SOMMARIO: a) Ambito e operatività della norma, in genere; b) Presenza di divieti o mancanza di autorizzazioni, licenze e permessi; c) Distinzione fra vizi e molestie.
a) Ambito e operatività della norma, in genere
L’art. 1578 c.c. offre al conduttore una tutela contro i vizi della cosa locata esistenti al momento della consegna che presuppone l’accertamento giudiziale dell’inadempimento del locatore ai propri obblighi ed incide direttamente sulla fonte dell’obbligazione; al contrario, l’art. 1460 c.c. prevede una forma di autotutela che attiene alla fase esecutiva e non genetica del rapporto e consente al conduttore, in presenza di un inadempimento del locatore, di sospendere liberamente la sua prestazione, nel rispetto del canone della buona fede oggettiva, senza la necessità di adire il giudice ai sensi dell’art. 1578 c.c.
* Cass. civ., sez. III, 25 giugno 2019, n. 16917, H. c. S.
In tema di locazione, l’inidoneità dell’immobile ai fini del conseguimento dell’abitabilità non rende annullabile il contratto per errore sulla qualità dell’oggetto, ma determina il mancato rispetto delle qualità che l’immobile deve possedere e dunque un vizio della cosa locata, con conseguente esperibilità del rimedio risolutorio previsto dall’art. 1578 c.c.
* Cass. civ., sez. III, 13 giugno 2018, n. 15378, D. c. B.
Costituiscono vizi della cosa locata agli effetti dell’art. 1578 c.c. – la cui presenza non configura un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ai sensi dell’art. 1575 c.c., ma altera l’equilibrio delle prestazioni corrispettive, incidendo sull’idoneità all’uso della cosa stessa e consentendo la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo, ma non l’esperibilità dell’azione di esatto adempimento – quelli che investono la struttura materiale della cosa, alterandone l’integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se eliminabili e manifestatisi successivamente alla conclusione del contratto di locazione. Pertanto va escluso che possano essere ricompresi tra i vizi predetti quei guasti o deterioramenti dovuti alla naturale usura o quegli accadimenti che determinino disagi limitati e transeunti nell’utilizzazione del bene, posto che in questo caso diviene operante l’obbligo del locatore di provvedere alle necessarie riparazioni ai sensi dell’art. 1576 c.c., la cui inosservanza determina inadempimento contrattuale.
* Cass. civ., sez. III, 21 novembre 2011, n. 24459, A. c. A. ed altri. Nello stesso senso: Cass. III, 18 aprile 2001, n. 5682; Cass. III, 18 aprile 2006, n. 8942; Cass. III, 15 maggio 2007, la quale ultima, in applicazione del principio, “ha confermando l’impugnata sentenza con cui era stata correttamente esclusa la sussistenza di un difetto o vizio incidente sulla struttura materiale dell’immobile locato, trattandosi di un’infiltrazione di natura accidentale determinante un’impraticabilità parziale del locale e comunque temporalmente limitata, che realizzata un’ipotesi di alterazione transitoria comportante, per il locatore, soltanto l’onere della relativa riparazione”
In tema di locazione di immobile adibito ad uso diverso, nel caso in cui il conduttore abbia in contratto riconosciuto il bene locato idoneo all’uso pattuito e abbia esonerato il locatore da ogni inadempienza, è irrilevante la sussistenza di vizi conosciuti o conoscibili da parte dello stesso conduttore. Conseguentemente, in tal caso, deve escludersi la risoluzione del contratto, essendo, in base alla relativa valida clausola contrattuale, rimessa alla diligenza del conduttore la constatazione dei detti vizi e all’autonomia delle parti la valutazione dei vizi che non rendono impossibile il godimento del bene, non potendosi escludere che il conduttore ritenga di realizzare i suoi interessi assumendosi il rischio economico dell’eventuale riduzione dell’uso pattuito ovvero accollandosi l’onere delle spese necessarie per adeguare l’immobile locato all’uso convenuto, in cambio di un canone inferiore rispetto a quello richiesto in condizioni di perfetta idoneità del bene al predetto uso.
* Cass. civ., sez. III, 31 marzo 2008, n. 8303, E. S.r.l. c. S. Snc.
In caso di subentro nel contratto di locazione di immobile adibito ad uso non locativo, conseguente alla cessione d’azienda, al cessionario non è consentito l’esercizio dell’azione di risoluzione ovvero di riduzione del canone, previsti dall’art. 1578 c.c. per l’ipotesi che la cosa locata, al momento della consegna, presenti vizi non noti o facilmente riconoscibili che ne diminuiscano in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito per il conduttore, difettando in detta ipotesi il presupposto primo per l’applicabilità dell’art. 1578, e cioè la consegna della cosa dal locatore al conduttore, e conseguentemente non si applica neppure l’art. 1579 c.c., concernente la deroga di pattizia con la quale si escluda o si limiti la responsabilità del locatore per i vizi della cosa.
* Cass. civ., sez. III, 7 maggio 2007, n. 10298.
Allorquando in un contratto di locazione le parti si siano date atto dell’esistenza di vizi del bene locato ed il locatore si sia impegnato ad eliminarli e frattanto si sia fatto luogo comunque alla consegna del bene ed al suo godimento nelle condizioni in cui esso si trova, il regolamento contrattuale sfugge alla regola di cui all’art. 1578 c.c., di modo che il conduttore, qualora l’obbligazione di eliminazione dei vizi non venga adempiuta dal locatore, di fronte all’inadempimento non ha la facoltà di chiedere la riduzione del corrispettivo, ma gode soltanto dei rimedi generali contro l’inadempimento e, quindi, ha l’alternativa fra l’azione di adempimento e l’azione di risoluzione del contratto e, a livello di autotutela, ha la possibilità di sospendere il pagamento del corrispettivo proporzionalmente alla diminuzione del godimento arrecata dalla inesecuzione delle opere di eliminazione dei vizi.
* Cass. civ., sez. III, 13 luglio 2005, n. 14737, V.I. Srl c. Fall. Vtn L.
L’azione di riduzione del corrispettivo della locazione, di cui all’art. 1578 c.c., ha natura di azione costitutiva, in quanto tende a determinare una modificazione del regolamento contrattuale; pertanto, essa non può essere confusa con l’eccezione di inesatto adempimento di cui all’art. 1460 c.c., che tende solo a paralizzare la pretesa di adempimento della controparte.
* Cass. civ., sez. III, 13 luglio 2005, n. 14737, V.I. Srl c. Fall. Vtn L.
Allorquando il conduttore, all’atto della stipulazione del contratto di locazione, non abbia denunziato i difetti della cosa da lui conosciuti o facilmente riconoscibili, deve ritenersi che abbia implicitamente rinunziato a farli valere, accettando la cosa nello stato in cui risultava al momento della consegna, e non può, pertanto, chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone, né il risarcimento del danno o l’esatto adempimento, né avvalersi dell’eccezione di cui all’art. 1460 c.c.
* Cass. civ., sez. III, 7 marzo 2001, n. 3341, Z. c. P.
L’exceptio non rite adimpleti contractus, di cui all’art. 1460 c.c., postula la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, da valutare non in rapporto alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano, ma in relazione alla oggettiva proporzione degli inadempimenti stessi, riguardata con riferimento all’intero equilibrio del contratto ed alla buona fede; ne consegue che il conduttore, qualora abbia continuato a godere dell’immobile, per quanto lo stesso presentasse vizi, non può sospendere l’intera sua prestazione consistente nel pagamento del canone di locazione, perché così mancherebbe la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, potendo giustificarsi soltanto una riduzione del canone proporzionata all’entità del mancato godimento, applicandosi, per analogia, i principi dettati dall’art. 1584 c.c.
* Cass. civ., sez. III, 7 marzo 2001, n. 3341, Z. c. P.
In tema di vizi della cosa locata, ove vengano in rilievo alterazioni non attinenti allo stato di conservazione e manutenzione, bensì incidenti sulla composizione, costruzione o funzionalità strutturale della cosa medesima (nella specie, infiltrazioni di umidità dipendenti da esecuzione della costruzione su terreno argilloso, senza adeguata protezione), il conduttore non è legittimato ad agire in giudizio per ottenere dal locatore l’adempimento dell’obbligazione di cui all’art. 1576, né ad effettuare direttamente le riparazioni del caso, ai sensi del comma 2 dell’art. 1577, ma soltanto alla domanda di risoluzione del contratto o di riduzione del canone, ai sensi dell’art. 1578, dovendosi, peraltro escludere, anche la possibilità di esperimento dell’azione di arricchimento indebito da parte del conduttore che abbia, ciò nonostante, eseguito le suddette riparazioni, in quanto l’art. 1592 c.c. esclude il diritto del conduttore medesimo ad indennità per i miglioramenti della cosa locata.
* Cass. civ., sez. III, 4 agosto 1994, n. 7260, F. c. R.
b) Presenza di divieti o mancanza di autorizzazioni, licenze e permessi
Nella locazione di immobili per uso diverso da quello abitativo, il carattere abusivo dell’immobile o la mancanza di titoli autorizzativi necessari o indispensabili ai fini dell’utilizzo della “res” (secondo la sua intrinseca destinazione economica o conformemente all’uso convenuto) dipendenti dalla situazione edilizia del bene non incidono sulla validità del negozio, né costituiscono vizi della cosa locata agli effetti dell’art. 1578 c.c., ma possono configurare un inadempimento del locatore alle proprie obbligazioni, astrattamente idoneo a incidere un interesse del conduttore, al quale ultimo spetta l’onere di allegare e provare il concreto pregiudizio sofferto in conseguenza dell’abusività del cespite, senza che possa prospettarsi in tale caratteristica un danno “in re ipsa”.
* Cass. civ., sez. III, 21 agosto 2020, n. 17557
In materia di locazione ad uso non abitativo, il mancato ottenimento, da parte del conduttore, dei titoli amministrativi abilitativi necessari allo svolgimento dell’attività imprenditoriale convenuta non determina la nullità del contratto per difetto di causa, ma dà luogo alla responsabilità del locatore solo nel caso in cui lo stesso abbia assunto l’impegno di conseguire detti titoli, ovvero se il loro ottenimento sia reso definitivamente impossibile in ragione delle caratteristiche intrinseche del bene concesso in godimento.
* Cass. civ., sez. III, 20 agosto 2018, n. 20796, A. c. P.
Nella locazione di immobili per uso diverso da quello abitativo, convenzionalmente destinati ad una attività il cui esercizio richieda specifici titoli autorizzativi dipendenti anche dalla situazione edilizia del bene (abitabilità dello stesso e sua idoneità all’esercizio di un’attività commerciale), l’inadempimento del locatore può configurarsi quando la mancanza di tali titoli dipenda da carenze intrinseche o da caratteristiche proprie del bene locato, sì da impedire in radice il rilascio degli atti amministrativi necessari e, quindi, l’esercizio lecito dell’attività del conduttore conformemente all’uso pattuito, ovvero quando il locatore abbia assunto l’obbligo specifico di ottenere i necessari titoli abilitativi, restando invece escluso allorché il conduttore abbia conosciuta e consapevolmente accettata l’assoluta impossibilità di ottenerli.
* Cass. civ., sez. III, 26 luglio 2016, n. 15377, L. c. C. e altro. Nello stesso senso, Cass. III, 16 giugno 2014, n. 13651
Nel contratto di locazione di un immobile per uso diverso da quello di abitazione costituisce inadempimento del locatore, giustificativo della risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1578 c.c., anche il vizio derivante dall’esistenza di un ordine inibitorio da parte della P.A. dell’attività che avrebbe dovuto svolgersi nel locale oggetto del contratto (nella specie, era stata inibita l’attività di una discoteca in attesa della regolarizzazione degli impianti del locale locato, ad essa adibito, ai fini dell’allaccio alla rete fognaria).
* Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2012, n. 1694, V. c. S. ed altri
Nel contratto di locazione di un immobile per uso diverso da quello di abitazione, la mancanza delle autorizzazioni o concessioni amministrative che condizionano la regolarità del bene sotto il profilo edilizio – e, in particolare, la sua abitabilità e la sua idoneità all’esercizio di un’attività commerciale – costituisce inadempimento del locatore che giustifica la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1578 c.c., a meno che il conduttore non sia a conoscenza della situazione e l’abbia consapevolmente accettata; né assume rilievo il fatto che il locatore – riconoscendo implicitamente il proprio inadempimento – abbia presentato domanda di concessione in sanatoria e che sulla relativa istanza non ci sia stato ancora un pronunciamento definitivo.
* Cass. civ., sez. III, 7 giugno 2011, n. 12286, L. c. M.
Nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative; ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato. La destinazione particolare dell’immobile, tale da richiedere che lo stesso sia dotato di precise caratteristiche e che attenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto, solo se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l’attestazione del riconoscimento dell’idoneità dell’immobile da parte del conduttore.
* Cass. civ., sez. III, 25 gennaio 2011, n. 1735. Nello stesso senso: Cass. III, 8 giugno 2007, n. 13395 e Cass. III, 7 giugno 2018 n. 14731, nonchè, sulla prima parte della massima: Cass. III, 12 maggio 2000, n. 6121; Cass. III, 26 settembre 2006, n. 20831; sulla seconda parte: Cass. III, 11 aprile 2000, n. 4598; Cass. III, 13 marzo 2007, n. 5836; Cass. III, 31 marzo 2008 n. 8303. Difforme appare l’orientamento di Cass. III, 19 luglio 2008, n. 20067 e Cass. III, 26 novembre 2002, n. 16677, riportate più oltre, con altre ivi citate
In tema di rapporto locatizio, non sussistono i requisiti per la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1578 c.c. quando il conduttore, essendo a conoscenza della destinazione d’uso dell’immobile locato (nella specie, commerciale e non artigianale) al momento in cui al contratto venne data attuazione (nella specie, come desunto dalla clausola contrattuale relativa al divieto di mutamento della destinazione originaria) e, quindi, anche della inidoneità dell’immobile a realizzare il proprio interesse, abbia accettato il rischio economico dell’impossibilità di utilizzazione dell’immobile stesso come rientrante nella normalità dell’esecuzione della prestazione. In tal caso, il mancato rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso dell’immobile locato non è di ostacolo alla valida costituzione del rapporto di locazione, sempre che vi sia stata, da parte del conduttore, concreta utilizzazione del bene secondo la destinazione d’uso convenuta.
* Cass. civ., sez. III, 21 gennaio 2011, n. 1398, D. c. V. Nello stesso senso, Cass. III, 25 maggio 2010, n. 12708
In tema di locazione di bene immobile destinato ad uso diverso da abitazione, il locatore deve garantire non solo l’avvenuto rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso del bene immobile, ovvero la relativa abitabilità, ma, essendo obbligato a mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto, anche il loro persistere nel tempo. Ne consegue che, ove venga per qualsiasi motivo sospesa l’efficacia dei suddetti provvedimenti e il conduttore venga a trovarsi nell’impossibilità di utilizzare l’immobile per l’uso pattuito, sussiste inadempimento del locatore, che non può al riguardo addurre a giustificazione (e pretendere, conseguentemente, il pagamento del canone maturati nel periodo di inutizzabilità dell’immobile) l’illegittimità del provvedimento di sospensione adottato della P.A.
* Cass. civ., sez. III, 19 luglio 2008, n. 20067, C. c. P. Conforme, Cass. III, 28 marzo 2006, n. 7081
In tema di locazione, la mancata autorizzazione ai lavori necessari per destinare l’immobile all’uso previsto nel contratto non rende di per sé invalido quest’ultimo, con la conseguenza che è dovuto il pagamento del canone da parte del conduttore, se tale condizione era nota alla medesima parte contraente che ne assumeva il relativo onere al momento di concludere il contratto. (Omissis).
* Cass. civ., sez. III, 5 giugno 2007, n. 13076, Ass. D. in liq. c. Ristorante M. Snc
In tema di locazione d’immobili ad uso diverso da abitazione, diversamente che per le autorizzazioni amministrative (come l’iscrizione alla Camera di commercio) ovvero di quelle di pubblica sicurezza necessarie all’esercizio di specifiche attività (o per poter adibire i locali a pubblici spettacoli), incombe – salvo patto contrario – sul locatore l’obbligo di curare l’ottenimento del certificato di abitabilità, posto a tutela delle esigenze igieniche e sanitarie nonché degli interessi urbanistici – richiedenti l’accertamento pubblico della sussistenza delle condizioni di salubrità, stabilità e sicurezza dell’edificio, attestante l’idoneità dell’immobile ad essere «abitato» e più generalmente ad essere frequentato dalle persone fisiche –, la cui mancanza determina non già la nullità del contratto per illiceità dell’oggetto o per aliud pro alio bensì una situazione d’inadempimento, in ragione dell’iniziale inettitudine della cosa a soddisfare l’interesse del conduttore, che, in quanto nota alle parti, non preclude la negoziazione dell’immobile, ma, ove l’inadempimento divenga definitivo per essere il relativo rilascio definitivamente negato, consente il ricorso ai rimedi della risoluzione del contratto e del risarcimento del danno.
* Cass. civ., sez. III, 11 aprile 2006, n. 8409, C. c. Costr. Srl in liq.
La mancanza della concessione amministrativa necessaria per la legale destinazione all’uso pattuito dell’immobile locato (nella specie, mancanza di concessione commerciale per essere il bene adibito a destinazione artigiana) rientra tra i vizi che, diminuendo in modo apprezzabile l’idoneità del bene all’uso predetto, possono legittimare il conduttore alla richiesta di (risoluzione del contratto ovvero) riduzione del canone (come nella specie), ai sensi dell’art. 1578 c.c. Sufficiente ad integrare il vizio de quo deve, peraltro, ritenersi anche il semplice stato di obiettiva incertezza sulla condizione urbanistica dell’immobile locato, che può rappresentare, anche da solo, una qualità negativa incidente, per le difficoltà frapposte dall’autorità amministrativa (allegando la necessità di licenze, permessi o autorizzazioni), sull’effettiva fruibilità del bene conformemente all’uso pattuito.
* Cass. civ., sez. III, 26 novembre 2002, n. 16677, C. Autotrasporti c. L. Discount Spa. Nello stesso senso, Cass. III, 23 luglio 1994, n. 6892
Il principio secondo il quale, stipulato un contratto di locazione di un immobile destinato ad un determinato uso (nella specie, commerciale), grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività ripromessasi, ed altresì adeguate a quanto necessario per ottenere le necessarie autorizzazioni amministrative, non osta a che le parti possano dedurre in condizione (ovvero convenire come espressa obbligazione del locatore) tanto la effettiva possibilità di apportare all’immobile le necessarie modificazioni per poter svolgere l’attività prevista, quanto il fatto che esso presenti (o sia in potenziale condizione) di acquisire le pertinenti condizioni giuridiche funzionali al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative.
* Cass. civ., sez. III, 8 marzo 2002, n. 3441
Il mancato rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso dei beni immobili – ovvero alla abitabilità dei medesimi – non è di ostacolo alla valida costituzione di un rapporto locatizio, sempre che vi sia stata, da parte del conduttore, concreta utilizzazione del bene, mentre, nella ipotesi in cui il provvedimento amministrativo necessario per la destinazione d’uso convenuta sia stato negato (con conseguente inidoneità dell’immobile ad assolvere allo scopo convenuto), al conduttore è riconosciuta la facoltà di chiedere la risoluzione del contratto.
* Cass. civ., sez. III, 12 settembre 2000, n. 12030, D. D. N. & C. Sas c. L. ed altri. Conformi: Cass. III, 21 dicembre 2004, n. 23695 e Cass. III, 25 maggio 2010, n. 12708, nonché, sulla prima parte della massima, Cass. III, 17 gennaio 2007, n. 975, la quale prosegue poi affermando che: «del mancato rilascio il locatore è responsabile nei confronti del conduttore quando la destinazione particolare dell’immobile in conformità alle richieste autorizzazioni, concessioni o licenze amministrative abbia costituito il contenuto del suo obbligo specifico di garantire il pacifico godimento dell’immobile in rapporto all’uso convenuto».
c) Distinzione fra vizi e molestie
In tema di locazione immobiliare, le immissioni derivanti da immobili vicini non sono idonee ad integrare vizio della cosa locata, agli effetti dell’art. 1578 cod. civ., in quanto non attengono all’intrinseca struttura della cosa medesima né alla sua interazione con l’ambiente circostante, ma dipendono dal fatto del terzo. Esse, pertanto, configurano molestie di fatto, ai sensi del secondo comma dell’art. 1585 cod. civ., con la conseguenza che, se intollerabili, sono interamente ascrivibili alla condotta del terzo, mentre, se tollerabili, non determinano alcun danno suscettibile di risarcimento.
* Cass. civ., sez. III, 4 novembre 2014, n. 23447, F. c. S.
Costituiscono vizi della cosa locata, agli effetti di cui all’art. 1578 c.c., quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa, alterandone l’integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale o legale; si configurano, invece, come molestie di diritto, per le quali, ai sensi dell’art. 1585, primo comma, c.c., il locatore è tenuto a garantire il conduttore, quelle che si concretano in pretese di terzi che accampino diritti contrastanti con quelli del conduttore, sia contestando il potere di disposizione del locatore, sia rivendicando un diritto reale o personale che infirmi o menomi quello del conduttore; nel caso, infine, in cui il terzo non avanzi pretese di natura giuridica ma arrechi, col proprio comportamento illecito, pregiudizio al godimento del conduttore, la molestia è di fatto e il conduttore può agire direttamente contro il terzo ai sensi del secondo comma dell’art. 1585 c.c. (Omissis).
* Cass. civ., sez. III, 9 maggio 2008, n. 11514, M. ed altri c. Imm. S. Srl.
RASSEGNA TEMATICA DI GIURISPRUDENZA LOCATIZIA E CONDOMINIALE
Con la collaborazione della redazione dell’Archivio delle locazioni, del condominio e dell’immobiliare e della Casa editrice La Tribuna.
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