A Sky TG24 Economia abbiamo parlato di catasto e di fiscalità immobiliare. Nella parte finale della trasmissione il professor Alessandro Santoro ha detto che “secondo i dati della Commissione europea, la pressione fiscale sulla proprietà immobiliare in Italia è sotto i due punti di Pil ed è nettamente inferiore a quella degli altri grandi Paesi”, e stava aggiungendo – prima che io lo interrompessi (non amo farlo, ma stava partendo la sigla e la questione era troppo seria per lasciarla cadere) – che la tassazione sugli immobili fa meno male all’economia rispetto ad altri tipi di imposizione.
La situazione è molto diversa.
Quanto ai numeri, gli unici dati della Commissione europea relativi alla sola imposizione immobiliare (“recurrent taxes on immovable property”, che sono una parte delle imposte sugli immobili) indicano l’Italia esattamente nella media Ue (1,6% del Pil), ad un livello più alto rispetto alla media dei Paesi dell’area Euro (1,4%) e con un’imposizione del 300% superiore a quella della Germania! Quelli sul totale delle imposte sulla proprietà (“taxes on property”), che però non riguardano solo gli immobili, collocano l’Italia un livello superiore al 2,2% del Pil.
Ciò detto, la realtà è ancora peggiore. Nel nostro Paese le imposte sugli immobili ammontano a circa 50 miliardi di euro e sono quindi pari al 3% del Pil. Il confronto con gli altri Paesi realizzato dalla Commissione europea e da altri organismi internazionali è viziato da alcuni errori di impostazione, primo fra tutti quello di non considerare nell’imposizione italiana la tassa rifiuti (che produce un gettito di circa 10 miliardi di euro) e di considerarla, invece, per i tanti Paesi in cui essa è inglobata nell’imposta locale immobiliare.
Quanto alla distinzione fra tasse buone e tasse cattive, gli studi basati su tecniche econometriche rigorose dimostrano che aumentare la tassazione sulla proprietà ha conseguenze negative sul Pil (leggere qui, ad esempio: https://papers.ssrn.com/sol3/Papers.cfm?abstract_id=2932798). In Italia è stata intrapresa questa strada, dal 2012, e gli effetti sull’economia sono sotto gli occhi di tutti. Bisognerebbe invertire la rotta, altro che perseverare nell’errore.
g.s.t.