La severissima regolamentazione, di fatto un blocco, degli affitti brevi a New York si sta rivelando un fallimento, o perlomeno una mossa controproducente per tutti, come hanno sempre affermato coloro che si battono contro provvedimenti del genere.
Partiamo dall’inizio. Nella Grande Mela all’inizio del 2022 è stata approvata la Short-Term Rental Registration Law, entrata in vigore il 5 settembre di quest’anno. Stabilisce che i proprietari di casa che intendano affittare la propria abitazione debbano registrarsi presso un ufficio, il Mayor’s Office of Special Enforcement (Ose) e che le piattaforme online possano accogliere solo host registrati. La vera restrizione, tuttavia, è quella che prevede che il proprietario non possa affittare tutto l’appartamento, perché deve essere sempre presente durante il soggiorno e non possa avere più di due ospiti. In sostanza vengono eliminati dal sistema tutti gli alloggi posseduti da chi aveva investito in un immobile proprio per locarlo, ma soprattutto da chi lo aveva ereditato o lo aveva lasciato per trasferirsi altrove, come spesso capita negli Usa. Poche le possibili esenzioni dalle disposizioni di legge, che fa eccezione solo per appartamenti appartenenti a hotel, pensioni, residence, college, studentati, club.
Anche in altre metropoli Usa sono state varate leggi simili, anche se non altrettanto rigide, per esempio a Los Angeles, dove l’host deve registrarsi e pagare una tassa, o a San Francisco, dove oltre alla registrazione è richiesto al proprietario di essere presente nell’alloggio 275 giorni all’anno.
Pochissime registrazioni, imperversa il mercato nero
Il problema, per i regolatori, è che più i vincoli sono severi e restrittivi, meno funzionano. A circa un mese dall’entrata in vigore della legge a New York risultavano registrate presso l’Ose solo il 2% dei 22mila alloggi ospitati dalla più famosa piattaforma di affitti brevi. Questo avviene nonostante nel caso della Grande Mela non vi sia di fatto una bassa stagione e anche l’autunno accolga sempre moltissimi turisti.
Alloggeranno tutti in albergo? Rinunceranno a visitare la città? Qualcuno sicuramente si troverà costretto a farlo, ma moltissimi semplicemente ricorreranno al mercato nero. Non è un caso che proprio nell’ultimo periodo, afferma una portavoce del Restore Homeowner Autonomy and Rights (RHOAR), siano cresciuti gli annunci di affitti brevi sui social media, come Facebook, e in piattaforme meno note in Italia come Craiglist e Houfy. Altro metodo di aggirare, se non violare, la legge è quello di affermare di vivere nell’alloggio anche se in realtà si vive altrove.
A rimetterci sono tutti, anche le finanze pubbliche
Quello che accade non può stupire, è stato ampiamente previsto. In Italia, ad esempio, Confedilizia lo ha più volte affermato davanti a ordinanze o progetti di ordinanze dei sindaci o a progetti di legge contro gli affitti brevi: non solo vi sono profili di incostituzionalità, perché si viola il libero utilizzo della proprietà privata, ma viene a mancare ogni convenienza economica.
A venire danneggiati con regolamenti come quello di New York o di Firenze, infatti, sono tutti gli attori in gioco, non solo i proprietari di casa. Lo sono i turisti, che troveranno un’offerta più limitata e prezzi maggiorati, al punto che molti di essi rinunceranno a recarsi nella città in questione, e lo è quindi tutto l’indotto collegato.
Secondo la Camera di Commercio di Firenze già prima del Covid, per esempio, il valore aggiunto creato dal turismo nell’Area Metropolitana del capoluogo toscano era di quasi 2 miliardi di euro, ma se a questo aggiungiamo le imposte si arrivava a un Pil generato di due miliardi e 357 milioni. Significa che minore offerta legale di alloggi vuol dire meno entrate per ristoranti, club, servizi di trasporto, e molto altro, ma, dato molto importante, anche meno gettito per le casse pubbliche.
Queste ultime infatti vengono colpite doppiamente, da un lato dalla mancanza di incassi delle imposte di tutto l’indotto che soffre l’assenza di una parte dei turisti e dall’altro dallo scivolamento nel nero delle attività proibite, come si vede a New York, dove non verranno incamerate le imposte sugli affitti irregolari.
In un’epoca in cui, grazie alla tecnologia, le informazioni e i contatti possono viaggiare velocissimi e la domanda e l’offerta possono essere messe in contatto istantaneamente anche a migliaia di chilometri di distanza, proibire non significa di fatto impedire, ma solo rendere più inefficiente e costoso ciò che viene proibito, a detrimento di tutti.
30.10.2023