Il 6 giugno la Direttiva case green, il pacchetto di norme proposto da Bruxelles per gli interventi di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio europeo, è entrata con l’inizio del “trilogo” (il negoziato informale cui prendono parte alcuni rappresentanti di Parlamento, Consiglio e Commissione Europea) nella fase finale che potrebbe portare all’approvazione del testo definitivo.
Non aspettatevi tempi brevi: prima di tutto perché non esiste un timing prestabilito per chiudere questa fase della procedura legislativa e, in secondo luogo, perché all’interno dell’emiciclo del Parlamento Europeo il fronte che si schiera per una modifica della Direttiva EPDB (e non meramente contro, la differenza è centrale) è solido, in crescita e soprattutto ha argomenti validi.
Argomenti basati sulla realtà, sui dati e sul parere tecnico degli addetti ai lavori e non, è importante sottolinearlo, su impulsi propagandistici. Impulsi che invece costituiscono buona parte della ratio del fronte dell’ambizione ecologista in materia di prestazione energetica dell’edilizia, un fronte green convinto che qualsiasi azione volta a diminuire l’impatto climatico delle attività umane sia inequivocabilmente sempre giusta, equa, fattibile, sostenibile. Purtroppo, con buona pace di chi è pronto a sacrificare la responsabilità sull’altare del Green Dealì.
Efficientamento energetico degli edifici, mancano pragmatismo e senso di responsabilità
E no, non è il parere di uno sparuto gruppo parlamentare: l’irresponsabilità e le criticità insite nella Direttiva case green sono state portate alla luce da decine di parlamentari europei, da Ministri, da associazioni di categoria. Inoltre, la richiesta di un approccio più responsabile e guidato dai principi della realpolitik non arriva unicamente da uno schieramento politico ma è squisitamente transpartisan, ovvero orientato al pragmatismo e mosso da ragioni che si posizionano al di fuori delle tipiche dualità politiche.
Gli esempi non mancano, a partire del Ministro tedesco dell’edilizia, Klara Geywitz (SPD) che ha messo in guardia i legislatori europei sugli effetti collaterali dell’aumento degli standard energetici per i nuovi edifici e sulla difficolta a finanziare un’opera di tale portata.
Dello stesso parere anche il vice presidente dell’European Conservatives and Reformists Group (ECR) lo svedese Charlie Weimers, che sottolinea come il regolamento porterà a un aumento dei prezzi dell’elettricità con scarsi benefici per il clima ed evidenzia un’altra necessità dimenticata, pare, da Bruxelles, il diritto dei Paesi membri di “decidere autonomamente quanto e in che modo possono contribuire”.
Una chiosa dello stesso tenore è quella avanzata dalla vicepresidente della Commissione europea per la cultura e l’istruzione Michaela Sojdrova dell’European People’s Party (EPP):
“con la Direttiva è in arrivo un nuovo onere amministrativo che si ripercuoterà sul prezzo complessivo. Si può quindi prevedere che aumenterà anche il costo delle ristrutturazioni edilizie.”
Energy Performance of Buildings Directive: il punto sul primo trilogo Ue
Ma di cosa si è discusso il 6 giugno a Bruxelles durante il primo confronto che ha dato l’abbrivio al negoziato (trilogo) per giungere a una mediazione su un testo condiviso?
Le parti si sono concentrate inizialmente sui due articoli più discussi della Direttiva, precisamente l’articolo 9, che stabilisce al 2030 l’obbligo di raggiungimento della classe energetica E per gli edifici residenziali e l’articolo 16, l’architrave di tutto il provvedimento. Questo articolo infatti è quello che dispone un nuovo sistema e nuovi parametri per la classificazione energetica dello stock immobiliare dei Paesi membri e stabilisce al 15% la percentuale minima di edifici tra i più energivori (attualmente classe G) per cui l’intervento dev’essere prioritario senza fare distinzioni circa le particolarità e le problematiche di ogni Territorio.
Case green, il negoziato Ue approfondisce gli aspetti tecnici e trascura quelli economici
Tuttavia la prima seduta di negoziato ha, volutamente, solo introdotto il dibattito circa le questioni più divisive e si è concentrato su altri aspetti più tecnici, spostando al prossimo incontro (in data da definire) il proseguimento delle trattative circa le modifiche degli articoli 9 e 16.
Per la precisione i delegati si sono soffermati sugli articoli dal 20 al 24 che stabiliscono il vademecum circa le ispezioni periodiche degli impianti di riscaldamento, di ventilazione e di condizionamento, dello standard per i rapporti di ispezione, della definizione del quadro normativo entro cui si muoveranno sia gli esperti indipendenti che i professionisti dell’edilizia incaricati delle certificazioni e infine dei sistemi di controllo indipendenti per gli attestati di prestazione energetica.
Nessun accenno durante il trilogo agli incentivi fiscali e ai fondi necessari per realizzare l’obiettivo della Direttiva per ora, in questa direzione non certo secondaria e che forse necessiterebbe di più attenzione, il pacchetto europeo contiene solo affermazioni di principio e nessun punto fermo.
Emblematiche a questo proposito le parole di Cristian Terhes della Commissione Ue per il controllo dei bilanci:
“ogni volta che un burocrate europeo propone qualcosa e lo etichetta come “ambizioso” si traduce per i cittadini in nuovi obblighi e maggiori esborsi, questa Direttiva ne è la prova”.
21.6.2023