SOMMARIO: a) Collocazione di inferriate; b) Colorazione delle persiane o degli infissi; c) Contorni lapidei; d) Distanze legali; e) Doppia finestra; f) Finestre delle scale; g) Insegna in un vano finestra; h) Installazione; i) Luci; l) modificazioni; m) Porte; n) Proprietà; o) Trasformazione in balcone o terrazzo; p) Trasformazione in porta; q) Vedute.
a) Collocazione di inferriate
La collocazione delle inferriate alle finestre di un’unità immobiliare sita in un condominio, è legittima in quanto si inserisca nella facciata dell’edificio senza cagionare mutamento delle linee architettoniche ed estetiche che provochi un pregiudizio economicamente valutabile o in quanto pur arrecando tale pregiudizio, si accompagni ad una utilità che compensi l’alterazione architettonica. (Nella specie all’installazione delle inferriate fa riscontro l’interesse dei condomini a tutelare la sicurezza dei propri beni e delle proprie persone).
* Corte app. civ. Milano, sez. I, 14 aprile 1989, Condominio di via Tantardini 15, Milano co. Scaletti e altra, in Arch. loc. e cond. n. 705/1989.
b) Colorazione delle persiane o degli infissi
In tema di condominio degli edifici, il mutamento della colorazione delle persiane esterne del fabbricato, che si ricolleghi alla esigenza di una più lunga conservazione degli infissi, e di una maggiore armonia architettonica con gli altri edifici della zona, configura innovazione rivolta al miglioramento della cosa comune (la facciata), ai sensi dell’art. 1120 primo comma c.c., e, pertanto, può essere validamente deliberato dall’assemblea dei condomini con la maggioranza indicata dal quinto comma dell’art. 1136 c.c., non occorrendo l’unanimità dei condomini.
* Cass. civ., sez. II, 7 novembre 1977, n. 4755.
Qualora alcuni condomini, nel procedere all’integrale ristrutturazione del proprio appartamento, abbiano installato nuovi infissi di una porta-finestra, di colore marroncino, mentre la maggioranza (ma non la totalità) degli infissi delle finestre ed aperture degli appartamenti dello stabile è di colore grigio chiaro (o beige), pur riconoscendo che esiste una qualche differenza fra il colore prescelto dai convenuti e quello dominante nell’edificio condominiale, tale comportamento non configura una difformità tale da integrare quell’«evidente contrasto con l’estetica del fabbricato» che il regolamento condominiale intenderebbe reprimere.
* Trib. civ. Milano, sez. VIII, 30 dicembre 1991, Cond. di via Diaz n. 5 di Melzo c. Carbone e altra, in Arch. loc. e cond. n. 131/1993.
c) Contorni lapidei
I contorni lapidei delle finestre di facciata di un appartamento condominiale sono destinati ad assicurare l’armonia architettonica della facciata esterna e conseguentemente, partecipando della peculiare funzione della facciata, costituiscono, al pari di questa, parte comune. Pertanto, le spese inerenti alla loro sostituzione devono essere poste a carico del condominio e suddivise in base ai criteri di una proporzionale attribuzione a tutti i condomini.
* Giud. conc. Prato, 11 aprile 1995, n. 49, Rotella c. Condominio Gardenia, in Arch. loc. e cond. n. 586/1996.
d) Distanze legali
L’apertura delle luci in un appartamento di proprietà esclusiva di un condominio edilizio, come l’esecuzione di manufatti (pensilina), rientra nel regime delle distanze legali, con la conseguenza che si applica anche sul piano possessorio la relativa disciplina e, pertanto, il condomino convenuto dal proprietario del piano soprastante per avere costruito una pensilina sulla propria terrazza in violazione delle norme sulle distanze dalla finestra dell’attore, non può validamente sostenere di aver agito in aderenza alle facoltà condominiali (feci sed iure feci) ex art. 1102 cod. civ., ancorché le vedute si aprano su un pozzo di luce condominiale.
* Cass. civ., sez. II,7 gennaio 1983, n. 129, Cascio c. Cardone.
L’art. 907 c.c. in tema di distanze delle costruzioni dalle vedute è applicabile anche nei rapporti tra condomini di un edificio non derogando l’art. 1102 c.c. al disposto del citato art. 907 c.c.
* Cass. civ., sez. II,2 ottobre 2000, n. 13012, Cannone Palumbo c. Lo Muscio Sibillano.
Le norme sulle distanze delle costruzioni dalle vedute si osservano anche nei rapporti tra condomini di un edificio in quanto l’art. 1102 c.c. non deroga al disposto dell’art. 907 c.c.
* Cass. civ., sez. II, 5 aprile 2000, n. 4190, Lioce c. Merlino.
e) Doppia finestra
In materia di condominio negli edifici, l’autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che pongano limitazioni nell’interesse comune ai diritti dei condomini, anche relativamente al contenuto del diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprietà, così costituendo degli oneri reali. (Nella specie si controverteva in ordine alla legittimità della realizzazione da parte di un condomino di una doppia finestra, mediante installazione di un secondo telaio a vetri sul lato esterno di una finestra del suo appartamento; la Suprema Corte ha rigettato il motivo di ricorso con cui si censurava la sentenza impugnata per avere ritenuto legittima l’opera in base ai criteri di cui agli artt. 1102 e 1122 c.c., in assenza, in concreto, di un pregiudizio al decoro architettonico dell’edificio, ma ha annullato la medesima sentenza per difetto di motivazione perché, nell’interpretare la clausola del regolamento condominiale contrattuale richiedente il consenso preventivo dell’assemblea condominiale per qualsiasi opera compiuta dai singoli condomini che potesse modificare la stabilità e lo stato di decoro dell’edificio, non aveva preso in esame l’ipotesi, prospettata dal condominio, che la stessa clausola, prevedendo l’obbligo di ripristino dello stato di fatto come sanzione per l’esecuzione delle modifiche in difetto di autorizzazione, stabilisse il principio dell’immodificabilità del fabbricato senza il consenso dell’assemblea).
* Cass. civ., sez. II, 21 maggio 1997, n. 4509, Cond. Le Rose in Brescia c. Barbiera.
f) Finestre delle scale
La sostituzione completa dei finestrini delle scale con la sostituzione della vetratura e dell’intera intelaiatura non può essere assolutamente considerata innovazione.
* Trib. civ. Milano, 4 febbraio 1993, in L’Ammin. 1993, n. 5.
g) Insegna in un vano finestra
Non configura un uso indebito di una parte comune dell’edificio l’installazione da parte di un condomino di un’insegna in un vano finestra del suo appartamento.
* Trib. civ. Roma, sez. V, 1 marzo 1986, n. 3085, Cond. di via Francesco De Sanctis n. 15, Roma c. Agostinelli, in Arch. loc. e cond. n. 150/1987.
h) Installazione
L’installazione di un nuovo tipo di finestre, in sostituzione di quelle precedenti, rilevando solo sotto il profilo dell’inopportunità, non può ritenersi, per ciò stesso, deliberata dall’assemblea condominiale in violazione della legge o del regolamento di condominio.
* Pret. civ. Lecce, 6 febbraio 1990, n. 50,Romano co. Condominio Ferrovieri, Via Rudiae, 1, Lecce, in Arch. loc. e cond. n. 359/1990.
i) Luci
Le modificazioni apportate da uno dei condomini agli infissi delle finestre del proprio appartamento in assenza della preventiva autorizzazione dell’assemblea condominiale prevista dal regolamento di condominio, valgono a far qualificare presuntivamente dette opere come abusive e pregiudizievoli al decoro architettonico della facciata dell’edificio ed a configurare l’interesse processuale del singolo condomino che agisca in giudizio a tutela della cosa comune. Né tale interesse può ritenersi escluso per la possibilità di una postuma convalida da parte dell’assemblea, perché l’esercizio del potere di azione non può trovare ostacolo nella aleatoria evenienza di una successiva convalida da parte dell’assemblea.
* Cass. civ., sez. II, 9 giugno 1988, n. 3927, Romano c. Degli Espositi.
l) Modificazioni agli infissi
Le modificazioni apportate da uno dei condomini agli infissi delle finestre del proprio appartamento in assenza della preventiva autorizzazione dell’assemblea condominiale prevista dal regolamento di condominio, valgono a far qualificare presuntivamente dette opere come abusive e pregiudizievoli al decoro architettonico della facciata dell’edificio ed a configurare l’interesse processuale del singolo condomino che agisca in giudizio a tutela della cosa comune. Né tale interesse può ritenersi escluso per la possibilità di una postuma convalida da parte dell’assemblea, perché l’esercizio del potere di azione non può trovare ostacolo nella aleatoria evenienza di una successiva convalida da parte dell’assemblea.
* Cass. civ., sez. II, 9 giugno 1988, n. 3927, Romano c. Degli Espositi.
m) Porte
Poiché le porte sono destinate in generale all’accesso ai locali e all’uscita da essi, un’eventuale loro congiunta destinazione funzionale a veduta deve risultare da elementi non equivoci che denuncino stabilmente tale ulteriore funzione la quale non può desumersi dal fatto che al momento della loro apertura e chiusura esse possano permettere occasionalmente di guardare sui fondi circostanti.
* Cass. civ., sez. II, 5 novembre 1990, n. 10603, Agostaro c. Tornabene.
n) Proprietà
Se una finestra, pur aprendosi esternamente su un muro perimetrale comune, internamente si apre nel perimetro di un’area di proprietà esclusiva, appartiene esclusivamente al proprietario di quest’area, pur se le aree altrui, contigue e non separate, ne ricevono la luce; pertanto se il proprietario di tale area esercita la facoltà di chiuderla (art. 841 c.c.) – nella specie erigendovi una parete – è irrilevante che da ciò derivi la perdita di luce dalla finestra per le predette aree contigue.
* Cass. civ., sez. II, 14 marzo 1997, n. 2267, Habeler Baghin D. e altro c. Cecchin G.
o) Trasformazione in balcone o terrazzo
La trasformazione in balcone o terrazzo, ad opera di un condomino, di una o più finestre del suo appartamento, all’uopo ampliando le aperture esistenti, a livello del suo appartamento, nel muro perimetrale comune, ed innestando a questo lo sporto di base del balcone-terrazzo non importano una innovazione della cosa comune a norma dell’art. 1120 cod. civ. bensì soltanto quell’uso individuale della cosa comune, il cui ambito e i cui limiti sono disciplinati dagli artt. 1102 e 1122 cod. civ.
* Cass. civ., sez. II, 23 aprile 1980, n. 2676, Ascari c. Santini.
La trasformazione in balcone o terrazza, ad opera di un condomino, di una o più finestre del suo appartamento, all’uopo ampliando le finestre esistenti, a livello del suo appartamento, nel muro perimetrale comune e innestando in questo lo sporto di base del balcone terrazza, non importano una innovazione della cosa comune, a norma dell’art. 1120 c.c., bensì soltanto quell’uso individuale della cosa comune il cui ambito ed i cui limiti sono disciplinati dagli artt. 1102 e 1122 c.c.; accertare se detto ambito e detti limiti siano stati in concreto rispettati o meno è compito del giudice di merito.
* Cass. civ., sez. II, 31 maggio 1990, n. 5122, Colacicco c. Testa.
p) Trasformazione in porta
La modifica di una finestra in una porta-finestra, per accedere da un’area rimasta in comune tra proprietari di unità abitative di proprietà esclusiva, ad una di queste, configura un asservimento del bene comune all’immobile esclusivo soltanto se detta area è del tutto avulsa dalle singole unità immobiliari e perciò non si inserisce in una più ampia situazione di condominialità. Diversamente, se l’area è strettamente funzionale al miglior godimento delle proprietà individuali, la trasformazione può esser inquadrata in una utilizzazione della cosa comune, ai sensi dell’art. 1102 c.c., nel qual caso è necessario valutare se con l’apertura della porta-finestra il condomino realizza una migliore utilizzazione dell’area, ovvero se ne altera la destinazione, e comunque se vi è compatibilità con il pari diritto degli altri partecipanti. Pertanto il giudice del merito deve prioritariamente accertare se sussiste l’una o l’altra situazione di fatto e poi derivarne le rispettive conseguenze giuridiche.
* Cass. civ., sez. II, 1 dicembre 2000, n. 15390, Sobrero ed altri c. Bagnasco.
Nel caso in cui un regolamento condominiale vieti espressamente di intraprendere alcuna opera esterna che modifichi l’architettura e l’estetica del fabbricato, è da ritenersi illecita la trasformazione di una finestra in porta di accesso alla pubblica via operata in una facciata connotata da indubbio pregio artistico.
* Corte app. civ. Milano, 6 marzo 1992, n. 4, in Arch. loc. e cond. n. 435/1992.
q) Vedute
Affinché sussista una veduta, a norma dell’art. 900 c.c., è necessario, oltre al requisito della inspectio anche quello della prospectio nel fondo del vicino, dovendo detta apertura non solo consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, vale a dire di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, così assoggettando il fondo alieno ad una visione mobile e globale.
* Cass. civ., Sezioni Unite, 28 novembre 1996, n. 10615, Soc. Renée c. Condominio v. Borgognona 12, Roma, in Arch. loc. e cond. n. 57/1997.
È infondata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 907 c.c., nella parte in cui preclude al giudice ogni bilanciamento tra l’obiettiva funzione di tutela della riservatezza della costruzione e la difesa della veduta spettante al proprietario limitrofo.
* Corte cost., 22 ottobre 1999, n. 394, c.c. 7 luglio 1999, Marasca ed altra c. Borioni ed altri, in Arch. loc. e cond. n. 25/2000.
Al fine di configurare una veduta da terrazze, lastrici solari e simili, è necessario che queste opere, oggettivamente considerate, abbiano quale destinazione normale e permanente, anche se non esclusiva, quella di rendere possibile l’affacciarsi sull’altrui fondo vicino, così da determinare il permanente assoggettamento al peso della veduta; e non occorre che tali opere siano sorte per l’esclusivo scopo dell’esercizio della veduta, essendo sufficiente che esse, per l’ubicazione, la consistenza e la struttura, abbiano oggettivamente la detta idoneità.
* Cass. civ., sez. II, 17 novembre 1990, n. 11125, De Carlo c. Console.
Il pregiudizio consistente nella diminuzione o esclusione del panorama goduto da un appartamento e tutelato dalle norme urbanistiche, secondo determinati standard edilizi a norma dell’art. 872 c.c., costituisce un danno ingiusto, come tale risarcibile, la cui prova va offerta in base al rapporto tra il pregio che al panorama goduto riconosce il mercato ed il deprezzamento commerciale dell’immobile susseguente al venir meno o al ridursi di tale requisito. Tale giudizio, siccome si risolve nell’accertamento di fatti rilevabili o valutabili con l’ausilio di specifiche cognizioni tecniche, esige l’indagine essenzialmente critica e valutativa tipica della consulenza tecnica.
* Cass. civ., sez. II, 18 aprile 1996, n. 3679, Sagliocco c. Montesi e altri, in Arch. loc. e cond. n. 917/1996.
Anche nell’ambito di un condominio si rendono configurabili e tutelabili l’esistenza e l’esercizio di una servitù di veduta a favore della singola porzione di proprietà esclusiva ed a carico di un’altra.
* Cass. civ., sez. II, 26 novembre 1999, n. 13196, Occhionero ed altra c. Alfieri ed altra.
I proprietari dei singoli piani di un edificio in condominio hanno il diritto di non subire, a causa della costruzione eseguita nella parte esterna dell’edificio da altro condomino, una diminuzione oltre che nel godimento dell’aria e della luce anche della possibilità incondizionata di esercitare dalle proprie aperture le vedute in appiombo sino alla base dell’edificio, senza che possa rilevare la lieve entità del pregiudizio arrecato.
* Cass. civ., sez. II, 8 settembre 1986, n. 5464, Pulvirenti c. Reitano.
Il proprietario del singolo piano di un edificio condominiale ha diritto di esercitare dalle proprie aperture la veduta in appiombo fino alla base dell’edificio e di opporsi, conseguentemente, ad ogni costruzione degli altri condomini che direttamente o indirettamente pregiudichi l’esercizio di tale suo diritto, senza che possa rilevare la lieve entità del pregiudizio arrecato.
* Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 1997, n. 1261, Mengucci c. Pavone.
A norma dell’art. 900 c.c. per veduta-prospetto deve intendersi l’apertura destinata per sua normale e prevalente funzione a guardare e ad affacciarsi verso il fondo del vicino, cioè le finestre, i balconi, le terrazze e simili, mentre tale qualifica non spetta, di regola, ad altri manufatti, portoni, ballatoi ecc., destinati principalmente all’ingresso e al passaggio delle persone e non a consentire la sosta e l’affaccio verso il fondo altrui.
* Cass. civ., sez. II, 3 gennaio 1992, n. 2, Catalano c. Lo Verde.
La veduta laterale, che ricorre quando il confine del fondo del vicino ed il muro dal quale si esercita la veduta formano un angolo di 180 gradi, può essere esercitata, oltre che di lato, anche in basso, verticalmente, assumendo, così, le caratteristiche della veduta in appiombo, che deve, perciò, considerarsi espressamente ammessa dal codice civile che, proprio per specificare i limiti normali di tale veduta (e della veduta obliqua in basso), impone a colui che vuole appoggiare la nuova costruzione al muro da cui si esercita la veduta di arrestarsi almeno a tre metri sotto la soglia della medesima (art. 907 c.c.). Ricorre, conseguentemente, la servitù di veduta in appiombo tutte le volte in cui, per i maggiori contenuti della zona di rispetto prevista nel caso concreto, essa determini, per il fondo sul quale si esercita verticalmente, una restrizione dei poteri normalmente inerenti al diritto di proprietà delineati dalle norme sulle distanze, risolvendosi così in un peso imposto a tale fondo per il vantaggio (utilità) del fondo dal quale la veduta si esercita, come nel caso delle vedute esercitate anche verticalmente dai proprietari dei singoli piani di un edificio condominiale dalle rispettive aperture fino alla base dell’edificio.
* Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 1997, n. 1261, Mengucci c. Pavone.
RASSEGNA TEMATICA DI GIURISPRUDENZA LOCATIZIA E CONDOMINIALE
Con la collaborazione della redazione dell’Archivio delle locazioni, del condominio e dell’immobiliare
della Casa editrice La Tribuna.
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