di Vincenzo Mele
L’Agenzia delle entrate, tramite una ricerca condotta dall’Ufficio che cura l’OMI (Osservatorio del Mercato Immobiliare) ha pubblicato una ricerca sul mercato degli affitti delle abitazioni in Italia, condotta sui contratti registrati nel 2015.
Prima di entrare nel merito dei risultati conseguiti, è necessario svolgere alcune considerazioni, in quanto in Italia il mercato delle locazioni di immobili ad uso abitativo è fortemente influenzato dalle normative vincolistiche vigenti contenute nella legge 431/98.
Una ricerca sul mercato degli affitti, infatti, può riguardare solo una piccola parte dei contratti di locazione cosiddetti a canone libero per i quali, appunto, può parlarsi di mercato.
Tutti gli altri tipi di contratti, invece, soggiacciono a canoni il cui ammontare deriva dagli Accordi territoriali e per i quali dalla ricerca di mercato non si ricaverebbe il canone medio ritraibile (essendo questo già stabilito dagli Accordi), ma si possono solo individuare quanti dei contratti esaminati abbiano canoni più elevati rispetto a quelli concordati e, cioè, che non corrispondono alle disposizioni di legge.
Pertanto, la ricerca di mercato sui canoni di locazione dovrebbe essere circoscritta solo a quelle fattispecie per le quali il canone è libero, dividendosi il mondo dei contratti di locazione per uso abitativo in soli due gruppi:
- contratti a canone libero: il canone medio deriva dalle ricerche di mercato rispondendo all’equilibrio tra domanda e offerta in quanto determinato autonomamente dalle parti;
- contratti a canone concordato (contratti agevolati, secondo la terminologia di legge): derivante dagli Accordi territoriali, ai quali occorre fare univoco riferimento e non autonomamente determinabili.
Pertanto, la ricerca di mercato per l’individuazione del canone medio praticato ha ragion d’essere solo per i contratti a canone libero.
Fermo quanto detto, si osserva che lo studio dell’Agenzia crea ulteriore confusione laddove non distingue le locazioni per esigenze transitorie (anch’esse soggette al canone concordato in quasi tutta Italia) da quelle per utilizzo voluttuario (ossia quelle ad uso turistico) e, tra queste, quelle gestite occasionalmente dalle altre utilizzate a tale scopo con attività professionale.
In ogni caso, solo per la seconda tipologia può parlarsi di canone libero e pertanto solo per esse una ricerca di mercato può avere dignità statistica.
Con ancor minore rigore, inoltre, l’Agenzia non distingue tra appartamenti ammobiliati e non.
Infatti, la totalità dei contratti di locazione non distingue la parte del canone corrisposto per l’immobile (da cui discende la redditività cercata) da quella dovuta alla dotazione di mobili e arredi, che nulla hanno a che vedere con l’Osservatorio del Mercato Immobiliare.
Ne consegue che la ricerca di mercato per la definizione del canone medio praticato deve escludere la remunerazione dovuta per mobili e arredi.
Le criticità delle scelte metodologiche adottate influiscono sui dati forniti, che non appaiono aggregati in maniera lineare e pertanto non possono avere coerenza statistica, nonostante lo sforzo compiuto di attribuzione di rigore scientifico, sebbene (pag. 68) gli stessi ricercatori avvertano, testualmente: «Si è pertanto operata una scelta, ovviamente opinabile, di individuare i “segmenti di mercato” in ragione delle tipologie e della durata dei contratti, come codificati nel modello di registrazione RLI».
Si osserva, in proposito, che il modello RLI risponde all’esigenza di individuare l’imposta cui sottoporre il contratto e non la tipologia da attribuire ad esso per i fini che lo studio sulle locazioni abitative dovrebbe proporre.
Nel merito dei dati forniti, poi, si segnala come siano stati evidenziati i canoni delle maggiori città italiane per le seguenti tipologie (pag. 56):
- Ordinario transitorio denominato ORD_T;
- Ordinario lungo periodo denominato ORD_L;
- Agevolato studenti denominato AGE_S;
- Agevolato concordato denominato AGE_C.
Per quanto detto in precedenza, i dati relativi alla tipologia 1) non tengono conto della differenza tra canone concordato o altro.
Analogamente i dati relativi alla tipologia 2), in quanto prendono in esame i contratti agevolati, ma includono anche quelli “con durata a partire da tre anni”, includendo così anche i 3+2 che non sono contratti a canone libero.
Le tipologie 3) e 4), infine, non possono essere oggetto di una ricerca di mercato sui valori locativi applicati, in quanto i canoni non sono oggetto di valutazione autonoma dei contraenti.
Le città evidenziate sono comunque quelle di maggiore dimensione (Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna e Firenze), che per caratteristiche di mercato, attrazione turistica e tensione abitativa hanno sensibili differenze tra loro.
Si osserva ancora che l’indice IML (che rappresenta il “rapporto tra il numero di abitazioni locate (nuovi contratti) e il numero di abitazioni potenzialmente locabili”, ossia la percentuale delle abitazioni locate rispetto a quelle disponibili per la locazione) è riferito ad uno stock che rappresenta una segmentazione come detto confusa.
Così, ad esempio, i dati indicati nelle tabelle, relativamente alla segmentazione proposta, conducono a stabilire che, ad esempio per la città di Roma, lo stock complessivo delle unità affittate nel 2015 è pari a 55.702 unità e di queste:
Tipologia | abitazioni locate
2015 |
IML
2015 |
Stock totale desunto
|
ORD_T | 9.737 | 1,8% | 540.944 |
ORD_L | 25.336 | 4,7% | 539.063 |
AGE_S | 2.104 | 0,4% | 526.000 |
AGE_C | 18.525 | 3,4% | 544.852 |
55.702 |
Con gli arrotondamenti del caso, se ne ricava che le abitazioni nella città di Roma non destinate ad abitazione principale sono complessivamente circa 540.000, di cui circa il 10% (55.702) locate nel 2015.
Con lo stesso ragionamento, otteniamo per le altre città esposte:
tipologia | Roma | Milano | Napoli | Torino | Palermo | Genova | Bologna | Firenze |
ORD_T | 1,8% | 1,9% | 0,7% | 1,5% | 1,3% | 1,5% | 0,9% | 2,6% |
ORD_L | 4,7% | 8,5% | 5,3% | 4,4% | 4,9% | 2,3% | 5,8% | 4,9% |
AGE_S | 0,4% | 0,1% | 0,04% | 0,5% | 0,2% | 0,3% | 0,6% | 1,0% |
AGE_C | 3,4% | 0,2% | 0,7% | 3,2% | 2,6% | 5,0% | 5,6% | 3,6% |
10% | 11% | 7% | 2% | 9% | 9% | 13% | 7% | |
Nell’ultima riga sono riportate le percentuali di immobili locati nel 2015 rispetto al presunto stock di immobili disponibili per la locazione, con una prima osservazione relativa alle variegate percentuali di immobili locati nell’anno sia in termini di tipologia di contratto, sia in termini di contratti conclusi.
Rimangono così escluse dall’analisi tutte le unità che (secondo lo studio, non destinate alla prima casa, ma alla locazione) sono di fatto affittate con contratto già stipulato in passato e che a livello statistico sono la massima parte, e cioè:
tipologia | Roma | Milano | Napoli | Torino | Palermo | Genova | Bologna | Firenze |
Già affittate | 90% | 89% | 93% | 98% | 91% | 91% | 87% | 93% |
Pur considerando che una parte di esse non sia posta a reddito (ossia siano utilizzate come abitazioni a disposizione), risulta evidente la sproporzione tra la numerosità dei contratti stipulati nel 2015 e quella relativa ai contratti in essere.
Ad esempio, a Roma risulterebbe che il 90% delle abitazioni, pure destinate all’affitto, non sia stato considerato nello studio dell’Agenzia, che ha esaminato solo i contratti stipulati nel 2015, ossia 55.000 unità sulle 540.000 destinate all’affitto.
Ove si voglia desumere dai soli contratti registrati nel 2015 l’entità degli affitti da estendere alla generalità delle abitazioni, occorre richiamare le stringenti normative sulle locazioni abitative.
Infatti, i contratti i cui canoni si confrontano con il libero mercato, sono solo quelli di carattere turistico o quelli stipulati ai sensi dell’art. 2 comma 1, della L. 431/98.
I primi, seppur numerosi nelle città d’arte o turistiche (non si pensi solo a Roma o Firenze), hanno carattere occasionale (per unità non destinate a casa vacanze) con numerosi periodi di sfitto.
Le abitazioni regolarmente destinate alla dimora di lungo periodo soggiacciono invece al vincolo almeno di 4+4 anni di un canone aggiornabile solo in relazione al costo della vita, producendo nel tempo una divaricazione tra il fitto ritratto e quello del mercato.
Una ricerca di mercato sugli affitti, anziché prendere in esame solo i contratti di nuova stipula, dovrebbe considerare anche gli affitti effettivamente ritratti, pertanto correnti, dalla quasi totalità delle unità già locate a libero mercato (per quelle contrattualizzate secondo canoni concordati, come già detto, non è idoneo parlare di ricerca di mercato in quanto il corrispettivo è definito dagli Accordi).
In ogni caso, poi, è necessario svincolare la remunerazione della parte immobiliare da quella mobiliare, ovvero, ove non sia possibile, escludere dall’analisi le unità ammobiliate.
Dalle precedenti considerazioni, emerge che lo studio condotto dall’Agenzia, pur ricavato da analisi statistiche, non approfondisce i termini del reale mercato delle locazioni ed i vincoli imposti dalla legge sull’aggiornamento dei canoni e sulle tipologie contrattuali ammissibili, così come non distingue l’eventuale condizione di abitazione ammobiliata.
Infine, si osserva che quanto in esame manca dell’elemento essenziale per qualsivoglia studio, ossia dell’indicazione dello scopo della ricerca, non potendo essere sufficiente quanto indicato a pag. 56, ove si definisce tale studio come “un’analisi del mercato degli affitti delle abitazioni in Italia, eseguita sulla base dei nuovi contratti di locazione degli immobili ad uso residenziale registrati nel 2015 presso l’Agenzia delle Entrate”.
E’ infatti ancora vivo il vuoto per il rinvio della operazioni della riforma del catasto, in cui è pure prevista la determinazione delle rendite catastali, ovviamente derivate dalle indagini di mercato sugli affitti.
Per i motivi esposti, è indubbio che l’autorevolezza dell’istituto OMI, posto a disposizione della riforma, non può limitarsi allo studio delle locazioni così come oggi presentato.
Da ultimo, si fa notare come sia improponibile l’individuazione di un canone annuo medio ricavato da quello delle città indicate (Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze) per ogni tipologia, risultando che, ad esempio, il canone annuo medio di Roma per la tipologia ORD_L di 118,1 €/mq. mediato con quello di Palermo di 53,2 €/mq. giunge alla media delle città esaminate a 104 €/mq. ossia a un dato medio insignificante come quello del “pollo”.