Affitti brevi: nuova batosta in arrivo. Il rischio dell’Iva al 22%
L’allarme era stato già lanciato a metà dell’anno scorso da Confedilizia, ma ora il rischio sta diventando sempre più concreto: presto, i proprietari di casa che affittano il loro appartamento per periodi brevi, avvalendosi di piattaforme online, potrebbero dover applicare l’Iva al 22%.
Il rischio deriva da una proposta, sul tavolo delle istituzioni europee, volta a modificare la Direttiva 2006/112/Ce sulle norme Iva nell’era digitale.
Un’iniziativa che ha molti punti contestabili. Il primo è l’equiparazione del trattamento fiscale di privati cittadini a quello degli imprenditori. Il secondo, di carattere più ideologico, è la conferma di un’avversione ormai dilagante nel mondo contro gli affitti brevi.
Ma allora, quale sarebbe la motivazione? Secondo le istituzioni Ue, le nuove regole potrebbero ridurre l’evasione fiscale dell’Iva, che è stata stimata in 93 miliardi di euro, ma l’eventuale efficacia di questa misura sarebbe tutta da provare. Quello che è certo è che ad avvantaggiarsene sicuramente sarebbero invece le strutture ricettive tradizionali, dato che gli affitti brevi potrebbero essere meno concorrenziali. Peccato, però, che i numeri del settore alberghiero rivelino un settore per nulla in crisi, anzi.
Quali sono le modifiche che le istituzioni Ue vorrebbero introdurre
Riguardo al tema dell’equiparazione dei proprietari che affittano un appartamento a un’attività ricettiva, va sottolineato che in Italia c’è già una normativa che prevede il versamento dell’Iva – nel caso in cui non sia applicabile il regime forfettario – se si affittano più di quattro case, poiché in questo caso l’attività è considerata imprenditoriale.
Se dovesse concretizzarsi l’approvazione della Direttiva in esame, si introdurrebbe un’insensata e ingiusta discriminazione contro i proprietari di casa, in quanto c’è il rischio dell’introduzione dell’aliquota Iva al 22%, mentre le strutture tradizionali, come gli alberghi ad esempio, sono assoggettate ad una aliquota ridotta (10%).
Ai fini pratici, inoltre, si vuole introdurre l’obbligo per le piattaforme di intermediazione immobiliare di riscuotere l’Iva in qualità di sostituto di imposta. Sarebbero nuove incombenze sulle spalle solo di un segmento del settore dell’ospitalità, quello più innovativo, mentre quello tradizionale alberghiero non viene toccato ed è lasciato libero di macinare numeri da record, a dispetto del costante vittimismo che manifesta.
Il fatturato alberghiero italiano è il più alto in Europa
Stando ai numeri riferiti da Federturismo su una ricerca compiuta da Deloitte Real Estate & Hospitality, il settore alberghiero, invece, non dovrebbe temere la concorrenza degli affitti brevi.
Quello italiano è il primo nell’area UE in fatto di fatturato con circa 30,5 miliardi di euro, davanti al Regno Unito, con 27,7 miliardi di euro, e alla Francia, con quasi 26,2 miliardi.
Il nostro Paese detiene anche il primato del numero degli alberghi: in tutta la penisola ce ne sono 31.806, che rappresentano il 21% di tutte le strutture europee, contro i 22.185 hotel della Germania, al secondo posto della classifica, e i 18.067 della Francia, in terza posizione. Rilevanti sono anche gli investimenti nel settore, considerando che nel solo 2023 sono stati pari a 1,5 miliardi di euro e le previsioni per i prossimi anni parlano di un’ulteriore espansione.
Altri dati arrivano dalle analisi della prima edizione del Forum Hôtellerie a Riccione, che rivelano come nel 2023 la tariffa media giornaliera per prenotare una camera doppia in un albergo italiano sia stata di 174,4 euro, aumentata del 10,9% rispetto all’anno precedente, mentre la crescita dei ricavi complessivi degli hotel è stimata intorno al 12,4%.
Numeri alla mano, non è chiaro, dunque, il perché gli affitti brevi siano considerati così minacciosi per il settore alberghiero e perché a rimetterci, se dovessero essere approvate le nuove regole, debbano essere ancora una volta solo i proprietari di casa, limitati nell’utilizzare e gestire i propri beni, con l’aggiunta di un ulteriore aggravio fiscale.
6.3.2024