Nel Paese del risparmio immobiliare si punisce il risparmio immobiliare. Potrebbe essere riassunto così il voto con il quale è stata approvata, in Commissione Finanze alla Camera, la trasformazione del catasto italiano da reddituale in patrimoniale e la conseguente predisposizione di un aumento incontrollato della tassazione sugli immobili. Un testo approvato – va segnalato – per un solo voto grazie al dietrofront di Noi con l’Italia (piccola componente del Gruppo misto della Camera), che in precedenza aveva presentato un emendamento soppressivo della norma insieme con Lega, Forza Italia, Coraggio Italia, Fratelli d’Italia e Alternativa.
L’insistenza – inusitata – del Governo sul proprio testo ha confermato, per chi di conferme avesse avuto bisogno, che l’intento della revisione del catasto è quello indicato nella relazione che accompagna il disegno di legge: predisporre, appunto, un aumento dell’imposizione immobiliare, come richiesto dalla Commissione europea. Con buona pace di chi ancora si ostina – con sprezzo del ridicolo e dell’altrui intelligenza – a propagandare la storiella della innocente “mappatura” o del semplice “aggiornamento statistico”.
Anzi, il bluff è apparso ancora più palese quando il Governo e il resto della maggioranza hanno votato anche contro l’emendamento che rappresentava un compromesso tra il testo originario e la sua soppressione. Manteneva, infatti, intatto il comma 1 dell’articolo 6, quello che prevede la “mappatura degli immobili” e l’introduzione di strumenti finalizzati a correggere il loro classamento, a individuare quelli non censiti (i cosiddetti ‘immobili fantasma’) e a regolarizzare quelli abusivi. Così rendendo evidente che più o meno mezzo Parlamento è favorevole a sistemare e correggere l’attuale catasto, mentre è contrario a trasformarlo da reddituale in patrimoniale (comma 2) e così a predisporre l’aumento delle tasse sugli immobili.
Un sincero ringraziamento va alle cinque forze politiche che si sono opposte fino all’ultimo, mantenendo gli impegni assunti e compiendo, quelle di maggioranza, anche l’atto di responsabilità di proporre una soluzione di compromesso, respinta senza spiegazioni. L’auspicio è che non mollino la presa, insistendo anche nell’aula della Camera e in Senato per la soppressione di questa norma suicida e contrastando con vigore l’ipotesi – che sarebbe inaudita – dell’imposizione del voto di fiducia su un disegno di legge delega di riforma fiscale, vale a dire su un provvedimento con il quale, secondo quanto previsto dalla Costituzione, il Governo riceve dal Parlamento l’indicazione dei principii e dei criteri direttivi da seguire per una riforma normativa, in questo caso rilevantissima come quella fiscale.
Questa vicenda, peraltro, lascia l’amaro in bocca anche per la disgustosa strumentalizzazione della guerra che hanno fatto diversi esponenti politici, anche di primo piano, e alcuni osservatori. Gente che avrebbe voluto impedire la discussione su una norma così importante con la scusa che ci si trova in un momento drammatico per il mondo. In tal modo compiendo un totale ribaltamento della realtà, essendo sconcertante – invece – che il Governo sia arrivato addirittura a minacciare la crisi in caso di mancata approvazione della revisione catastale. Il tutto, mentre la guerra impazzava, la pandemia non era ancora scomparsa, le bollette triplicavano e l’inflazione galoppava. Disgustoso, non ci sono altri termini.
La realtà è una sola. La patrimoniale sugli immobili – quella che piace alla gente che piace – pesa oggi per 22 miliardi di euro l’anno. Ma – per un voto (di un pentito…) – si è deciso che non basta, che deve aumentare ancora. Finché “i soldi degli altri”, come diceva la Thatcher, non finiranno. O finché il buon senso prevarrà, trasformando in una vittoria la sconfitta di misura.
g.s.t.
twitter@gspazianitesta
da Confedilizia notizie, marzo ’22
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