Lo svolgimento delle attività di affittacamere, bed and breakfast e locazioni brevi all’interno dei condominii impone un approfondimento in relazione ai limiti e ai divieti che l’autonomia privata può fissare alle destinazioni d’uso delle proprietà esclusive.
Sotto questo profilo occorre anzitutto evidenziare come solo un regolamento contrattuale (cioè un regolamento formato con il consenso unanime di tutti i condòmini ovvero predisposto dal costruttore e accettato dagli stessi condòmini nei loro atti di acquisto) possa contenere limitazioni ai poteri dei condòmini e ai loro diritti sui beni comuni e sulle proprietà individuali
In questo senso va la recente ordinanza della Cassazione n. 2770 del 4.2.2025, la quale, in presenza di una clausola regolamentare di origine contrattuale recante il divieto di destinare gli appartamenti e altri locali interni al condominio a “casa di alloggio”, ha condiviso l’interpretazione emersa nei precedenti gradi di giudizio in cui era stato ritenuto tale divieto ricomprendere anche l’attività di bed and breakfast.
L’orientamento non è del tutto nuovo se non per il fatto che è stata considerata anche la “casa di alloggio” come “sovrapponibile” all’attività in discorso.
Partendo da queste premesse, nell’articolo si esaminano i diversi indirizzi interpretativi sulla materia e le soluzioni che l’ordinamento offre per contemperare i diversi interessi coinvolti.