Il canone dei contratti di locazione di natura transitoria è o libero o fissato sulla base di Accordi territoriali (ex art. 2, comma 3, L. 9.12.1998, n. 431) stipulati fra organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori. I comuni nei quali bisogna far ricorso ad un Accordo territoriale sono così individuati dall’art. 2, comma 2, del D.M. Infrastrutture-Economia 30.12.2002 (in S.O. n. 59 alla G.U. n. 85 dell’11.4.2003): “I canoni di locazione dei contratti di natura transitoria relativi ad immobili ricadenti nelle aree metropolitane di Roma, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Torino, Bari, Palermo e Catania, nei comuni con esse confinanti e negli altri comuni capoluoghi di provincia, sono definiti dalle parti all’interno dei valori minimi e massimi stabiliti per le fasce di oscillazione per le aree omogenee, come individuate dall’articolo 1”. Nell’analogo e precedente decreto (Lavori pubblici-Finanze, 5.3.1999, in G.U. n. 67 del 22.3.1999) si leggeva (art. 2, comma 2): “I canoni di locazione dei contratti di natura transitoria ricadenti nelle undici aree metropolitane (Roma, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Torino, Bari, Palermo e Catania), nei comuni con esse confinanti e nei comuni capoluogo di provincia, sono definiti dalle parti all’interno dei valori minimi e massimi stabiliti per le fasce di oscillazione per le aree omogenee, come individuate dall’articolo 1”.*
Come si vede il nuovo decreto è più corretto nell’individuazione delle aree metropolitane: nel primo decreto si scriveva “nelle undici aree metropolitane”, rinviandone l’elencazione all’interno di una parentesi, quasi che esistessero “le” aree metropolitane in numero prefissato di undici. Il D.M. 30.12.2002, invece, elenca nominativamente le aree metropolitane di proprio interesse, escludendone quindi altre eventuali. Rimangono le stesse undici, ma sono più puntualmente definite; così come, d’altronde, con maggior rispetto della lingua italiana si parla di “immobili ricadenti” in determinati comuni e non più, come nel D.M. del 1999, di “contratti… ricadenti” in individuati comuni.
Quali sono, però, i confini esatti delle aree metropolitane in questione? Il D.Lgs. 18.8.2000, n. 267 (T.U. dell’ordinamento degli enti locali), prevede (art. 22, comma 1): “Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali“. Al comma 3 si specifica: “Restano ferme le città metropolitane e le aree metropolitane definite dalle regioni a statuto speciale”. Per quanto concerne la delimitazione territoriale delle aree metropolitane, il comma 2 stabilisce che la Regione proceda “su conforme proposta degli enti locali interessati”, con possibile intervento sostitutivo del Governo. Un’apposita norma transitoria (art. 26) fa salve (comma 1) “le leggi regionali vigenti in materia di aree metropolitane”.
Vediamo, dunque, la delimitazione territoriale delle aree metropolitane indicate dal D.M. 30.12.2002. Essa non è stata effettuata per Torino, Milano, Roma, Bari e Napoli.
Per Venezia ha provveduto la L.R. Veneto 12.8.1993, n. 36, che all’art. 1 individua “gli attuali comuni di Venezia, Marcon, Mira, Spinea, Quarto d’Altino”. Il riferimento agli “attuali comuni” (ossia a quelli istituiti alla data di entrata in vigore della legge regionale de qua) dovrebbe far sì che oggi nell’area metropolitana di Venezia rientri anche il comune di Cavallino-Treporti, istituito successivamente a tale delimitazione “mediante scorporo di parte del territorio del comune di Venezia” (L.R. Veneto 29.3.1999, n. 11, art. 1, comma 1).
L’area metropolitana di Genova è stata individuata dalla specifica L.R. Liguria 22.7.1991, n. 12, che all’art. 1 elenca “Genova, Arenzano, Avegno, Bargagli, Bogliasco, Busalla, Camogli, Campo Ligure, Campomorone, Casella, Ceranesi, Cogoleto, Davagna, Isola del Cantone, Masone, Mele, Mignanego, Pieve Ligure, Recco, Ronco Scrivia, Rossiglione, Sant’Olcese, Savignone, Serra Riccò, Sori, Tiglieto, Uscio, Crocefieschi, Montoggio, Torriglia, Fascia, Fontanigorda, Gorreto, Montebruno, Propata, Rondanina, Rovegno, Valbrevenna, Vobbia, Lumarzo” (l’ultimo comune è stato inserito dall’art. 1 della L.R. Liguria 24.2.1997, n. 7).
Per quanto concerne Bologna, secondo l’art. 1, comma 2, della L.R. Emilia-Romagna 12.4.1995, n. 33, la relativa area metropolitana “è costituita dai comuni ricompresi nel territorio della provincia di Bologna”.
Nel caso di Firenze, il provvedimento adottato è una deliberazione del Consiglio regionale, n. 130 del 1°.3.2000, in B.U. della Regione Toscana n. 13 del 29.3.2000, parte seconda, che individua “l’area metropolitana fiorentina” nell’ “intero territorio delle provincie di Firenze, Prato e Pistoia”.
Tutte queste delimitazioni – Venezia, Genova, Bologna e Firenze – sono fatte salve dalla citata norma transitoria (D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 26).
Venendo alla Sicilia, Regione a statuto speciale, sono state individuate tre aree metropolitane: Palermo, Catania e Messina. Quest’ultima non è citata nel D.M. 30.12.2002 e quindi ne resta esclusa. Il decreto del presidente della Regione Siciliana 10.8.1995, “Individuazione dell’area metropolitana di Palermo”, in G.U. della Regione Siciliana 21 ottobre 1995, n. 54, così delimita (art. 2): “Altavilla Milicia, Altofonte, Bagheria, Balestrate, Belmonte Mezzagno, Bolognetta, Borgetto, Capaci, Cinisi, Carini, Casteldaccia, Ficarazzi, Giardinello, Isola delle Femmine, Misilmeri, Monreale, Montelepre, Palermo, Partinico, Santa Flavia, Termini Imerese, Terrasini, Torretta, Trabia, Trappeto, Ustica e Villabate”. Da notare che il comune di Monreale rientra solo parzialmente nell’area metropolitana di Palermo, come da planimetria allegata al decreto.
Un altro decreto del presidente della Regione Siciliana, sempre datato 10.8.1995, “Individuazione dell’area metropolitana di Catania”, anch’esso in G.U. della Regione Siciliana 21 ottobre 1995, n. 54, comprende i seguenti comuni (art. 2): Aci Bonaccorsi, Aci Castello, Aci Catena, Aci Sant’Antonio, Acireale, Belpasso, Camporotondo Etneo, Catania, Gravina di Catania, Mascalucia, Misterbianco, Motta Sant’Anastasia, Nicolosi, Paternò, Pedara, Ragalna, San Giovanni La Punta, San Gregorio di Catania, San Pietro Clarenza, Santa Maria di Licodia, Sant’Agata Li Battiati, Santa Venerina, Trecastagni, Tremestieri Etneo, Valverde, Viagrande e Zafferana Etnea.
Le previsioni regionali su queste due aree metropolitane restano ferme in virtù del citato art. 22, comma 3, del D.Lgs. n. 267 del 2000.
In tutti i comuni prima ricordati, quindi, che si estendono o a una parte della provincia interessata (Venezia, Genova, Palermo e Catania) o all’intera provincia (Bologna) o addirittura al territorio di tre province (Firenze), i canoni dei contratti transitori sono fissati all’interno degli Accordi territoriali (in assenza dell’Accordo locale provvede il D.M. Infrastrutture-Economia 10.3.2006, in G.U. 24.5.2006, n. 119). Non solo in essi, però: anche in tutti i comuni confinanti con gli stessi, la cui individuazione risulta assai più complessa e probabilmente poco chiara allo stesso legislatore, il quale non pare tener conto della difficile individuazione di confini comunali che possono riguardare pure confini marittimi (si pensi a Venezia) e confini di o con isole amministrative (territori comunali staccati dal proprio comune). Nel caso del comune di Monreale, sarebbero da individuarsi i comuni confinanti con la sola parte del territorio di competenza ricompresa nell’area metropolitana di Palermo. Infine, è da ritenersi che, laddove l’area metropolitana non risulti istituita, si debba far riferimento al solo comune maggiore (Torino, Milano, Roma, Bari e Napoli): conseguentemente, i comuni confinanti con tali cinque aree metropolitane saranno da individuarsi come i comuni confinanti col capoluogo.