La manovra finanziaria per il 2020 era iniziata bene, per due aspetti sui quali è stata decisiva Confedilizia. Dapprima abbiamo ottenuto l’eliminazione della riforma del catasto dai disegni di legge programmati nella nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (la cosiddetta Nadef): in ventiquattr’ore, grazie alla nostra attività di pressione, il progetto previsto dalla bozza del documento è stato espunto dalla sua versione definitiva. E si tratta di una buona notizia – giova sempre spiegarlo – perché il fine dichiarato di quella riforma del catasto era adeguarsi alle raccomandazioni della commissione europea, che nei suoi documenti attribuisce esplicitamente a tale intervento il fine dell’aumento della tassazione sugli immobili.
Successivamente abbiamo raggiunto l’obbiettivo della messa a regime della cedolare secca del 10% per i contratti di locazione “a canone concordato”. Come noto, infatti, il Governo aveva deciso di accompagnare la stabilizzazione della speciale aliquota con un suo aumento al 12,5%, ma dopo una settimana di azione ininterrotta su tutti i fronti, l’Esecutivo ha fatto marcia indietro, inserendo nel disegno di legge di bilancio – poi non modificato in parlamento sul punto – la fissazione in via definitiva della misura del 10%. Un risultato di estrema importanza, sul quale resta da definire la questione dell’applicazione nei Comuni “calamitati”.
Le buone notizie, però, finiscono qui, ferma restando l’utilità del rinnovo – pur limitato a un solo anno – delle detrazioni per interventi di ristrutturazione edilizia e di risparmio energetico nonché dell’introduzione del nuovo “bonus facciate”, pur compresso in sede di esame parlamentare.
I fronti negativi sono due, quello dell’unificazione Imu-Tasi e quello del mancato rinnovo della cedolare secca sugli affitti dei negozi.
Sul primo punto, il Parlamento (il Senato, per meglio dire, visto che alla Camera è stato inopinatamente negato il diritto di esaminare il disegno di legge di bilancio) non ha migliorato il testo proposto dal Governo. Restano ferme, dunque, tutte le obiezioni illustrate nell’editoriale pubblicato su Confedilizia notizie di dicembre. La patrimoniale sugli immobili da 22 miliardi l’anno resterà e la responsabilità – oltre che di chi l’ha introdotta (il senatore a vita Monti) – pesa sulle spalle di questo Governo come di tutti quelli che lo hanno preceduto, che ne hanno lasciata inalterata l’impostazione (salvo l’eliminazione, con eccezioni, della tassazione sull’abitazione principale, e la riduzione del 25% dell’imposta dovuta per gli immobili locati “a canone concordato”, entrambe operate durante l’Esecutivo Renzi).
Quanto alla cedolare negozi, davvero non ci sono parole per commentare. Si tratta di una scelta talmente priva di senso che nessun esponente del Governo ha trovato il coraggio per abbozzare una qualche spiegazione. Certo, la scelta del precedente Esecutivo di limitarla ai soli contratti stipulati nel 2019, oltre ad essere criticabile nel merito, ha avuto anche l’effetto di facilitare il compito della nuova maggioranza (nella parte Cinque Stelle, peraltro, rimasta immutata). Ma la responsabilità che si è assunto chi ha negato la prosecuzione di una misura nata per arginare la strage di locali commerciali, è gravissima. Salvo sorprese in sede di esame parlamentare del cosiddetto decreto Milleproroghe (Confedilizia, comunque, non lascerà nulla di intentato), l’impressione è che per il ripristino – e, sperabilmente, l’estensione – della nuova cedolare occorrerà attendere una nuova maggioranza e un nuovo Governo. Fino ad allora, resterà attuale l’hashtag creato da Confedilizia a commento della scelta operata (e che campeggia sulla copertina di questo notiziario): #aqualcunopiacesfitto.
g.s.t.
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da Confedilizia notizie, gennaio ’20
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