Case green: li chiamano “investimenti”, ma sarebbero solo spese obbligate per i proprietari e/o per lo Stato
La tecnica è collaudata, la manipolazione delle notizie da una parte e l’utilizzo di un lessico accattivante che trasforma la realtà per rendere digeribile l’inaccettabile, dall’altra. È quella che viene adoperata dalle importanti lobby economiche che cercano di ottenere profitti da ristrutturazioni forzate utilizzando come leva l’approvazione della direttiva case green.
Partiamo dalla manipolazione, che consiste nel far intendere al lettore distratto che siano stati varati dei provvedimenti vincolanti. Le lobby delle aziende delle filiere delle ristrutturazioni, degli elettrodomestici, dell’energia rinnovabile ecc., fanno qualcosa di già visto: instillano la percezione del dato di fatto, che sia stato ormai deciso che l’ineluttabile destino per i proprietari di casa, nei prossimi anni, sia quello di apporre il cappotto all’abitazione, sostituire il sistema di riscaldamento, cambiare gli infissi. La realtà, che viene mediaticamente mascherata, anche se Confedilizia l’aveva già sottolineato più volte, è che non è stato varato alcun obbligo: c’è un mandato ai singoli governi per decidere in autonomia sulla base di alcuni obiettivi e non esistono vincoli. I partiti della maggioranza del Governo Meloni, del resto, in sede europea si sono già espressi negativamente su questa direttiva e dopo le elezioni di giugno cercheranno di modificare le norme con il nuovo parlamento europeo e la nuova commissione.
La pressione delle lobby sui cittadini
Ma queste lobby economiche non si arrendono. Cercano di superare l’assenza di una effettiva domanda di mercato e di obblighi di legge con un’attività di comunicazione. Gli obiettivi della propaganda sono due.
Uno è il proprietario di casa, da convincere che ormai “l’Europa ha detto che devo ristrutturare la casa”, e da spingere a spendere nella propria abitazione, facendo uso del bastone (immaginario) dell’obbligo europeo e della carota della presunta convenienza, attraverso l’uso distorto delle parole. Proprio l’uso distorto delle parole costituisce una tecnica collaudata in ambito commerciale per cui la spesa diventa “investimento”. I numeri diffusi, però a guardarli bene, non tornano, perché i presunti risparmi annui di 17-19 miliardi sulle bollette, conseguenti alla ristrutturazione delle abitazioni italiane, sarebbero a fronte di 330 miliardi di spese, ovvero quelli che chiamano investimenti.
In sostanza, per esempio, quelle 4,8 milioni di famiglie composte da over 60 che vivono da soli, di cui 3,6 milioni costituite da over 70, dovrebbero spendere tra 20 e 50mila euro ognuna (dati di Scenari Immobiliari e Sole24Ore) per ottenere dei risparmi sulle bollette, dei quali potranno godere limitatamente. Sempre a patto che abbiano quelle risorse visto che si tratta di fasce di popolazione con redditi inferiori alla media. Consideriamo anche che nel nostro Paese a essere proprietari sono il 90,8% dei pensionati e persino il 58,4% di coloro che appartengono al 20% più povero, che spesso coincide con il segmento dei più anziani.
E quella sulle istituzioni
È anche per questo che il secondo obiettivo delle pressioni, forse il principale, sono le istituzioni che, allettate dalla previsione della creazione di 200mila posti di lavoro nella filiera delle cosiddette case “smart”, dovrebbero imporre l’obbligo delle ristrutturazioni ai cittadini o sussidiarli perché affrontino tali spese. Il sottotesto è chiaro: le 350mila aziende di questa filiera, nonostante siano private e amino essere definite innovative e dinamiche, non hanno intenzione di rivolgersi al libero mercato, ma preferiscono che sia lo Stato a creare la domanda artificiale che non riescono a generare.
La loro speranza è che la spesa, che le famiglie non vogliono fare, arrivi dal settore statale come accaduto altre volte. Per tale motivo allettano una classe politica, in realtà riluttante ad aumentare la spesa pubblica, con mirabolanti previsioni di crescita di Pil e occupazione. Naturalmente, come sappiamo, il bilancio pubblico è costituito principalmente dai soldi dei contribuenti. La spesa che i proprietari di casa non intendono realizzare rientrerebbe dalla finestra come tassa, come debito o come mancato taglio delle imposte. Probabilmente i fondi dei cittadini, così come quelli affidati allo Stato attraverso il fisco, potrebbero essere impiegati in modo molto più produttivo.
10.5.2024