Come si ricorderà, sull’ultimo numero di Confedilizia notizie abbiamo trattato della mediazione obbligatoria per le controversie in materia di condominio. Nell’occasione ci siamo soffermati, in particolare, sui rapporti tra il d.lgs. n. 28/’10 e l’art. 71-quater disp. att. cod. civ.; norma introdotta dalla legge di riforma dell’istituto condominiale. In questo contesto evidenziavamo, fra l’altro, come tale disposizione, al suo quinto comma, preveda che la proposta di mediazione debba “essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice civile”, e che, nel caso in cui tale maggioranza non venga raggiunta, “la proposta si deve intendere rifiutata”.
Ciò posto, interessa in questa sede chiarire se alla predetta maggioranza si debba far riferimento in ogni caso (cioè qualsiasi sia la controversia condominiale oggetto di mediazione) oppure no.
Nonostante la formulazione letterale della norma non sembri lasciare spazio ad eccezioni di sorta, in verità, laddove dall’approvazione della proposta conciliativa derivi la limitazione dei diritti dei condòmini sulle parti comuni, tale approvazione – deve ritenersi – non può avvenire se non con il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio. Nell’interpretare la norma in questione, infatti, si deve necessariamente tener conto dei principii che regolano la materia condominiale; principii che – come precisato più volte dalla giurisprudenza – non consentono all’assemblea, con delibere assunte a maggioranza, di incidere sui diritti dei condòmini sui beni condominiali.
Basti ricordare, in questo senso, la pronuncia della Cassazione n. 4258 del 24.2.’06 che, con riguardo all’ipotesi di deliberazioni che autorizzino l’amministratore a concludere transazioni, ha precisato che tali transazioni, ove vadano a porre delle limitazioni alle facoltà dei condòmini sulle cose comuni, presuppongono inevitabilmente il consenso della totalità della compagine condominiale. E più di recente – sempre in tema di accordi extragiudiziali – la pronuncia della Suprema Corte n. 25608 del 30.11.’11, secondo cui la transazione per effetto della quale il condominio rinunci a servitù o acconsenta alla modifica delle stesse “richiede il consenso unanime dei condòmini” e non può essere, quindi, “approvata a maggioranza dall’assemblea”.
Insomma, il panorama è tale che ipotizzare una soluzione diversa da quella che qua si prospetta – e, in particolare, che il legislatore, introducendo l’art. 71-quater disp. att. cod. civ., abbia voluto consentire alla maggioranza dei condòmini di disporre delle facoltà dominicali dell’intera compagine condominiale – non sembra davvero possibile.
Nel senso di ritenere necessario il consenso totalitario per approvare una proposta di mediazione avente ad oggetto i diritti dei condòmini sulle parti comuni si sono espressi anche i commentatori (cfr. A. Celeste, Il contenzioso, in La Riforma del condominio – Guida per gli amministratori e condòmini, ed.: Il Sole 24Ore, 93, n. 6/’13).
da Confedilizia notizie, dicembre ’18
Estratto “TUTTOCONDOMINIO”
Pubblicati sullo stesso numero del Notiziario: Spese balconi; Glossario condominio; Articolo 155; Amministratore e lavori straordinari urgenti; Amministratore e caduta alberi; Area verde e parcheggio; Amministratore, revoche; Assemblea e convocazione; Tormentone spese condominiali.
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