La copertina di questo numero di Confedilizia notizie fa riferimento all’ordinanza del Tribunale di Trieste – illustrata all’interno e comunque disponibile sul nostro sito Internet – che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del “blocco sfratti” per violazione di ben sei articoli della nostra Carta fondamentale: 3, 24, 42, 47, 77 e 117, comma 1.
Negli stessi giorni in cui è stato diffuso il provvedimento, in sede di conversione in legge del “decreto sostegni”, è stato approvato un emendamento che interviene ulteriormente sul blocco degli sfratti per morosità. L’emendamento dispone che la sospensione dell’esecuzione sia prorogata: al 30 settembre 2021, per i provvedimenti di rilascio adottati dal 28 febbraio 2020 al 30 settembre 2020; al 31 dicembre 2021, per i provvedimenti di rilascio adottati dall’1 ottobre 2020 al 30 giugno 2021. Il 30 giugno 2021, di conseguenza, terminerebbe il blocco per i casi rimanenti.
La posizione di Confedilizia sul tema è nota (e scontata): consideriamo il blocco degli sfratti, in sé, un abuso, perché priva i proprietari di un diritto sancito da un giudice, quello di tornare in possesso del proprio immobile, spesso dopo anni di mancate entrate, di spese e di tasse. Lo ha spiegato bene la professoressa Ginevra Cerrina Feroni, ordinario di diritto costituzionale, in un articolo pubblicato il 6 maggio sul Messaggero e sul Mattino, e lo ha affermato con nettezza il Tribunale di Trieste nella citata ordinanza, nella quale parla di “una fattispecie illegittima di esproprio in senso sostanziale senza indennizzo”.
A nostro avviso, quindi, al 30 giugno 2021, dopo ben 16 mesi di disapplicazione dei provvedimenti giudiziari, il blocco dovrebbe cessare per sempre e per tutti e ai proprietari dovrebbe essere riconosciuta una congrua erogazione di denaro a titolo risarcitorio.
Tuttavia, l’approvazione di questo emendamento ci ha imposto di entrare nel merito dello stesso.
Se l’intento era di disporre lo sblocco, per intanto, degli sfratti riguardanti le morosità pre Covid, come il Governo si era impegnato a fare in Parlamento il 23 febbraio scorso, le osservazioni da fare sono due.
La prima è che, visto che si è deciso di intervenire a due mesi dalla scadenza del 30 giugno, non si vede perché non si sia fissata la fine del blocco, per tali situazioni, in una data antecedente a quella del 30 giugno: ad oggi, siamo già arrivati a 14 mesi e la maggioranza – va ricordato – aveva proposto di sbloccare i vecchi casi il 31 marzo.
La seconda è che, al fine di sbloccare realmente le situazioni precedenti alla pandemia, occorrerebbe modificare il testo della norma, spostando in avanti la data del 28 febbraio 2020 ovvero prendendo a riferimento la fase di avvio del procedimento, posto che il provvedimento di rilascio giunge al termine di un iter giudiziario che dura diversi mesi e considerato che tale iter non viene certo iniziato dal locatore al primo mancato pagamento. Di conseguenza, ad essere coinvolte nella proroga appena disposta sono anche morosità che nulla hanno a che vedere con la pandemia, in tal modo prolungandosi l’agonia di tutte quelle famiglie di piccoli risparmiatori che stanno attendendo con ansia di rientrare in possesso del loro immobile e di ritrarne un reddito (spesso indispensabile alla sopravvivenza) o di andarci a vivere dopo averlo acquistato e avere magari acceso un mutuo.
La Corte costituzionale, ora, è chiamata ad esprimersi, ma Governo e Parlamento avrebbero tutto il tempo per intervenire prima, anche modificando quanto appena disposto in occasione della conversione in legge del decreto sostegni.
Lo faranno?
g.s.t.
twitter@gspazianitesta
da Confedilizia notizie, maggio ’21
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