Il condomino che venda la sua unità immobiliare e non informi l’acquirente dell’esistenza di una causa in corso che coinvolge il condominio, può essere chiamato a rispondere di tale comportamento?
Per dare risposta al quesito occorre prendere l’avvio dai principii generali del codice civile in tema di comportamento delle parti nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto. Materia, questa, che trova la sua disciplina nell’art. 1337 cod. civ., il quale prevede che, in tali casi, le parti hanno l’obbligo di “comportarsi secondo buona fede”. Ciò che implica – come chiarito dalla Cassazione – il “dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o anche solo reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o anche solo conoscibile con l’ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto” (sent. n. 19024 del 29.9’05).
Sempre la giurisprudenza di legittimità ha osservato che la violazione del suddetto obbligo di comportarsi, nel corso delle trattative, secondo buona fede assume rilevanza anche nel caso in cui il contratto, ancorché concluso validamente, “risulti pregiudizievole per la parte rimasta vittima” della condotta scorretta. E, in tale ipotesi, ha ragguagliato “il risarcimento del danno al minor vantaggio o al maggior aggravio economico” determinato da tale comportamento. Ciò, salvo la prova dell’esistenza di ulteriori danni che risultino collegati alla condotta in questione “da un rapporto rigorosamente consequenziale e diretto” (cfr., ancora, la citata sent. n. 19024/’05).
Se a quanto precede aggiungiamo, poi, che, secondo la giurisprudenza di merito, il venditore che tace l’esistenza di situazioni, in ambito condominiale, che possono rivelarsi onerose per parte acquirente viola il predetto obbligo di buone fede (Trib. civ. Milano sent. n. 10141 del 14.9.’06), possiamo allora concludere che in effetti, ove dalla condotta in parola derivi un pregiudizio alla controparte, quest’ultima deve ritenersi possa agire nei confronti del venditore per il risarcimento del danno subito.
Dunque, in caso di compravendita di un immobile sito in un edificio condominiale, deve ritenersi che il venditore debba dare conto, nell’atto, anche di eventuali liti in corso. E in questa prospettiva si rileva di particolare utilità la previsione di cui all’art. 1130, n. 9, cod. civ., che indica tra i compiti dell’amministratore anche quello di fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione di “eventuali liti in corso”: chi intende vendere può così, tramite l’amministratore, avere il quadro delle vertenze giudiziarie in essere e rendere facilmente edotto, sul punto, il futuro acquirente (che naturalmente, potrà chiedere al venditore la dichiarazione in punto che lo stesso venditore – in quanto condòmino – ha diritto di ottenere.
Per un approfondimento del connesso problema dell’imputazione, in ambito condominiale, delle spese pendenti in caso di trasferimento della proprietà si rinvia a Cn di giugno 2014. Ma è comunque del tutto chiaro che il problema del pagamento dei contributi condominiali (art. 6 Disp. att.) nulla ha a che fare con quello trattato in questo articolo.
Estratto “TUTTOCONDOMINIO”, Confedilizia notizie, luglio ’15
Pubblicati sullo stesso numero del Notiziario:
- Partecipazione all’assemblea condominiale in caso di comproprietà
- Protesto dell’assegno tratto sul conto corrente condominiale
- Quando l’amministratore di condominio vuole fondare una società
- Pagamento del singolo condòmino nelle mani del creditore del condominio
- Il locatore e il pagamento delle spese condominiali
- Rent to buy in ambito condominiale
- Condizionatori in condominio, occhio alle regole
- Installazione in condominio di ascensore per il superamento delle barriere architettoniche
La raccolta completa e aggiornata dei testi integrali di Confedilizia Notizie è riservata agli associati. Sfoglia questo numero »