Anche le occupazioni studentesche alla base del mancato rispetto della proprietà
Anche nel primo scorcio dell’anno scolastico 2023/2024 è andato in scena il consueto rito delle proteste studentesche, che hanno preso varie forme, dagli “scioperi” alle autogestioni, fino all’occupazione degli istituti con l’interruzione forzata delle lezioni.
Il periodo è sempre lo stesso, dall’inizio di novembre a Natale, e secondo l’osservatorio di Skuola.net nell’autunno 2023 è stato coinvolto il 14% degli studenti, sia come protagonisti attivi che come spettatori passivi. Il 6% ha assistito o ha partecipato all’occupazione del proprio istituto. Non si tratta di cifre piccole, considerando che nel nostro Paese vi sono 2 milioni e 632mila iscritti alle scuole secondarie superiori, parliamo di quasi 160mila studenti ai quali vanno aggiunti quelli che frequentano gli istituti in cui hanno avuto luogo le co-gestioni e le autogestioni, l’8%.
Non è stato un anno “caldo”, all’inizio dell’anno scolastico 2022/2023 le occupazioni avevano riguardato il 9% degli studenti e un terzo di essi è stato coinvolto in qualche forma di protesta. Nell’autunno del 2021, alla fine della didattica a distanza, il fenomeno era stato ancora più intenso: ad avere preso parte o assistito a un’occupazione era stato uno studente su dieci, circa 273mila ragazzi e ragazze.
L’illegalità normalizzata
I numeri oscillano in base alle circostanze, per esempio il varo di una riforma dell’istruzione scolastica particolarmente sgradita, ma questo rito ha sempre avuto luogo negli ultimi decenni. Ogni anno diverse centinaia di migliaia di studenti, direttamente o indirettamente (magari assistendo a quanto avviene negli istituti degli amici) sono stati abituati a pensare che interrompere illegalmente le lezioni, occupare fisicamente le aule, sia un metodo legittimo per fare sentire la propria voce.
È questo il punto fondamentale: quella che avviene ogni anno è un’educazione all’illegalità che plasma le menti dei più giovani e li porta a ritenere che alcune leggi possano essere violate impunemente, in primis quelle che riguardano la proprietà, pubblica o privata. È qui che troviamo molte delle radici delle occupazioni degli immobili che vediamo in tante città, l’esempio di Spin Time è molto eloquente in questo senso.
Questo insegnamento pratico dell’ideologia dell’illegalità è iniziato molto tempo fa, al punto che oggi l’occupazione è qualcosa che viene accettato non solo dalle autorità, ma anche dai genitori. Secondo le rilevazioni demoscopiche, solo il 35% dei padri e delle madri di coloro che vi hanno partecipato si è opposto a questa pratica, il 14% è stato indifferente, mentre la maggioranza, il 51%, l’ha appoggiata e il 16% ha addirittura aiutato il figlio nel metterla in pratica.
È la dimostrazione che questa ideologia ha ormai radici profonde, intergenerazionali, significa che coloro che occupano le proprietà altrui illegalmente si sentono forti di un sistema di (dis)valori affermato da tempo all’interno della loro bolla. Che poi paradossalmente è una bolla privilegiata: gli stessi dati di Skuola.net ci dicono che le occupazioni scolastiche hanno luogo maggiormente nelle grandi città, nei licei, che in provincia.
Il risultato delle occupazioni: la violazione dei diritti altrui
Che questi atti, quelli che avvengono nelle scuole o negli edifici pubblici e privati, non siano realmente legati al disagio economico lo sappiamo già. Sono collegati al desiderio di affermare la propria ideologia e l’esito lo conosciamo, è la violazione dei diritti altrui.
Anche qui siamo davanti a un paradosso. Gli occupanti di Spin Time o dei vicini licei romani parlano moltissimo dei loro diritti mentre violano quelli degli altri. Sono, nel caso delle occupazioni scolastiche, quello al diritto all’apprendimento, soprattutto dei tanti che secondo le rilevazioni demoscopiche all’occupazione della propria scuola non partecipano, il 42%. Si tratta di un doppio standard che poi si riprodurrà, da adulti, quando verrà impedito ai proprietari la fruizione del proprio immobile, o agli assegnatari di utilizzare la casa popolare che è stata loro data.
Il fatto è che siamo permeati da una visione della società quanto più lontana dalla cultura liberale, quella per cui la propria libertà si ferma davanti alla libertà altrui e in cui tra i diritti fondamentali, assieme a quello alla vita e alla libertà, c’è il diritto alla proprietà.
17.1.2024