Nuovo rialzo BCE dei tassi di interesse: crollano del -7,4% i mutui delle case e arriva la stangata da 325 euro per i proprietari
A fronte del settimo e ultimo rialzo di 25 punti dei tassi di interesse deciso il 4 maggio scorso da parte del Consiglio direttivo, e con effetto a partire dal 10 maggio 2023, prosegue la stretta monetaria della BCE.
Si attendono, quindi, nuove batoste sui portafogli degli italiani che hanno acquistato una casa e si trovano a pagare oggi un mutuo a tasso variabile, per molti non più sostenibile.
Ci si aspetta, dunque, un ulteriore calo delle stipule dei contratti di mutuo fondiario, così come di acquisto immobiliare, dopo quelli già registrati dall’Istat nel terzo trimestre 2022.
Si alzano i tassi di interesse, crollano i mutui per le case di un -7,4%
Gli effetti degli ultimi rialzi dei tassi di interesse di riferimento della BCE devono ancora farsi sentire. Ciononostante, è possibile prevedere la conferma del crollo delle accensioni di mutui e finanziamenti legati all’acquisto di immobili.
Secondo i dati diffusi dall’Istat relativi al terzo trimestre 2022, le convenzioni notarili per mutui, finanziamenti e altre obbligazioni con costituzione di ipoteca immobiliare sono crollati di un -7,4% su base annua e di un -5,5% rispetto al trimestre precedente. In termini assoluti sono stati in tutto 95.945.
Il calo è stato registrato in maniera omogenea da Nord a Sud dell’Italia sia su base annuale (Centro -8,7%, Nord-est -8,2%, Sud -7,4%, Nord-ovest -6,6%, Isole -4,4%, Città metropolitane -8,2% e piccoli centri -6,8%), sia congiunturale (Sud -10.0%, Isole -8,3%, Centro -6,6%, Nord-est -4,2%, Nord-ovest -3,4%).
Sul fronte delle compravendite immobiliari, il trend del terzo trimestre segue quello dei mutui. Sempre secondo l’Istat, gli acquisti di case a uso abitativo nel periodo da luglio a settembre scorsi sono diminuiti su tutta la penisola, e in particolar modo al Sud (-7,0%) e nelle Isole (-3,7%). Il calo è stato più contenuto, invece, al Centro (-2,9%), al Nord-est (-2,5%) e al Nord-ovest (-0,6%).
Lo stesso andamento si conferma anche confrontando i dati rispetto al terzo trimestre 2021, in base ai quali le sole transazioni immobiliari residenziali sono diminuite dell’1,1%.
L’unico segnale positivo fornito dall’Istituto Nazionale di Statistica è che il crollo dell’ultimo trimestre è stato compensato dalla crescita registrata nei primi sei mesi del 2022, facendo ottenere un bilancio dei primi nove mesi dell’anno con un +5,2% rispetto allo stesso periodo del 2021.
Tassi di interesse mutui a +4,12%, ennesima batosta da 325 euro al mese per chi acquista casa
Secondo i dati comunicati da Bankitalia sui tassi di interesse (comprensivi del TAEG) da corrispondere per l’acquisto di una casa, sono saliti al 4,12% a febbraio 2023, con un aumento di +0,17 punti percentuali rispetto al 3,95% del mese precedente.
In base all’ultimo “Dossier mutui e credito al consumo – L’aumento dei tassi d’interesse decisi dalla Bce e gli effetti sui prestiti alle famiglie” del 4 maggio scorso di Fabi (Federazione Autonoma Bancari Italiani), l’ennesimo rialzo del costo del denaro deciso dalla BCE comporterà “inevitabili ulteriori innalzamenti dei tassi d’interesse su tutti i tipi di finanziamento”.
Più nello specifico, in base alle simulazioni effettuate, per chi ha già un mutuo a tasso fisso acceso entro gli inizi del 2022 non cambierà nulla, mentre per chi ha un mutuo a tasso variabile la rata può subire un aumento fino al 65%. Ciò significa che chi prima pagava un canone di circa 500 euro al mese, adesso deve sborsare 825 euro: una stangata mensile da 325 euro. Con i tassi di riferimento BCE nuovamente lievitati, la batosta potrebbe anche essere maggiore.
Relativamente ai nuovi mutui, si prevede un raddoppio per le rate di quelli a tasso fisso (in cui i tassi di interesse medi sono passati dall’1,8% di fine 2021 al 5% (se non di più).
Per i mutui a tasso variabile è stato stimato un aumento del canone mensile di circa il 50-60%, dato che il tasso è lievitato dallo 0,6% di fine 2021 al 6% attuale.
Secondo Fabi, un prestito da 150 mila euro della durata di 20 anni viene rimborsato con una rata mensile di 1.090 euro, ben 325 euro in più (ovvero un +63,9%) rispetto a quella che si sarebbe calcolata un anno fa e di importo pari a 665 euro.
La corsa al rialzo dei tassi in interesse della BCE che non abbatte (abbastanza) l’inflazione
“Le prospettive di inflazione continuano a essere troppo elevate da troppo tempo” si legge nel comunicato della BCE del 4 maggio scorso. E “Alla luce delle perduranti alte pressioni inflazionistiche, il Consiglio direttivo ha deciso oggi di innalzare di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della BCE”.
Si tratta del settimo rialzo dal 21 luglio 2022 che sta mettendo in ginocchio chi già faceva fatica a sostenere le rate dei mutui a tasso variabile.
Sono stati innalzati, dunque, i tre tassi di interesse di riferimento della Banca Centrale Europea:
- sulle operazioni di rifinanziamento principali: dal 3,50% al 3,75%
- sulle operazioni di rifinanziamento marginale: dal 3,75% al 4%
- sui depositi presso la banca centrale: dal 3% al 3,25%
Ma ci si chiede se questa corsa al rialzo dei tassi di interesse serva davvero a contenere l’inflazione.
L’aumento generalizzato dei prezzi registrato dall’Eurostat a fine luglio 2022 si attestava all’8,9%, in leggero aumento rispetto al +8,6% del giugno precedente ed evidentemente più elevato se confrontato al +2,2% dello stesso mese dell’anno precedente. Questa era la situazione quando i tassi nell’area euro erano praticamente azzerati.
Oggi, con i tassi che hanno raggiunto quota 3,75%, 4% e 3,75% l’Eurostat ha stimato un incremento annuale del 7,0% ad aprile 2023, in rialzo di un +0,1% rispetto a marzo 2023, seppur in ribasso rispetto a febbraio 2023, quando l’inflazione registrata nell’area euro era di +8,5%.
Ciò vuol dire che da luglio 2022, la costante e rigida stretta monetaria europea ha ottenuto come risultato quello di far scendere l’indice europeo dei prezzi al consumo dell’1,9%.
Guardando i dati di casa nostra, l’Istat ha stimato nel mese di luglio 2022 un aumento del 7,9% su base annua dell’indice nazionale dei prezzi al consumo che, dopo il picco di ottobre e novembre con un +11,8%, è sceso fino ad arrivare ad aprile all’8,3%, sempre comunque molto lontano dal 2% imposto dall’UE.
Sono significativi questi esiti a livello europeo e nazionale? E giustificano gli effetti negativi sul mercato immobiliare?
Leggendo le parole scritte sul sito della BCE parrebbe di sì, dato che da Francoforte Christine Lagarde e la sua squadra fanno sapere che “Le decisioni future del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi di riferimento siano fissati a livelli sufficientemente restrittivi da conseguire un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine e siano mantenuti su tali livelli finché necessario”.
10.5.2023