euro. I ricercatori di Nomisma hanno calcolato che, di fatto, ogni euro investito nel settore genera un ritorno di tre euro per l’economia.
L’impatto sul mondo del lavoro: 54.246 posti a tempo pieno in più
Più valore aggiunto significa anche più occupazione, con lavoratori part time, stagionali, occasionali o a tempo pieno, che hanno guadagnato un reddito grazie alle locazioni brevi. Nel 2023 le ore lavorate corrispondono a 54.246 posti a tempo pieno, il che implica che i benefici occupazionali sono stati molto più ampi. Gran parte di queste unità di lavoro, 32.288, sono un effetto diretto delle locazioni, dai gestori di portali agli addetti delle pulizie. 6.491 ne hanno beneficiato in modo indiretto, mentre 15.467 posti sono stati generati nell’indotto, in primis nel comparto della ristorazione.
È quest’ultimo, secondo Nomisma, il settore che vede l’impatto socio-economico più alto, pari al 31,9% di tutte le ricadute economiche e occupazionali delle locazioni brevi. Segue il comparto delle attività immobiliari, con il 14,9%, e poi dal commercio, con il 6,4%.
Un utilizzo limitato del patrimonio immobiliare
Tali benefici per l’economia italiana vengono raggiunti in realtà attraverso un utilizzo molto limitato del patrimonio immobiliare del Paese. Secondo Nomisma ad essere interessato da locazioni brevi è solo l’1,3% di tutti gli appartamenti esistenti, è una percentuale molto esigua anche se confrontata con quella delle cosiddette “seconde case” degli italiani, che rappresentano complessivamente il 7,4% dello stock abitativo nazionale. Se poi consideriamo solo quegli immobili che sono utilizzati esclusivamente per locazioni brevi e che vengono destinati all’alloggio turistico per più di 120 notti all’anno, si scende a una frazione minuscola, solo lo 0,11% delle case.
Naturalmente queste percentuali salgono nelle grandi città, ma non si raggiungono, come molti potrebbero pensare, cifre altissime: il dato più elevato è quello del centro storico di Firenze, dove gli appartamenti dedicati solo alle locazioni brevi sono il 6,1% del totale, mentre si scende al 4,5% nel centro di Roma e al 3,5% in quello di Venezia. Se consideriamo comunque l’intero territorio urbano di Firenze, Roma e Venezia queste percentuali crollano rispettivamente all’1,7%, allo 0,5% e all’1,4%.
Nessuna invasione, neanche nelle città turistiche
Non si scorge da questi numeri quell’invasione di cui sono piene le cronache e che vengono spesso utilizzate da alcuni amministratori locali per varare o proporre leggi punitive verso i proprietari che mettono sul mercato delle locazioni brevi il proprio immobile. Sempre a osservare i dati del rapporto Nomisma, il 77% di quanti locano un appartamento ne possiede solo uno, non di più, e generalmente non vivono dei proventi di questa locazione, che rappresentano piuttosto un arrotondamento rispetto alle entrate principali. Sempre per Nomisma, infatti, per il 49,8% dei proprietari quanto guadagnato con le locazioni brevi costituisce meno del 25% del loro reddito totale, per il 77,9% meno del 50%.
Il fatto poi che questo nuovo mercato sia concentrato soprattutto in alcune grandi città è un aspetto positivo, per vari motivi. In questi centri sono maggiormente presenti che altrove i giovani, principali beneficiari, diretti e indiretti, in campo occupazionale dell’espansione delle locazioni brevi, ma soprattutto è nelle città maggiori che è cresciuto di più il turismo negli ultimi 10 anni, è qui che l’afflusso di visitatori, molti stranieri, ha creato necessità e carenza di offerta.
A Roma e Venezia tra 2014 e 2023 i pernottamenti turistici sono cresciuti rispettivamente del 52,1% e del 26,5%, ma i posti letto alberghieri del 7,9% e del 7,4%; in entrambe le città nell’estate 2023 si sono toccati picchi di presenze tali da superare la capacità di accoglienza degli hotel del 17% nel caso di Venezia, e del 2% nel caso di Roma. A Firenze, invece, nonostante un aumento dei turisti più modesto (+3,8% le presenze tra 2014 e 2023) i pernottamenti sono arrivati a essere il 12% in più di quelli che i posti letti d’hotel avrebbero potuto accogliere.
È per questo che le locazioni brevi rappresentano una realtà aggiuntiva e complementare, più che sostitutiva, del settore tradizionale dell’accoglienza, il cui effetto netto è la generazione di crescita, redditi e lavoro laddove ce n’è più bisogno.
23.12.2024