In quali casi il condominio è chiamato a rispondere per i danni cagionati dalle parti comuni dell’edificio?
L’art. 2051 c.c., in materia di responsabilità extracontrattuale, stabilisce che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
È vero sì che l’amministratore di condominio è custode dei beni condominiali (si veda Cass. n. 25251/2008 secondo cui l’amministratore ha il compito di provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia di esse, col conseguente obbligo di vigilare affinché non rechino danni a terzi od agli stessi condòmini); è altrettanto vero, però, che la responsabilità extracontrattuale ex art. 2051 c.c. è a esclusivo carico del condominio, residuando per l’amministratore esclusivamente la possibilità di incorrere in responsabilità contrattuale, nel rapporto interno che lo lega al condominio medesimo, e nella conseguente azione di rivalsa eventualmente esercitata dal condominio per il recupero delle somme che esso abbia versato ai terzi danneggiati (Cass. n. 17983/2014). Dunque, il condominio, in qualità di ente con specifiche funzioni deliberative e di gestione, deve essere considerato come il custode delle cose comuni.
Come visto, la possibilità per il custode di andare esente da un giudizio positivo di responsabilità è ammessa solo ove provi caso fortuito e la giurisprudenza è piuttosto severa nell’individuazione della prova liberatoria.
In una recente pronuncia (Cass. n. 26258/2019), tuttavia, relativa a un caso di caduta sulle scale di un palazzo causata da una macchia scivolosa ben visibile, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la circostanza che la vittima non si sia avveduta di una insidia percepibile con l’ordinaria diligenza costituisca, per il proprietario della cosa dannosa, un “caso fortuito”, come tale idoneo a liberare il custode dalla presunzione di responsabilità di cui all’art. 2051 c.c.
da Confedilizia notizie, dicembre ’19
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