“Ai fini della tutela prevista dall’art. 1120, secondo comma, cod. civ., in materia di divieto di innovazioni sulle parti comuni dell’edificio condominiale, non occorre che il fabbricato, il cui decoro architettonico sia stato alterato dall’innovazione abbia un particolare pregio artistico, né rileva che tale decoro sia stato già gravemente ed evidentemente compromesso da precedenti interventi sull’immobile, ma è sufficiente che vengano alterate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità”.
Così la Cassazione, con ordinanza n. 28908 del 18.10.2023, nella quale viene anche precisato che un regolamento di condominio di origine contrattuale “può legittimamente dare del limite del decoro architettonico una definizione più rigorosa” di quella accolta dal citato art. 1120 cod. civ., “estendendo il divieto di innovazioni sino ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all’estetica, all’aspetto generale dell’edificio, quali esistenti nel momento della sua costruzione od in quello della manifestazione negoziale successiva”.
La pronuncia si pone pienamente in linea con l’orientamento espresso in materia da giudici ed interpreti. Secondo la giurisprudenza, infatti, per “decoro architettonico” deve intendersi “l’estetica dell’edificio, costituita dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica fisionomia” (cfr., fra le altre, Cass. sent. n. 27551 del 14.12.2005). Egualmente in dottrina è stato sottolineato come la nozione di decoro architettonico sia senz’altro assimilabile al concetto di armonia del fabbricato (cfr. AA. VV., Trattato del condominio, ed. Cedam, 2008, 260).
Da evidenziare come giurisprudenza e dottrina siano, da tempo, anche concordi nell’interpretare il concetto di “alterazione” del decoro architettonico come un generico “peggioramento” del carattere estetico-decorativo dell’immobile o, comunque, una riduzione del suo prestigio, escludendo decisamente che per alterazione si debba intendere “deturpazione” (in tal senso, Cass. sent. n. 2313 del 7.3.1988, e in dottrina, fra gli altri, R. Triola, Il condominio, Giuffré editore, 2007, 209).
Estratto “TUTTOCONDOMINIO”
Pubblicati sullo stesso numero del Notiziario:
Casi clinici di condominio – La ripartizione delle spese condominiali – Convocazione dell’assemblea condominiale e avviso di giacenza
da Confedilizia notizie, dicembre ’23
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