Al momento di chiudere in tipografia questo numero del notiziario, il decreto nominalmente ispirato al “rilancio”, che in un primo tempo veniva definito “aprile” (e siamo in luglio…), non è ancora stato approvato, in prima lettura, dalla Camera dei deputati. Il testo uscito dalla Commissione Bilancio, però, sarà con ogni probabilità quello definitivo e in esso sono contenute due norme non solo gravemente lesive del diritto di proprietà, ma anche portatrici di effetti disastrosi per il settore immobiliare, un comparto dell’economia bisognoso – invece – proprio di impulsi positivi.
La prima è il cosiddetto blocco degli sfratti. Si prevede la sospensione di tutte le procedure esecutive di rilascio fino al 31 dicembre 2020, dopo che il decreto “cura Italia” l’aveva prevista dapprima fino al 30 giugno e poi, in sede di conversione, fino all’1 settembre. Sono interessati tutti gli affitti, abitativi e non abitativi, e tutte le procedure, sia per morosità sia per finita locazione.
Attraverso un semplice comma, in pratica, si annullano gli effetti di sentenze emesse dai giudici di tutta Italia a tutela di centinaia di migliaia di cittadini che attendevano di rientrare in possesso del proprio immobile.
L’intento, deve presumersi, era quello di salvaguardare gli inquilini in relazione all’emergenza Covid. Ma gli sfratti bloccati – beffa che si aggiunge al danno – riguardano essenzialmente situazioni giunte a sentenza quando il nuovo Coronavirus non esisteva neppure in Cina. Negli ultimi mesi, infatti, l’attività giudiziaria è stata pressoché ferma, e anche qualora qualche proprietario avesse tentato di portare avanti azioni di sfratto, dubitiamo che un qualsiasi giudice lo avrebbe assecondato. Bersaglio mancato, dunque, a danno dei proprietari che attendevano da anni di riavere il proprio immobile, finito magari nelle mani di uno dei tanti “morosi professionali”, che fanno vite lussuose ma l’affitto non lo pagano (Confedilizia sta ricevendo decine di segnalazioni di questi casi). E che ora brindano all’emendamento Leu, Pd, M5S (Italia Viva, almeno, non lo ha firmato).
In ogni caso, è l’approccio scelto ad essere inaccettabile. Se il Governo e il Parlamento ritengono che vada tutelata l’esigenza di una categoria di cittadini, devono disporre che se ne faccia carico la collettività, non già imporre ad un’altra categoria di cittadini di farlo, a proprie spese e senza alcuna forma di risarcimento.
Del tutto fuori luogo, poi, è un intervento così generalizzato, che non viene neppure condizionato, come invece fatto per altre misure varate in questo periodo, alla circostanza di aver subito danni dal Covid. Ad usufruire del blocco, quindi, sarà anche un dipendente statale con il suo stipendio garantito, che sarà “assistito” – su imposizione della maggioranza parlamentare – da un proprietario che potrebbe avere il canone di locazione quale unica entrata, e quindi non avere letteralmente di che mangiare.
Ma chi legifera in questo modo, è evidente, si disinteressa delle condizioni in cui può trovarsi il proprietario-locatore. Il quale può aver perso il lavoro, trovarsi in cassa integrazione, essere una partita Iva in crisi, dover sostenere un mutuo, avere in corso costosi interventi di ristrutturazione. E il 16 giugno scorso, sull’immobile che gli viene di fatto espropriato, ha dovuto anche pagare (se ha trovato i soldi) la prima rata dell’Imu, la patrimoniale sugli immobili, per la quale il Governo non ha neppure concesso un rinvio. Niente, tutto questo non conta quando a prevalere sono la demagogia, l’ideologia e anche un po’ di ignoranza.
L’altra disposizione del decreto “rilancio” che fa il paio con questa è quella che impone ai proprietari privati di immobili affittati come palestre e piscine di dimezzare il canone stabilito in contratto per i mesi da marzo a luglio 2020. Anche qui, nessun risarcimento ai proprietari:
che si arrangino, conta di più qualche catena di centri fitness che avrà fatto valere le sue “ragioni”. Che sarebbe un come se, per consentire a chi è rimasto disoccupato di sostenersi adeguatamente, si imponesse ai supermercati di dimezzare i prezzi dei prodotti venduti. Follia.
Naturalmente Confedilizia porterà entrambe le disposizioni – se il Parlamento le confermerà – dinanzi alla Corte costituzionale e agli organi di giustizia internazionali. Ma qualsiasi pronuncia favorevole sarebbe una ben magra consolazione: è la politica che deve cambiare registro. Non ci si rende conto che provvedimenti del genere non sono solo dei veri e propri oltraggi al diritto di proprietà, ma determinano conseguenze devastanti sul mercato immobiliare, con effetti negativi sulle stesse categorie che si intenderebbe tutelare, vale a dire gli inquilini. Chi mai andrebbe ad avventurarsi in nuovi contratti di locazione, abitativi o commerciali, sapendo che il suo investimento è soggetto ad intromissioni di questo genere da parte dello Stato? Ma forse è quello che qualcuno desidera.
g.s.t.
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da Confedilizia notizie, luglio ’20
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