Il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche in ambito condominiale è un tema di grande interesse. E’ il caso quindi di fare il quadro della situazione.
La materia è essenzialmente disciplinata dall’art. 2 della l. n. 13 del 9.1.’89. Tale norma – modificata dalla legge di riforma dell’istituto condominiale (l. n. 220/’12) – prevede che le innovazioni preordinate a tal fine negli edifici privati (innovazioni tra le quali può annoverarsi oltre che – per espressa disposizione di legge – la realizzazione di un servoscala, anche – per costante giurisprudenza – l’installazione di un ascensore idoneo al trasporto dei disabili: cfr., fra le altre, Cass. sent. n. 8286 del 20.4.’05) siano approvate dall’assemblea condominiale, “in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dal secondo comma dell’art. 1120 del codice civile”. Disposizione, quest’ultima, anch’essa modificata dalla legge di riforma, che tratta, fra le altre cose, proprio degli interventi “previsti per eliminare le barriere architettoniche” prevedendo, per la loro approvazione, “la maggioranza indicata dal secondo comma dell’art. 1136” cod. civ.
Il risultato di quanto precede è, allora, che, per approvare le innovazioni preordinate al superamento e all’eliminazione delle barriere architettoniche, occorre un quorum deliberativo costituito, tanto in prima quanto in seconda convocazione, dalla maggioranza degli intervenuti e da almeno la metà del valore dell’edificio (fermi restando, naturalmente, i quorum costitutivi di cui all’art. 1136, primo e terzo comma, cod. civ.).
A ciò va aggiunto – è bene ricordare – che il novellato art. 1120 cod. civ., impone all’amministratore di convocare l’assemblea entro 30 giorni dalla richiesta anche di un solo condòmino interessato agli interventi in questione. Tale richiesta deve contenere l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione di detti interventi. In mancanza, chi amministra è tenuto a invitare “senza indugio il condòmino proponente a fornire le necessarie integrazioni”.
Tornando al dettato della legge n. 13/’89, va poi evidenziato come invece nulla sia cambiato nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o “non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto”, le deliberazioni aventi ad oggetto le finalità predette. L’art. 2 citato prevede, infatti, adesso come prima della l. n. 220/’12, che gli interessati possano comunque provvedere a proprie spese, così ovviando all’inattività (o alla contrarietà) degli altri condòmini. La condizione (che vale peraltro anche qualora gli interventi da realizzare siano stati regolarmente deliberati) è che le opere di cui trattasi non rechino pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, non ne alterino il decoro architettonico, non rendano talune parti dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condòmino (cfr. Cass. sent. n. 24235 del 29.11.’16). Ciò, tenendo comunque conto del fatto che una modesta compressione del diritto che spetta a ciascun condòmino di godere delle parti comuni è – secondo la giurisprudenza – ammissibile (cfr. Trib. Milano sent. 9.9.’91) e che la legge consente comunque deroghe alle distanze legali ai fini dell’abbattimento delle barriere architettoniche (art. 3, legge n. 13/’89).
Naturalmente, ove l’opera sia stata eseguita a spese esclusivamente del condòmino o dei condòmini interessati, gli altri condòmini possono in qualunque tempo – così come previsto dall’art. 1121, terzo comma, cod. civ., espressamente richiamato dal più volte citato art. 2 – partecipare ai vantaggi dell’innovazione, contribuendo alle spese di esecuzione e di manutenzione dell’opera.
Per completezza resta solo da evidenziare che la giurisprudenza ha chiarito che la normativa di cui trattasi trova applicazione anche in favore di “soggetti ultrasessantacinquenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età” (cfr. Trib. Napoli sent. n. 2606 del 14.3.’94). E, ancora, che sono da considerarsi nulle le delibere in materia di eliminazione delle barriere architettoniche che, ancorché adottate con le prescritte maggioranze, “siano lesive dei diritti di altro condòmino sulla porzione di sua proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative” (cfr. Cass. sent. n. 6109 del 25.6.’94).
Si tratta di precisazioni che non possono dirsi superate con l’entrata in vigore della legge di riforma dell’istituto condominiale (che su questi particolari aspetti nulla ha innovato) e che quindi è bene tener presente allorché, in un condominio, si discuta di installare, ad esempio, un servoscala o un ascensore.
Estratto “TUTTOCONDOMINIO”, Confedilizia notizie, settembre ’17
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