SOMMARIO: a) Legittimazione attiva; b) Legittimazione passiva.
a) Legittimazione attiva
Nell’ipotesi del supercondominio, la legittimazione degli amministratori di ciascun condominio per gli atti conservativi, riconosciuta dagli artt. 1130 e 1131 c.c., si riflette, sul piano processuale, nella facoltà di richiedere le necessarie misure cautelari soltanto per i beni comuni all’edificio rispettivamente amministrato, non anche per quelli facenti parte del supercondominio, che, quale accorpamento di due o più singoli condominii per la gestione di beni comuni, deve essere gestito attraverso le decisioni dei propri organi, e, cioè, l’assemblea composta dai proprietari degli appartamenti che concorrono a formarlo e l’amministratore del supercondominio.
* Cass. civ., sez. II, 26 agosto 2013, n. 19558, Abruzzo c. Condominio Via Soldani 34 ed altri, in Arch. Loc. e Cond. n. 1/2014.
Deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione proposto dall’amministratore del condominio, senza la preventiva autorizzazione assembleare, eventualmente richiesta anche in via di ratifica del suo operato, in ordine ad una controversia riguardante i crediti contestati del precedente amministratore revocato, in quanto non rientrante tra quelle per le quali l’organo amministrativo è autonomamente legittimato ad agire ai sensi degli artt. 1130 e 1131, primo comma, c.c.. Né può essere concesso il termine per la regolarizzazione ai sensi dell’art. 182 c.p.c., ove, come nella specie, l’udienza di discussione, in precedenza fissata, sia stata differita proprio sul rilievo della pendenza della questione dei poteri dell’amministratore all’esame delle Sezioni Unite della Corte di cassazione e la decisione di quest’ultima sia intervenuta ben prima della nuova udienza.
* Cass. civ., sez. II, 31 gennaio 2011, n. 2179, Cond. via Cavallerizza Chiaia 46 Napoli c. Pipitone.
L’amministratore di condominio, in base al disposto dell’art. 1131, secondo e terzo comma, c.c., può anche costituirsi in giudizio ed impugnare la sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione a tanto dall’assemblea, ma dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea per evitare pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione.
*Cass. civ., sez. un., 6 agosto 2010 n. 18331, Cond. sito in Roma R.S. ed altra.
La legittimazione ad agire dell’amministratore del condominio in caso di pretese concernenti l’esistenza, il contenuto o l’estensione dei diritti spettanti ai singoli condomini in virtú degli atti di acquisto delle singole proprietà (diritti che restano nell’esclusiva disponibilità dei titolari) può trovare fondamento soltanto nel mandato da ciascuno di questi ultimi al medesimo conferito, e non già, ad eccezione dell’equivalente ipotesi di unanime positiva deliberazione di tutti i condòmini, nel meccanismo deliberativo dell’assemblea condominiale, che vale ad attribuire, nei limiti di legge e di regolamento, la mera legittimazione processuale ex art. 77 c.p.c., presupponente peraltro quella sostanziale. Ne consegue che, in assenza del potere rappresentativo in capo all’amministratore in relazione all’azione contrattuale esercitata, la mancata costituzione del rapporto processuale per difetto della legittimazione processuale inscindibilmente connessa al potere rappresentativo sostanziale mancante (vizio a tale stregua rilevabile anche d’ufficio, pure in sede di legittimità) comporta la nullità della procura alle liti, di tutti gli atti compiuti, e della sentenza impugnata.
* Cass. civ., sez. II, 26 aprile 2005, n. 08570, Imm. None S.r.l. c. Cond. Via Somalia 108/23 Torino ed altro.
Il condominio di edifici si costituisce ipso iure nel momento in cui si realizza il frazionamento dell’edificio da parte dell’unico originario proprietario pro indiviso, con la vendita in proprietà esclusiva, ad uno o più soggetti diversi, di piani o porzioni di piano; da quel momento in poi sussiste la legittimazione attiva del condominio, e per esso del suo amministratore, in tutte le controversie che abbiano ad oggetto la rivendica di parti comuni.
* Cass. civ., sez. II, 19 febbraio 2004, n. 3257, De Pascalis c. Cond. Kennedy Trepuzzi.
In tema di condominio, le azioni reali da esperirsi contro i singoli condòmini o contro terzi e dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela dei diritti reali dei condòmini su cose o parti dell’edificio condominiale che esulino dal novero degli atti meramente conservativi (al cui compimento l’amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1130 n. 4 c.c.) possono essere esperite dall’amministratore solo previa autorizzazione dell’assemblea, ex art. 1131 comma primo, c.c., adottata con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 stesso codice. Ove si tratti, invece, di azioni a tutela dei diritti esclusivi dei singoli condòmini, la legittimazione dell’amministratore trova il suo fondamento soltanto nel mandato a lui conferito da ciascuno dei partecipanti alla comunione, e non anche nel predetto meccanismo deliberativo dell’assemblea condominiale ‑ ad eccezione della (in tal caso equivalente) ipotesi di unanime deliberazione di tutti i condòmini ‑ atteso che il potere di estendere il dominio spettante ai singoli condòmini in forza degli atti di acquisto delle singole proprietà (come nel caso di specie, relativo a domanda di rivendica proposta dall’amministratore per usucapione di un’area finitima al fabbricato) è del tutto estraneo al meccanismo deliberativo dell’assemblea condominiale e può essere conferito, pertanto, solo in virtù di un mandato speciale rilasciato da ciascuno dei condòmini interessati.
* Cass. civ., sez. II, 3 aprile 2003, n. 5147.
In tema di condominio di edifici, colui che agisce in giudizio in nome del condominio deve dare la prova, in caso di contestazione, della veste di amministratore e, quando la causa esorbita dai limiti di attribuzione stabiliti dall’art. 1130 c.c., di essere autorizzato a promuovere l’azione contro i singoli condòmini o terzi. Tale onere probatorio è da ritenersi assolto con la produzione della delibera dell’assemblea condominiale dalla quale risulti che egli è l’amministratore e che gli è stato conferito mandato a promuovere l’azione giudiziaria, mentre in caso di mancata contestazione, la persona fisica costituita in giudizio che rilasci il mandato al difensore nella qualità di legale rappresentante dell’ente di gestione, non ha l’onere di dimostrare tale veste.
* Cass. civ., sez. II, 25 ottobre 2001, n. 13164.
Il nuovo amministratore di un condominio è legittimato ad agire nei confronti del precedente per la restituzione dei documenti occorrenti all’esercizio della gestione condominiale senza necessità di essere autorizzato con delibera assembleare perché la legittimazione attiva processuale, conferita dall’art. 1130 c.c. per lo svolgimento delle attribuzioni ivi previste ‑ esecuzione delle delibere dell’assemblea, cura dell’osservanza del regolamento di condominio, amministrazione delle cose, degli impianti, dei servizi comuni, conservazione e manutenzione di essi, disciplina del loro uso e riscossione dei contributi ‑ comprende quella prioritaria ed indispensabile per l’espletamento dei singoli momenti gestori, tra cui il recupero della documentazione relativa alla gestione precedente.
* Cass. civ., sez. II, 3 dicembre 1999, n. 13504.
L’amministratore di un condominio, per conferire la procura al difensore al fine di agire poi in giudizio nell’ambito delle attribuzioni previste dall’art. 1130 c.c., non ha bisogno dell’autorizzazione dell’assemblea dei condòmini con la conseguenza che un’eventuale delibera sul punto, avendo il significato di mero assenso alla scelta effettuata dall’amministratore, non necessita, per la validità della procura stessa, che sia adottata dalla maggioranza dei condòmini.
* Cass. civ., sez. II, 3 dicembre 1999, n. 13504.
L’amministratore del condominio è legittimato senza la necessità di una specifica autorizzazione assembleare ad agire in giudizio nei confronti dei singoli condòmini e di terzi al fine di: a) eseguire le deliberazioni dell’assemblea del condominio; b) disciplinare l’uso delle cose comuni così da assicurarne il godimento a tutti i condòmini; c) riscuotere dai condòmini i contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea; d) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio. Quando la controversia esorbita dai limiti indicati e riguarda obblighi esclusivi dei singoli condòmini la rappresentanza ope legis è esclusa.
* Cass. civ., sez. II, 24 settembre 1997, n. 9378, Condominio Residence du Parc Ospedaletti c. Soc. Grc.
La legittimazione ad agire dell’amministratore del condominio nel caso di azioni reali concernenti l’esistenza, il contenuto o l’estensione dei diritti spettanti ai singoli condòmini in virtù dei rispettivi acquisti ‑ diritti che restano nell’esclusiva disponibilità dei titolari ‑ può trovare fondamento soltanto nel mandato conferito all’amministratore da ciascuno dei partecipanti e non nel meccanismo deliberativo dell’assemblea condominiale, ad eccezione delle equivalenti ipotesi di una unanime positiva deliberazione di tutti i condòmini. (Fattispecie di domanda riconvenzionale di accertamento dell’acquisto per usucapione da parte del condominio di un bene rivendicato da un terzo).
* Cass. civ., sez. II, 29 agosto 1997, n. 8246, Condominio di Via S. Benedetto n. 57 in Cagliari c. Soc. Aic.
L’obbligo di comunicazione imposto all’amministratore del condominio dal terzo comma dell’art. 1131 c.c., rilevante solo all’interno del rapporto tra la collettività dei condòmini e l’amministratore stesso, come non incide sulla deducibilità e rilevabilità d’ufficio della carenza di legittimazione passiva del condominio convenuto in persona dell’amministratore con citazione il cui contenuto esorbita dalle funzioni di quest’ultimo, così non rileva ai fini della legittimazione attiva dell’amministratore, la quale, ai sensi dell’art. 1130 e del primo comma dell’art. 1131 c.c., va verificata in base all’inclusione della tutela giurisdizionale richiesta nei limiti delle normali attribuzioni dell’amministratore quali stabilite dalla legge o dal regolamento di condominio, o alla sua eccedenza dai detti limiti, nel quale caso è necessaria l’autorizzazione dell’assemblea o il mandato espresso dei condòmini. (Nella specie, è stato ritenuto che, in difetto di delibera autorizzativa dell’assemblea, l’amministratore del condominio fosse carente di legittimazione a proporre un’azione reale a difesa di un diritto parziario su un fondo contiguo di proprietà di terzi, trattandosi di azione a finalità non meramente conservativa ed esulante dalle normali attribuzioni dell’amministratore).
* Cass. civ., sez. II, 9 febbraio 1995, n. 1460, Condominio Piazzale Divina Provvidenza n. 3 ed altri c. Casiello ed altro.
Dal combinato disposto degli artt. 1130 e 1131 primo comma c.c. si evince che, al di fuori delle ipotesi di maggiori poteri attribuitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, l’amministratore può agire in giudizio senza che occorra una apposita autorizzazione solo nell’ambito delle attribuzioni conferitegli dalla legge ‑ e propriamente dall’art. 1130 — le quali concernono in generale l’amministrazione ordinaria e, per quanto attiene specificamente ai lavori e alle opere relative alle parti comuni dell’edificio condominiale, soltanto quelli rientranti nella cosiddetta manutenzione ordinaria. Ne consegue che la rappresentanza processuale attiva del condominio, anche in assenza di una apposita deliberazione dell’assemblea dei condòmini, per le controversie nascenti da un contratto di appalto non può farsi discendere dal solo fatto che l’amministratore abbia stipulato in nome e per conto del condominio il contratto cui la controversia si riferisce, anche se l’oggetto di esso ecceda le sue normali attribuzioni come conferitegli dalla legge, ove non risulti che la stipulazione del contratto stesso sia stata autorizzata o comunque approvata mediante ratifica dall’assemblea dei condòmini.
* Cass. civ., sez. II, 22 novembre 1990, n. 11272, Inchingolo c. Cond. P. Mercato.
I poteri dell’amministratore nella rappresentanza attiva del condominio in giudizio sono soggetti agli stessi limiti ai quali soggiacciono i suoi poteri di carattere sostanziale, indicati nell’art. 1131 c.c. Pertanto, allorché la lite abbia per suo oggetto congiuntamente diritti condominiali e diritti dei singoli, devono stare in giudizio anche tutti i condòmini interessati, sicché per legittimare l’attività del solo amministratore del condominio è necessario il conferimento di uno specifico mandato con rappresentanza da parte dei singoli condòmini.
* Cass. civ., sez. II, 9 ottobre 1975, n. 3198.
b) Legittimazione passiva
In tema di condominio negli edifici, l’amministratore può resistere all’impugnazione della delibera assembleare e può gravare la relativa decisione del giudice, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, giacché l’esecuzione e la difesa delle deliberazioni assembleari rientra fra le attribuzioni proprie dello stesso.
* Cass. civ., sez., II, 23 gennaio 2014, n. 1451, c. Falcone.
L’amministratore del condominio costituito convenzionalmente, ai sensi dell’art. 15 del d.l.vo 30 marzo 1990, n. 76, per gli immobili distrutti o da demolire o da riparare in conseguenza degli eventi sismici di cui al medesimo decreto, è legittimato passivamente in relazione alle controversie concernenti l’esecuzione dei lavori di ricostruzione o riparazione oggetto delle delibere adottate dal condominio stesso, essendo ciò conforme alle ragioni acceleratrici della normativa sulla ricostruzione, che postulano un amministratore munito dei poteri di rappresentanza di cui all’art. 1131 c.c..
* Cass. civ., sez. II, 13 giugno 2013, n. 14899, Torella ed altri c. Manoni.
L’amministratore di condominio cessato dalla carica conserva una limitata legittimazione passiva a resistere alle pretese fatte valere nei confronti dell’ente di gestione, in forza di una “prorogatio” dei poteri che si esaurisce con la nomina del nuovo amministratore. Pertanto, successivamente a tale evento, l’amministratore cessato e sostituito non ha l’obbligo né il potere di costituirsi in giudizio per difetto dell’interesse a contraddire, permanendo a suo carico solo l’obbligo di dare notizia al nuovo amministratore delle pretese azionate in giudizio, mediante comunicazione dell’atto notificato, attesa la conservazione di un dovere di diligenza, anche dopo l’estinzione del mandato, in relazione ai fatti verificatisi nell’epoca di operatività del mandato stesso o comunque ad esso collegabili.
* Cass. civ., sez. VI, 4 luglio 2011, n. 14589, Corsaro Santi c. Arena ed altro.
Ai sensi dell’art.1131 secondo comma c.c., la legittimazione passiva dell’amministratore del condominio a resistere in giudizio, esclusiva o concorrente con quella dei condomini, non incontra limiti e sussiste anche in ordine alle azioni di natura reale relative alle parti comuni dell’edificio, promosse contro il condominio da terzi o anche dal singolo condomino; in tal caso, l’amministratore ha il solo obbligo, di mera rilevanza interna e non incidente sui suoi poteri rappresentativi processuali, di riferire all’assemblea, con la conseguenza che la sua presenza in giudizio esclude la necessità del litisconsorzio nei confronti di tutti i condòmini.
* Cass. civ., sez. II, 10 novembre 2010, n. 22886, Cond. Il Cardo Campitello di Fassa c. Il Feudo Due S.r.l.
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opponente ha la posizione processuale del convenuto; pertanto l’amministratore di condominio che proceda a tale opposizione non ha la necessità di essere autorizzato dall’assemblea condominiale, ai sensi dell’art. 1131, secondo comma, c.c..
* Cass. civ., sez. II, 24 maggio 2010, n. 12622, Lancerotto c. Cond. via Vespucci 75, 77, 79, via Raffaello.
La rappresentanza attribuita all’amministratore del condominio dall’art. 1131, secondo comma, c.c., rispetto a qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio, non si estende all’azione di scioglimento del condominio prevista dagli artt. 61 e 62 att. c.c.; questa, avendo ad oggetto la modificazione di un diritto reale, si svolge in un giudizio al quale debbono partecipare tutti i soggetti che per le rispettive quote ne sono titolari, ossia i condòmini del precedente condominio complesso.
* Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 2008, n. 1460, Barbieri ed altri c. Cond. Incanto Via Don Milani 11/13 ed altri.
In tema di condominio negli edifici, la legittimazione passiva dell’amministratore sulle cause concernenti le parti comuni sussiste anche nei confronti della domanda, proposta in via riconvenzionale, con cui un condomino chiede di essere dichiarato proprietario esclusivo di un bene che, in base all’art. 1117 c.c., dovrebbe considerarsi di proprietà comune.
* Cass. civ., sez. II, 13 dicembre 2006, n. 26681, Le Alte Ville Residenziali Fiorite S.r.l. c. Cond. Via Melanesia 23 Lido Ostia.
Ai sensi dell’art. 1131, secondo comma, c.c., l’amministratore del condominio è passivamente legittimato a stare in giudizio nella controversia promossa dal singolo condomino per l’annullamento di una delibera assembleare di attribuzione dei posti auto su uno spazio comune, senza necessità che, al relativo giudizio, partecipino i condomini, i quali hanno soltanto la facoltà di intervenire.
* Cass. civ., sez. II, 17 luglio 2006, n. 16228, Garini c. Cond. Via Scarpa 15 Pavia.
In tema di controversie condominiali, la legittimazione dell’amministratore del condominio dal lato passivo ai sensi dell’art. 1131, secondo comma, c.c. non incontra limiti e sussiste, anche in ordine all’interposizione d’ogni mezzo di gravame che si renda eventualmente necessario, in relazione ad ogni tipo d’azione, anche reale o possessoria, promossa nei confronti del condominio da terzi o da un singolo condòmino (trovando in tanto ragione nell’esigenza di facilitare l’evocazione in giudizio del condominio, quale ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condòmini) in ordine alle parti comuni dello stabile condominiale, tali dovendo estensivamente ritenersi anche quelle esterne, purché adibite all’uso comune di tutti i condòmini. Ne consegue che, in presenza di domanda di condanna all’eliminazione d’opere (nel caso, varco nel muro di cinta condominiale aperto per consentire ai condòmini l’esercizio del passaggio sulla strada di proprietà dei confinanti), ai fini della pregiudiziale decisione concernente la negatoria servitutis non è necessaria l’integrazione del contraddittorio, dalla legge non richiesta per tale tipo di pronunzia, che bene è pertanto resa nei confronti del condominio rappresentato dall’amministratore, dovendo in tal caso essere essa intesa quale utilitas afferente all’intero edificio condominiale e non già alle singole proprietà esclusive dei condòmini. Ne consegue altresì che, poiché l’esistenza di un organo rappresentativo unitario dell’ente, quale l’amministratore, non priva i singoli condòmini della facoltà di agire in giudizio a difesa dei diritti esclusivi e connessi inerenti l’edificio condominiale, ciascun condòmino è d’altro canto legittimato ad impugnare personalmente, anche mediante ricorso per cassazione, la sentenza sfavorevole emessa nei confronti della collettività condominiale. (In applicazione dei suindicati principi, nel cassare la sentenza della corte di merito che, in presenza d’impugnazione della sola pronunzia sulla negatoria servitutis e a prescindere quindi dal merito, aveva disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condòmini, la Corte di Cassazione ha affermato che la partecipazione di questi ultimi, concorrente con quella dell’amministratore, si rende semmai necessaria nella diversa ipotesi di pronunzia emessa sia sulla questione pregiudiziale d’accertamento dell’inesistenza della servitù evocata con la proposizione della negatoria servitutis che sul merito domanda di rimozione dell’opera sulla cosa comune integrante la servitù in presenza di proposizione congiunta di entrambe le questioni).
* Cass. civ., sez. II, 4 maggio 2005, n. 9206, Florio c. Antenucci.
Spetta all’amministratore del condominio in via esclusiva la legittimazione passiva a resistere nei giudizi promossi dai condomini per l’annullamento delle delibere assembleari, con la conseguenza che in tali casi egli non necessita di alcuna autorizzazione dell’assemblea per proporre le impugnazioni nel caso di soccombenza del condominio.
* Cass. civ., sez. II, 20 aprile 2005, n. 8286, Serafini ed altro c. Cond. Via Dell’Orso 28 Roma ed altro.
Ai sensi dell’art. 1131 c.c., l’amministratore condominiale è passivamente legittimato a stare in giudizio in tutte le controversie che abbiano ad oggetto i servizi e i beni comuni (quale quella avente ad oggetto la pretesa illegittimità dell’avvenuta soppressione del servizio di portierato), controversie rispetto alle quali sono legittimati ad intervenire anche i singoli condòmini.
* Cass. civ., sez. II, 28 aprile 2004, n. 8139, Gallo F. ed altro c. Cond. Via Card. Mimmi 28.
Il condominio può essere citato in giudizio per qualsiasi azione che abbia come oggetto parti comuni, anche se si tratti di quelle per le quali tale natura sia stata attribuita dal regolamento, comprese le azioni reali promosse perché sia dichiarata la comproprietà di una o più cose, la cui titolarità, in base ai titoli di acquisto, risulti di alcuni soltanto dei proprietari degli appartamenti dell’edificio.
* Cass. civ., sez. II, 11 novembre 2002, n. 15794.
Ai sensi dell’art. 1131 c.c. il terzo che vuol far valere in giudizio un diritto nei confronti del condominio ha l’onere di chiamare in giudizio colui che ne ha la rappresentanza sostanziale e secondo la delibera dell’assemblea dei condòmini, e pertanto non può tener conto di risultanze derivanti da documenti diversi dal relativo verbale: ciò in quanto il principio dell’apparenza del diritto è inapplicabile alla rappresentanza nel processo, essendo in quest’ultimo escluso sia il mandato tacito, sia l’utile gestione. ne deriva che la notifica di un atto processuale ad un soggetto che non sia stato nominato amministratore del condominio, è giuridicamente inesistente, mancando il presupposto della sua legittimazione processuale.
* Cass. civ., sez. III, 4 gennaio 2002, n. 65.
In tema di condominio negli edifici, con riguardo alle controversie attinenti a cose, impianti o servizi appartenenti, per legge o per titolo, soltanto ad alcuni dei proprietari dei piani o degli appartamenti siti nell’edificio (cosiddetto «condominio parziale»), non sussiste difetto di legittimazione passiva in capo all’amministratore dell’intero condominio, quale unico soggetto fornito, ai sensi dell’art. 1131 c.c., di rappresentanza processuale in ordine a qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio (salva, eventualmente, la restrizione degli effetti della sentenza, nell’ambito dei rapporti interni, ai soli condòmini interessati).
* Cass. civ., sez. II, 21 gennaio 2000, n. 651.
L’art. 1131, secondo comma c.c. prevede la legittimazione passiva dell’amministratore in ordine ad ogni lite che riguardi le parti comuni dell’edificio. Consegue che con riferimento alla domanda con la quale un condomino chiede che venga accertata la proprietà esclusiva di parte del sottotetto, quale proiezione verso l’alto del proprio appartamento, viene meno la legittimazione passiva dell’amministratore, dovendo la causa, riguardante l’estensione del diritto dei singoli condòmini in dipendenza dei rispettivi acquisti, svolgersi nei confronti di tutti i condòmini.
* Cass. civ., sez. II, 19 maggio 1999, n. 4845, Montebugnoli ed altri c. Condominio di via Dell’Argin Grosso 105.
L’amministratore del condominio, ai sensi dell’art. 1131 c.c., può essere convenuto in giudizio in rappresentanza dei condòmini per qualunque azione, anche di natura reale, concernente le parti comuni dell’edificio.
* Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 1995, n. 735, Nicolai c. Caleffi.
Il limite della legittimazione processuale passiva dell’amministratore del condominio (nonché dei cosiddetti complessi residenziali ad esso assimilabili per la destinazione all’uso e servizio comune dei beni di edifici contigui), costituito, a norma dell’art. 1131 c.c., dall’inerenza delle azioni proposte alle parti comuni dell’edificio, deve essere inteso in senso estensivo, così da comprendere nel concetto di parti comuni tutte le parti materiali comunque destinate all’uso comune dei condòmini, anche se ubicate all’esterno dello stabile condominiale. Ne consegue che la legittimazione passiva ad processum dell’amministratore ricorre ogni qual volta sia in gioco l’interesse comune dei partecipanti alla comunione, cioè un interesse che costoro possono vantare solo in quanto tali, in antitesi con l’interesse individuale di un singolo condomino, ovvero di un terzo estraneo alla comunione.
* Cass. civ., sez. II, 19 gennaio 1985, n. 145.
Il limite della legittimazione passiva dell’amministratore del condominio, costituito, a norma dell’art. 1131 c.c., dall’inerenza delle azioni proposte alle parti comuni dell’edificio, deve essere inteso in modo da ricomprendere nel concetto di parti comuni qualsiasi bene, anche se non condominiale, rispetto al quale venga in considerazione un interesse che i condòmini vantino o ritengano di poter vantare in quanto tali. Ne consegue che ricorre la legittimazione passiva ad processum dell’amministratore rispetto all’azione di spoglio esperita da un terzo, in riferimento ad un terreno ubicato all’esterno dello stabile condominiale, a fronte dei lavori intrapresi dai condòmini sullo stesso, in attuazione dell’interesse, a loro prossimo e comune, alla sistemazione dell’area verde vicina a detto stabile.
* Cass. civ., sez. II, 5 aprile 1982, n. 2091.
RASSEGNA TEMATICA DI GIURISPRUDENZA LOCATIZIA E CONDOMINIALE
Con la collaborazione della redazione dell’Archivio delle locazioni, del condominio e dell’immobiliare
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