“L’aggiornamento del canone della locazione dopo la rinuncia all’opzione per la cedolare secca” è il titolo dell’articolo dell’avv. Paolo Scalettaris (Vicepresidente Confedilizia e Presidente Confedilizia Udine) pubblicato sul numero 12/2023 della rivista Immobili & proprietà (WKI), pag. 687 e segg.
Nel pezzo – dopo un breve excursus sulla disciplina della cedolare secca (regime fiscale alternativo all’Irpef per la tassazione dei canoni di locazione abitativa di immobili abitativi ex art. 3, d.lgs. n. 23/2011) – viene affrontata (e risolta positivamente) la questione se sia possibile procedere all’aggiornamento del canone di locazione dopo la rinuncia all’opzione per la cedolare secca (cd. revoca).
L’autore prima ricorda che è la norma stessa a disporre che “nel caso in cui il locatore opti per l’applicazione della cedolare secca è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell’opzione, la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’ISTAT dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell’anno precedente”, evidenziando che “viene disposta la ‘sospensione’ della facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone” e non anche l’abolizione o la rinuncia definitiva della stessa.
Il che conduce a ritenere che la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, una volta che sia cessata la sospensione, potrà essere nuovamente esercitata. E ciò in quanto quello che si sospende – e che dunque non può operare nella costanza dell’opzione per la cedolare – è la facoltà di chiedere l’aggiornamento e non l’aggiornamento in sé che, se previsto in contratto, resta sempre possibile.
Dopo aver chiarito che risulta evidente che, una volta cessata la sospensione, la facoltà di chiedere l’aggiornamento possa essere nuovamente esercitata, l’autore affronta la questione di come debba essere effettuato l’aggiornamento del canone.
Ciò che dispone la norma – viene sottolineato nell’articolo in commento – “è che la cessazione della sospensione consegua alla revoca dell’opzione” da parte del locatore. Considerato che l’opzione per tale regime “determina la ‘sospensione’ della facoltà di richiedere l’aggiornamento deve ritenersi dunque che la revoca dell’opzione determini appunto la cessazione di tale sospensione dando luogo alla reviviscenza della facoltà in parola. Ne deriva che dal momento in cui venga revocata l’opzione il locatore avrà la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone (ovviamente soltanto nel caso in cui il contratto di locazione gli attribuisca tale facoltà): tra le due cose (la revoca dell’opzione per la cedolare; la possibilità di chiedere l’aggiornamento del canone) vi sarà diretta conseguenzialità senza alcun intervallo sul piano dei tempi. Ciò è pienamente coerente con la considerazione che se l’esercizio dell’opzione dà luogo alla sospensione della facoltà, la revoca dell’opzione comporta il ripristino della possibilità di esercizio della facoltà. Fin dal momento della revoca dell’opzione dunque il locatore potrà pretendere – esercitando la relativa facoltà e formulando la relativa richiesta nei confronti del conduttore – il pagamento del canone aggiornato”.
Sul tema, evidenzia l’autore, l’unico chiarimento fornito dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 26/E del 2011 relativo alla revoca della cedolare all’inizio del secondo anno di locazione, deve ritenersi “un’ipotesi specifica e isolata”.
L’aggiornamento in questione, quindi, una volta chiarito che a decorrere dal momento della revoca dell’opzione per la cedolare il locatore può pretendere l’aggiornamento del canone, è chiaro che potrà essere preteso nella misura e secondo le modalità fissate dalla clausola del contratto di locazione.
Ed il criterio da seguirsi – conclude l’autore, secondo l’indirizzo univoco della giurisprudenza sia per le locazioni abitative sia per le locazioni non abitative – sarà quello che tiene conto della variazione assoluta degli indici Istat.
da Confedilizia notizie, gennaio ’24
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