Su queste colonne abbiamo più volte trattato del distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento, fattispecie che – dopo le modifiche recate dalla legge di riforma del condominio (l. n. 220/’12) – è ora disciplinata dall’art. 1118 cod. civ. (“Diritti dei partecipanti sulle parti comuni”), il quale, al quarto comma, prevede, espressamente, la possibilità, da parte del singolo condomino, di rinunciare all’utilizzo di tale impianto, se dal distacco non derivino “notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condòmini” (cfr., da ultimo, Cn feb. ’16).
Proprio con riguardo ai suddetti presupposti per il distacco occorre, però, chiarire, in questa sede, un aspetto: se l’aggettivo “notevoli” si riferisca solo agli “squilibri di funzionamento” o anche agli “aggravi di spesa”.
L’interpretazione preferibile – alla luce della disgiunzione “o” in luogo della congiunzione “e” – è che l’aggettivo in questione si riferisca solo agli “squilibri di funzionamento”. Ciò, tuttavia, con la necessaria precisazione che gli “aggravi di spesa”, cui fa riferimento la norma, debbano comunque avere una certa rilevanza oggettiva. Diversamente opinando, infatti, si renderebbe difficilmente realizzabile, se non addirittura impossibile, qualunque distacco, giacché la rinuncia – specie nei sistemi di riscaldamento più datati – non porta, generalmente, ad una corrispondente diminuzione dei consumi, pari alla quota del condomino distaccatosi. E ciò non può che tradursi in un aggravio di spesa, seppure in alcuni casi minimo, a carico dei condòmini che continuino a servirsi dell’impianto comune.
Estratto “TUTTOCONDOMINIO”, Confedilizia notizie, aprile ’16
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