Non è infrequente che marito e moglie siano comproprietari di un’unità immobiliare sita in un edificio condominiale. Ciò che pone il seguente interrogativo: chi, tra di essi, ha diritto di essere convocato e di partecipare all’assemblea di condominio?
La questione può essere agevolmente risolta richiamando quando detto su queste colonne in caso di immobile appartenente in proprietà indivisa a più soggetti.
Occorre allora ricordare, preliminarmente, che l’attuale formulazione dell’art. 66 disp. att. cod. civ. prevede, in particolare, che l’avviso di convocazione debba essere comunicato (almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione) “a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano”. Il che significa che detto avviso deve, ora, rivestire certamente forma scritta, con esclusione della possibilità di utilizzare altre forme di comunicazione (es.: verbale), così come invece sostenuto dalla giurisprudenza sulla base del previgente testo del predetto art. 66 (cfr. Cn mag. ’14).
Ciò posto, e considerato anche che i soggetti in parola, in quanto comproprietari, sono, ovviamente, entrambi qualificabili come condòmini, ulteriore conseguenza di quanto precede è che a ciascuno di essi dovrà essere comunicata, con le modalità di cui al precitato art. 66 – e, quindi, per iscritto – la convocazione dell’assemblea e non avrà alcun rilievo l’eventuale esistenza di circostanze presuntive (es.: coppia convivente senza contrasto interno di interessi) tali da far ritenere che un coniuge abbia informato l’altro della convocazione ricevuta.
Quanto alla partecipazione dei coniugi comproprietari alla riunione di condominio, la norma cui far riferimento per dirimere la questione è invece l’art. 67, secondo comma, disp. att. cod. civ. secondo cui, “qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto ad un solo rappresentante” in assemblea, che dovrà essere designato a norma dell’art. 1106 cod. civ. (riguardante la nomina dell’amministratore della comunione), e cioè dalla maggioranza degli stessi comproprietari calcolata secondo il valore delle loro quote (e, evidentemente, espressisi al proposito, o in riunione apposita verbalizzata o in altra forma scritta e, comunque, con documentazione idonea, che sarà da portare al presidente dell’assemblea condominiale per l’accreditamento: cfr. Cn mag. ’15). Nel caso che ci occupa, quindi, i coniugi interessati dovranno seguire senz’altro questa regola e, ove non riescano a designare un loro rappresentante comune, l’unica via sarà un ricorso urgente all’autorità giudiziaria.
Per un approfondimento della questione relativa ai rapporti interni tra comproprietari nell’ottica sempre della partecipazione all’assemblea, si rinvia a Confedilizia notizie di luglio 2015.
Estratto “TUTTOCONDOMINIO”, Confedilizia notizie, ottobre ’15
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