In caso di locazione di un’unità immobiliare di categoria catastale C1, la previsione contrattuale che fa dipendere la quota variabile del canone dal fatturato del conduttore non rientra nel campo di applicazione del comma 11 dell’articolo 3 del d.lgs. n. 23/2011 – concernente il divieto di aggiornamento del canone – e, come tale, non può essere di ostacolo all’assoggettamento del contratto stesso al regime della cedolare secca.
In questi termini si è espressa l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 340, del 23 agosto scorso, a un’istanza di interpello.
Nella fattispecie prospettata nell’istanza, il canone di locazione pattuito con la società locataria era caratterizzato da due componenti: una quota fissa annuale; una quota variabile pari al 3,4% dei ricavi del punto vendita della società conduttrice, per la sola parte dei ricavi che in ciascun anno supera un milione di euro.
Analizzato il quadro normativo, l’Agenzia rileva che “appare evidente la differenza tra l’aggiornamento del canone di locazione per eventuali variazioni del potere di acquisto della moneta, di cui all’art. 32 della legge n. 392, e la pattuizione di una quota del canone di locazione in forma variabile (che nel presente interpello è posta in relazione alla parte di ricavi che supera euro 1.000.000,00)”.
Secondo le Entrate, richiamati i principii stabiliti dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 5849 del 2015, la possibilità di determinare il canone di locazione “rientra nella libertà accordata alle parti di determinare il contenuto del contratto e non integra una determinazione privatistica della misura di indicizzazione, né un aggiornamento del canone a qualsiasi titolo di cui al comma 11 dell’art. 3 del d.lgs. n. 23 del 2011”.
La fattispecie di cui al quesito riguardava, come visto, un canone variabile in funzione del fatturato del conduttore. Tuttavia, considerato anche il richiamo alla sentenza della Cassazione n. 5849/2015 – in particolare nella parte in cui stabilisce che “le parti, nel momento in cui costituiscono il rapporto di locazione commerciale, sono lasciate libere di determinare il contenuto del contratto che meglio riproduca il loro concreto assetto di interessi, dando spazio anche alla possibilità che il canone non sia uniformemente determinato per tutti gli anni di durata del rapporto potendo essere tali eventuali variazioni predeterminate causalmente giustificate dal contesto delle pattuizioni o comunque dalle circostanze del caso concreto prese in considerazione dalle parti stesse” – può ragionevolmente ritenersi che l’Agenzia delle entrate seguirà la stessa linea interpretativa in presenza di diverse modalità di pattuizione di canoni variabili.
Le Associazioni territoriali di Confedilizia sono a disposizione degli interessati per ulteriori informazioni ed ogni assistenza in merito.
Scarica qui la risposta n. 340 dell’Agenzia delle entrate